Luther Blissett: Qualcosa sull’autore senza nome – Wu Ming

luther-blissett-immagine“Tra le figure dell’affresco, io rimango nello sfondo”
(Luther Blissett, Q, Einaudi 1999)

Se l’autore è “nessuno”: “Che fare?”, dove gli echi del titolo possono essere evocativi, ognuno scelga come vuole.

Si parte da un nome: Luther Blissett: ignorando il calciatore, deludente cannoniere del Milan dei tempi andati, resta un nome, a rappresentare un collettivo di cui ci si può, oggi, legittimamente chiedere: c’è veramente stato?

La risposta è: certo, sì. Lo documenta, non fosse altro, un libro quale “Q”. Lo documentano una serie di “azioni” che, al tempo – tra il 1994 e il 1999 – hanno portato alla ribalta della cronaca un nome, e nulla più, quale autore di burle molto particolari, potremmo chiamarle “azioni politiche”, a carattere di beffe feroci, aventi quale obiettivo il sistema dei media. Peraltro, andate perfettamente a segno. Un percorso che, oggi, nella realtà dei social, e dei mutamenti che questi hanno portato nella relazione delle persone con la stampa quotidiana e periodica, assume un nuovo interesse; apre altre domande. Per chi non ricordi documentarsi è facile.

Luther Blissett è stato (dovremmo dire <è>? in assenza di identità, la sua morte, anzi, il suo “celebrato” suicidio, potrebbe benissimo venir revocato) un <condividuo> (il neologismo appartiene a LB) composto da artisti, performer, con tutto ciò che, più o meno arbitrariamente, può essere assegnato quale connotazione di questi termini. È stato ubiquo. La sua firma si ritrovava in performance diversissime, diversamente localizzate, dalla burla ferocissima a danno del sistema massmediatico alla produzione di fanzine, e di eventi culturali.

Un esempio: la Direzione di Museo aperto, qui, un luogo di conservazione e creatività molto particolare, avviato a partire dalla “Festa dello sgombero”, avvenuta il 5 marzo del 1999 nel Comune di Roccalbegna, località Triana, podere Le Chiuse, dove un artista, maestro tessitore, Luciano Ghersi, lavorava e da dove si è dovuto allontanare per suoi motivi; la festa è stata l’avvio dell’esperienza del Museo Aperto. Confesso, mi piacerebbe far una piccola gita in loco. Ci sarà ancora?

luther-blissett-museo-aperto

Museo aperto funziona come un rifugio di montagna:
è completamente affidato alla cultura degli ospiti.
LA CHIAVE E’ AL SOLITO POSTO

 Aggiornamento del 20. 07. 2000

Rubata la chiave di accesso a Museo Aperto!
La scomparsa della famosa chiave è il primo furto d’arte al Museo?
O è invece la rimozione dell’ultimo filtro di accesso al Museo?
Ora infatti non c’è più bisogno di chiavi di accesso:
la porta è sempre aperta

 

Il 7 marzo 2000 Repubblica titola “Il suicidio di Luther Blissett”. (qui)

LUTHER Blissett è morto. Viva Luther Blissett. Il babau dell’informazione, il Grande Beffatore, lo spacciatore di notizie false per eccellenza, si è suicidato alle prime luci del Duemila: per usare le sue parole, ha scelto l’onorevolissima via del seppuku, il suicidio rituale dei samurai, e si è tirato fuori (…)”

Nasce Wu Ming, termine che, in lingua mandarina, significa “senza nome”.

Roberto Bui (Wu Ming 1), Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2), Luca Di Meo (Wu Ming 3), Federico Guglielmi (Wu Ming 4), Riccardo Pedrini (Wu Ming 5); uscita dal gruppo di Wu Ming 3, cui farà seguito il suo rientro nel gruppo; uscita di Wu Ming 5. Si dice.

Più utile far riferimento alla denominazione collettiva Wu Ming, tralasciando le identità individuali note. Ad esempio, a proposito di “Q”, autore Luther Blissett, Wu Ming afferma che “la giusta attribuzione di Q [deve andare] all’intero universo comunicazionale definito dall’uso del nome multiplo.”

Wu Ming è una nuova avventura, pure se possiede (alcuni) nomi e cognomi. È un’avventura che si declina, all’interno della Wu Ming Foundation, in una rete di collettivi che sviluppano collaborazioni e progetti: in un Blog, “Giap” (qui), nella produzione di testi, narrazioni, romanzi collettivi e, importante, in una operazione tesa a revisionare il concetto e le prassi d’uso del copyright.

I libri a firma Wu Ming si trovano, infatti, sia editati, e di conseguenza presenti sul mercato, in libreria, sia in rete, scaricabili gratuitamente. Le edizioni, cartacee e non, riportano la scritta:

 «Si consente la riproduzione parziale o totale dell’opera e la sua diffusione per via telematica, purché non a scopi commerciali e a condizione che questa dicitura sia riprodotta.»

La pubblicazione utilizza infatti la formula del “copyleft”, che comporta lalibertà di utilizzare, copiare, modificare e distribuire un prodotto dell’ingegno, a condizione che ne venga garantita la gratuità.”

Una strana filosofia, si direbbe; pure, è palese che funziona. I libri di Wu Ming vengono pubblicati, le ristampe seguono alle ristampe, e tutto pare funzionare bene.

La spiegazione. Eccola: dalla voce di Wu Ming.

Dall’inserto “Booklet” della rivista “Il Mucchio Selvaggio”, n. 526, dal 25 al 31 marzo 2003:

Il copyleft spiegato ai bambini
Per sgombrare il campo da alcuni equivoci

di Wu Ming 1

(…)“Copyleft” (denso gioco di parole intraducibile in italiano) è una filosofia che si traduce in diversi tipi di licenze commerciali, la prima delle quali è stata la GPL [GNU Public License] del software libero, nata per tutelare quest’ultimo e impedire che qualcuno (Microsoft, per fare un nome a caso) si impadronisse, privatizzandoli, dei risultati del lavoro di libere comunità di utenti (per chi non lo sapesse, il software libero è a “codice-sorgente aperto”, il che lo rende potenzialmente controllabile, modificabile e migliorabile dall’utente, da solo o in collaborazione con altri).

Se il software libero fosse rimasto semplicemente di dominio pubblico, prima o poi i rapaci dell’industria ci avrebbero messo sopra le grinfie. La soluzione fu rivoltare il copyright come un calzino, per trasformarlo da ostacolo alla libera riproduzione a suprema garanzia di quest’ultima. In parole povere: io metto il copyright, quindi sono proprietario di quest’opera, dunque approfitto di questo potere per dire che con quest’opera potete farci quello che volete, potete copiarla, diffonderla, modificarla, però non potete impedire a qualcun altro di farlo, cioè non potete appropriarvene e fermarne la circolazione, non potete metterci un copyright a vostra volta, perché ce n’è già uno, appartiene a me, e io vi rompo il culo.

In concreto: un comune cittadino, se non ha i soldi per comprare un libro di Wu Ming o non vuole comprarlo a scatola chiusa, può tranquillamente fotocopiarlo o passarlo in uno scanner con software OCR, o – soluzione molto più comoda – scaricarlo gratis dal nostro sito http://www.wumingfoundation.com. Questa riproduzione non è a fini di lucro, e noi la autorizziamo. Se invece un editore estero vuole farlo tradurre e metterlo in commercio nel suo paese, o se un produttore cinematografico vuole farci il soggetto di un film, in quel caso l’utilizzo è a fini di lucro, quindi questi signori devono pagare (perché è giusto che ci “lucriamo” anche noialtri, che il libro l’abbiamo scritto).

Tornando alla domanda iniziale: ma noi non ci perdiamo dei soldi?

La risposta è un secco no. Sempre più esperienze editoriali dimostrano che la logica “copia piratata = copia non venduta” di logico non ha proprio niente. Altrimenti non si capirebbe come mai il nostro romanzo Q, scaricabile gratis ormai da tre anni, sia arrivato alla dodicesima edizione e abbia superato le duecentomila copie di venduto.

In realtà, nell’editoria, più un’opera circola e più vende. (…). Autorevoli esempi ci vengono dagli USA – che pure sono un paese ossessionato dalla proprietà intellettuale – e li ha esposti con cristallina precisione il mio collega Wu Ming 2 in un articolo che potete leggere qui”:

Dal 2014, scrive Wu Ming sul blog, sono stati abbandonati i romanzi storici (“Q”, “54” e altri: qui c’è la recensione di “Cent’anni a Nord Est. Viaggio tra i fantasmi della guerra granda”)  per esplorare il campo della letteratura fantastica, del mito, della letteratura per ragazzi – lui/loro la definiscono così; io, che nel mio piccolo resto affezionata ai miei punti di vista, continuo, ferreamente, a escludere che tale narrativa esista; tutt’al più, accetto che venga definita <anche> per ragazzi.

Di Wu Ming, come opere sia collettive sia individuali, sono usciti libri interessanti, una vasta produzione – di racconti, romanzi, articoli, importanti testi sulla contemporaneità – che mi riprometto di sondare a fondo, come una piccola miniera tutta da far fruttare .

A latere, per la mia gioia, è uscito, per Bompiani, a cura di Wu Ming 4,Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm”,  di J.R.R. Tolkien (Bompiani)  e, sempre di Wu Ming 4, edito ancora da Bompiani “L’eroe imperfetto” (2011).

C’è di che sguazzare, non vi pare?