Lo strano caso di Max e Benjamin

Andrew Sean Greer, Le confessioni di Max Tivoli, Adelphi Ebook, prima edizione digitale 2014Racconti dell'età del jazz

Francis Scott Fitzgerald, Il caso singolare di Benjamin Button. In: Racconti dell’età del jazz, Mondadori 2014

 

Segue a: “Una coppia nell’America del 1953

Breve premessa: ho iniziato la lettura di “Le confessioni di Max Tivoli”, dopo aver recensito “La storia di un matrimonio”, di Andrew Sean Greer, desiderando conoscere meglio questo autore, sul cui precedente romanzo avevo espresso riserve. E mi sono imbattuta nello ‘strano caso’, che è forse deducibile già dal titolo di questo post, e anche noto. Non lo era per me, e dunque mi scuso se parlo di qualcosa di altamente risaputo tra alcuni lettori. Ecco di cosa si tratta:

Francis Scott Fitzgerald, nei suoi Racconti del jazz, ha inserito il racconto “Il caso singolare di Benjamin Button”, scritto nel 1922. Da questo racconto è stato anche tratto un film, uscito nel 2008 con lo stesso titolo, per la regia di David Fincher, con Brad Pitt e Cate Blanchett.

Ora, il racconto di Fitzgerald narra la storia di un bambino nato ottantenne, che vive a ritroso la propria vita, ringiovanendo, e via via riuscendo ad adattare a sé ogni nuova età. Fino a…

E’ un racconto caratterizzato dalla leggerezza, da un sottile humour, in cui l’autore riesce a dare una vita e anche una buona fine al suo personaggio. In questo racconto l’autore gioca, per così dire, senza parere, con il senso della vita. E’ un gran bel racconto. Si può sorridere, ma certo si pensa.

Passiamo ora a “Le confessioni di Max Tivoli”, considerato il romanzo d’esordio di Greer. Quest’opera ha avuto l’avallo entusiasta di Updike che, peraltro, ne ha immediatamente correlato la trama al racconto di Fitzgerald, affermando che il libro “rientra in una lunga serie di esperimenti su questo tema, dai miti greci a Fitzgerald.”

“Ma io non ne sapevo niente. Se avessi letto prima il racconto di Fitzgerald “Il caso singolare di Benjamin Button” non avrei mai scritto il mio libro” dirà Greer, commentando le parole di Updike, in un’intervista (riportata nella recensione di Livia Manera per il Corriere della Sera  – 6 nov. 2004).

Se il film è la dichiarata trasposizione cinematografica del racconto di Fitzgerald, con le modifiche che ogni trasposizione comporta e consente, non solo l’idea (nascere vecchi e vivere la vita all’incontrario) ma anche le trame, del racconto e del romanzo, hanno molto in comune.

Il personaggio di Fitzgerald vivrà tutta la serie di vicende che, più o meno, incontrerà anche il protagonista del romanzo di Andrew Sean Greer.

Anche l’epoca in cui le due storie sono collocate è la stessa: Il personaggio Max Tivoli nasce nel 1871; il suo predecessore Benjamin Button era nato nel 1860.

Vi sarà un momento della vita dei protagonisti in cui età anagrafica e età apparente coincideranno: vi sarà per ambedue un matrimonio, un divorzio, un figlio.

Poi, certo, le storie cambieranno, la chiusura del racconto e quella del romanzo divergono, e non può essere che così, date le diverse personalità dei due scrittori, date le diverse epoche in cui le due opere sono state scritte. Sono non commensurabili la leggerezza del drammatico Fitzgerald, la sua necessità di eleganza, di misura, che amplifica il dramma, e che in questa storia introduce un leggero umorismo e anche molto di più e di altro, e la romanticheria (non vorrei eccedere dicendo sdolcinatezza) che caratterizza Greer.

Difficile, dunque, la giustificazione di Greer, ma tant’è. In ogni caso, le due opere sono, al di là della trama, quanto di più diverso si possa avere. E dunque, vogliamo dire tutto bene?

Nel romanzo di Greer, verso la fine, trova spazio il tema dell’omosessualità, ancora una volta attraverso un (piccolo) colpo di scena che tuttavia stava già, se lo si voleva vedere, nella storia della relazione tra due amici, il protagonista Max e l’amico e confidente di una vita Hughie: è l’elemento autobiografico che l’autore sceglie di inserire nelle proprie storie, in coerenza e a testimonianza di una scelta di vita.

Che dire. Sicuramente il consiglio di leggere o rileggere Fitzgerald e in particolare “I racconti dell’età del jazz”.

Di Andrew Sean Greer non credo che leggerò qualcos’altro, nei suoi confronti temo di aver maturato quello che io chiamo un ‘post-giudizio’, la cui caratteristica di definitività, io per prima, giudico tuttavia prematura.

E’ più che possibile che da questo autore venga un grande romanzo (o magari sia già venuto, con la sua ultima opera tradotta, Le vite impossibili di Greta Wells, edito da Bompiani, che sta avendo ottime recensioni). Va inoltre detto che trovo corretto relativizzare la mia valutazione trattandosi di un genere narrativo che non è nelle mie corde: il libro, prescindendo da tutto, si fa leggere, la scrittura è buona, la gestione della trama è eccellente.

Ma, al di là dello ‘strano caso’, la lettura dei questo secondo libro mi conferma quanto detto per “La storia di un matrimonio”: chiunque sia il personaggio, la voce che lo rappresenta è sempre uguale; la rappresentazione del femminile è stereotipata. Per la verità, non riesco a trovare individualità neppure nei personaggi maschili. Mi è difficile distinguere la voce di Pearl (La storia di un matrimonio) dalla voce di Max (Le confessioni di Max Tivoli). E’ sempre in primo piano la voce dell’autore.