Libri in disordine, desiderio di incontrare vecchi amici

bibliotoca casaFine e inizio anno con molte letture, soprattutto con belle riletture. Inizio anno anche, come accade sempre, con la voglia, il bisogno, un po’ confuso, di cambiare qualcosa, di rinnovare qualcosa.

Per me, in questo momento, bisogno totalmente ingiustificato, poiché sono reduce da alcuni mesi travolti da una ristrutturazione di casa, vecchie tubature e affini, il che giustifica, dovrebbe giustificare, il desiderio di dire adesso basta cambiamenti, voglio star tranquilla.

Non so se è chiara l’implicazione di questa cosa, e come a suo modo abbia a che fare con queste pagine e queste chiacchierate: per un periodo di oltre tre mesi, tutti i miei libri, salvo un consistente mucchietto messo in salvo per rimanere a mia disposizione, sono finiti in un triste e oscuro deposito, con mobili, guardaroba, suppellettili, cianfrusaglie e tutto ciò che riempie una casa.

Nel frattempo la nostra casa, mia e di mio marito, veniva devastata e, a seguito, risistemata (sento ancora una grande riconoscenza per chi ha fatto, bene, tutti i lavori).

Mi accorgo ora che, se non lo racconto, pur non essendo questo, per sua natura, il contenitore adatto, mi inceppo. E dopotutto, ha a che fare, eccome se lo ha, con i libri: in questo tempo ho benedetto il Kindle, che mi ha permesso di procurarmi un doppio di quei libri che, risultando totalmente altri da quelli che avevo portato con me, sono risultati “indispensabili”. In proposito ci sta pure un aneddoto, che posso raccontare (diciamo che mi autorizzo).

Nel corso di una visita nella mia residenza temporanea, una mia deliziosa amica ha guardato lo scaffale dei libri che avevo portato con me, e mi ha chiesto quali criteri avessi seguito nello sceglierli. Ho dovuto confessare: nessuno! Mentre un gentile signore dell’impresa di traslochi impacchettava con rapida cura tutti i miei libri, io ne arraffavo uno qua uno là come una madre che cerca di salvare i figli da un incendio. Avrei scoperto solo in seguito chi si era salvato.

Ah, capisco”, dice la mia deliziosa amica, “mi stavo infatti chiedendo… pensavo, certo, impossibile stare tre mesi senza le Vite Parallele di Plutarco! Non se ne può proprio fare a meno!”

Ora ne rido, ma resta un’esperienza di cui porto ancora i segni, pure se tutti i miei libri (tutti? io guardo con ingiustificato sospetto le scaffalature!) sono tornati da me, a casa loro. Ora, il problema di riordinare il tutto non dico che può attendere ma sarà comunque questione di lungo corso. In aggiunta, possiedo anche una parte di scaffalature nuove! Che richiedono una nuova organizzazione. E questo mi rallegra, molto.

Pure, il bisogno rituale di cambiamento si presenta, puntuale, e investe le mie letture; la sua forma sembra essere un desiderio di riletture: ci sono intere aree trascurate da tempo, si tratta di vedere a quali rivolgermi, mentre cerco di orizzontarmi sui miei desideri, sui bisogni del momento.

C’è un certa congruità nel tutto: la voglia di cambiamento che si combina con la sicurezza di letture note, con una forma di stabilità, di rassicurazione (la mia casa, i miei libri, la mia testa: tutto qui, tutto sotto controllo) che consente anche la sorpresa: il noto di oggi, come il chi sono io oggi, non è la cosa conosciuta di ieri, così come non lo sono io. Si cambia, e poiché siamo noi a dare significato alle cose, esse cambiano con noi.

Alba de Cespedes
Alba De Cespedes

Così, tra le possibili riletture, c’è Alba de Cèspedes, cui avevo già accennato (qui), per aver ritrovato un vecchio malconcio volume di suoi racconti, “Fuga”, che attende il rilegatore. È il momento giusto per rileggere “Nessuno torna indietro”: nel mio ricordo, e nel giudizio della critica, un bel romanzo. Il cui titolo, che rispecchia la storia, ci sta.

E ancora, risistemando nei loro scaffali gli Adelphi, il desiderio è andato su Ingeborg Bachmann, un’autrice, una poetessa, che ho molto amato, che ora forse è un po’ dimenticata. Mi sono ritrovata tra le mani “Malina” e i racconti del volume “Il trentesimo anno”.

Due donne, due storie di vita. Di che farci un pensiero, l’opportunità di condividerle.

Ingeborg Bachmann
Ingeborg Bachmann

Nota a parte: Sempre dal giornalaio che vende libri usati (e vecchi fumetti, e supereroi anni ’80 o giù di lì, cose così) ho poi trovato un altro libro inaspettato: Adolf Hitler, “La mia battaglia”, Bompiani 1941 – XIX[i], XIV edizione, con “Prefazione inedita dell’autore per l’Edizione italiana”.

Si tratta del secondo dei due volumi che compongono il “Mein Kampf”. Il primo, edito da Bompiani in questa stessa Collana, (“Libri scelti”, Panorama del nostro tempo) è “La mia vita” (Titolo italiano).

È di questi giorni la notizia che, scaduti i diritti d’autore (interessante, per la verità, ipotizzare chi mai li avrebbe rivendicati), l’Istituto di Storia di Monaco di Baviera ha deciso la pubblicazione, commentata, con note critiche, del “Mein Kampf”, da settant’anni, in precedenza, proibita.

Ammetto che, avendolo – ovviamente, e per pochi euro – acquistato, difficilmente lo leggerò: nel caso, va bene così. Una qualche scorsa, tuttavia, l’ho data, e un po’ continuo a sbirciare qua e là. E mi prendo la responsabilità, per quello che vale, di confermare la nota stroncatura della prosa del nostro (dal punto di vista letterario, naturalmente; dal punto di vita del contenuto, non c’è gioco).

Mein KampfÈ tuttavia interessante la decisione della ripubblicazione, in Germania, di questo testo. Credo sia una buona decisione. La censura non paga mai, e rischia di far assumere significato a un libro che non lo merita, privandoci nel contempo di un documento storico che, invece, può essere utile per una presa di coscienza sul periodo nazifascista. Dopodiché, potrà morire di morte naturale, come accade, è accaduto, a tanti libri migliori.

Tornando a parlare di libri, e di riletture, ho appena riletto “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”, di Roy Lewis, Adelphi 1992, brevemente prefato da Terry Pratchett (Incipit della Prefazione: Il libro che avete tra le mani è il più divertente degli ultimi cinquecentomila anni”). Un libro che è stato un cult, che infatti si trova ancora,  che è più di un libro (solo) divertente.

Incuriosisce il fatto che l’autore, colui che ha saputo scrivere questo libro (nel 1960), non abbia di fatto prodotto altro, non dico allo stesso livello, ma almeno di buon livello. Ha scritto, dopo un silenzio di trent’anni, altri due romanzi. Ne ho letto uno, al tempo, “La vera storia dell’ultimo re socialista”, edito sempre da Adelphi. La delusione è stata enorme. Tuttavia: capita, e niente toglie alla sua prima, e di fatto unica, opera.

Un rilettura piacevole è stata, inoltre, “Chi ha ucciso Sarah?”, di Andrej Longo, altro libro Adelphi, genere giallo. Un autore interessante e un bel libro, da recuperare, in presenza, mi pare, di un lungo silenzio di questo autore, di cui, dopo un decennio di attività intensa, non conosco pubblicazioni negli ultimi quindici anni.

Poi: non tutto è rilettura. Tra le letture dell’ultimo periodo ci sta ”La comparsa”, di Abraham B. Yehoshua, Einaudi 2014. Non so se mi è piaciuto. Una bellissima scrittura. Intrigante.

E ci sta, come programmato, “Coraline”, di Neil Gaiman. Bello. Ne racconterò, penso.

Probabilmente, tra questi libri ci sarà la prossima recensione; e magari più di una. C’è molto da condividere.

[i] Per chi è troppo giovane e magari non lo sa: significa “Anno XIX Era Fascista”, perché il matto nostro aveva fatto ricominciare la storia da sé e dalla propria ‘epopea’. Gli italiani, gente pratica nonostante tutto, mettevano ambedue le date, tanto per non scontentare nessuno.