Le letture lasciate, interrotte. Le letture conosciute, ora o in un altro tempo, e non amate; o non più.
Parlano, a chi legge e di chi legge. Non solo, o tanto, per ciò che il libro narra, lungo i suoi diversi sentieri. È ancora, ne avevamo parlato, “la struttura che connette” (qui)
Poi ci sono i libri che ci deludono. Profondamente. Scritti da quell’autore che adoravamo e che non è detto possa ottenere da noi un’altra possibilità. Quasi un’offesa personale.
Ci sono i libri che non sono risultati all’altezza delle nostre aspettative e tuttavia le cose tra noi si possono ancora aggiustare; quel certo libro non sarà forse riletto, ma anche sì, e il suo autore avrà un’altra possibilità con noi (in e-book, per sicurezza – più comodo, costa meno, non è come averlo sugli scaffali che poi, che fare, i libri non si buttano e lo spazio è quello che è. Nel caso, il cartaceo seguirà).
Ci sono i libri che, ecco, non possiamo dire che ci siano veramente piaciuti, non davvero; quelli dentro ai quali abbiamo cocciutamente cercato di scoprire la bellezza; quelli sui quali abbiamo tentennato, pensando vedi, probabilmente sono io che, non è il momento adatto, sto leggendo questo libro nel modo sbagliato: quell’autore ci piace molto, anche questo libro a tratti ci prende, ed è difficile accettare che non entri nel nostro cuore. Come si dice, sono delusioni che lasciano il segno – come quando, da ragazzi, ci tenevamo ancora per un po’ il moroso la morosa sbagliati perché era piaciuta l’idea che lei lui fossero proprio come desideravamo; che poi, ciò che saremo diventati, avrà dentro di sé anche quella piccola grande storia, non c’è dubbio.
Niente si butta di ciò che ci accade.
C’è il libro che avevamo amato e ora, alla rilettura, ci chiediamo come ciò sia stato possibile; e l’altro libro del quale, invece, ci è ben chiaro come sia stato possibile e ci prende una tenerezza, una nostalgia per quella/quel tale di quel tempo, cui la vita offriva una montagna di possibilità, che la lettura pareva quasi portarli vicini a realizzare, delle quali oggi sopravvive solo un ricordo senza desiderio – tutte quelle belle storie d’amore, e di avventure, di eroismi e quant’altro.
Nel tempo, diventiamo più selettivi – lo diciamo non solo parlando di libri, e dicendolo ci sentiamo migliori, partecipi di quella maturità che affina il gusto e rende capaci di scegliere con competenza anche il piacere – pur sapendo bene che, a forza di selezionare, fosse pure con ragioni valide, diventiamo un po’ meno capaci di provarlo.
C’è poi, e soprattutto, un particolare tipo di libro. Quello che ci sta annoiando un po’, non del tutto ma anche sì; il libro che siamo tentati di lasciare a metà perché, in effetti, durante la lettura, ci si distrae, pure se è sempre un libro di quel/quella tale, come dire una certezza; la cui storia, questa volta, non trattiene sulla pagina, non del tutto. Ed è un libro che, contro ogni previsione, non verrà lasciato. Sarà letto, fino all’ultima riga. Gli offriremo e ci offriremo poi anche una seconda possibilità: che confermerà sia quel tanto di noia sia, soprattutto, il fatto che la rilettura, ancora una volta, non sarà stata interrotta. Perché?
Avviene che, qua e là, dentro una storia che poteva essere ma non è, dentro quella storia non del tutto riuscita si nascondano delle godibili perle, a prescindere.
Ci saranno uno o due personaggi mirabilmente tratteggiati, che creeranno in noi il desiderio di reincontrarli; ci sarà qualche dialogo che apre possibilità, riflessioni; un elemento di umorismo inatteso, particolarmente riuscito. Cose così. Cose per le quali il gesto di chiudere il libro e cedere alla delusione verrà fermato, e magari verrà addirittura recuperato un qualche entusiasmo (ecco! Adesso va! Ha preso l’abbrivio!): di scarsa durata.
Alla rilettura, quel tanto di noia si ripresenta, e si conferma. Ma le perle emergono. Vere: in assoluto o per noi, in quel momento, è difficile a dirsi. Ambedue le cose, credo.
E accadrà – quantomeno a me capita – che lo si rilegga ancora, a balzelloni, cercando quel brano, quella frase, su cui fermarsi, di cui gustare, rotolando le parole nella mente, e quasi nella bocca, come fossero bocconcini succulenti.
Non ho mai amato, potrei dire agevolmente che aborro, le “citazioni” fuori contesto, i cosiddetti “detti celebri”. Ciò di cui parlo non ha nulla a che fare con la frase, l’epigramma, che diviene proverbiale.
E qui casca l’asino. Dubito di riuscire a condividere questa cosa.
Si tratta di frasi che, per essere gustate, hanno bisogno del loro mondo, di quel libro che, pure se un po’ noioso, dà loro voce – la mente non può gustarle senza che si alzino la persona e una voce che le pronuncia, e il dove il quando il perché e a chi.
Ed ecco. Serve tutto il libro – da scorrere velocemente, sul quale muoversi a balzelloni, saltellando da un punto all’altro (tanto ormai lo conosco, stasera non so cosa leggere, niente mi attira, si tratta di quest’umore insoddisfatto, mi ci vuole qualcosa di affidabile, un pensiero che aiuti l’addormentamento, meglio se con una domanda uno stupore un accenno di riso in gola).
Da non crederci. Avviene che si rilegga tutto un libro (si fa per dire, sarà una cosa fatta un po’ alla sveltina, scorrendone veloci le pagine, arriveremo con sicurezza al punto) per giungere là, a quella frase, a quella voce che dice quella cosa. Bella. Capace di suscitare fantasie. Di produrre scoperte (su di sé: nessuna verità eterna).
Cosa strana, i libri. Credo ci regalino, anche, quel permanere di gioventù che si esprime in una resilienza della voracità non selettiva, una specie di vecchiaia ragazzina travolta da domande e scoperte sul mondo. Altro che maturità selettiva.
Ora, su queste pagine, non so se capiterà ancora che io non proponga un libro ma senta l’incoercibile bisogno di condividerne bocconcini sparsi.
Magari fatemi sapere se – fuori contesto, appunto – un’insalata mista può essere gustata. Se non si tratti invece di qualcosa il cui senso vale solo per me.
Mi trattengo quanto posso. Vi lascio briciole, poche, di un solo libro (autore pregevolissimo che, tuttavia, ha davvero scritto tanto, troppo, e non tutto ovviamente mantiene il livello, tanto più trattandosi di una saga.
Terry Pratchett, “Streghe di una notte di mezz’estate“, Salani Editore, Traduzione di Valentina Daniele
“In principio c’era il nulla e poi è esploso”.
Ecco – una frase così, quasi un incipit, rende possibile lo starci in compagnia, dove le nostre fantasie saranno perfettamente in grado di fare le veci del libro – che si può anche chiudere, la storia può aspettare.
E che dire di quelle frasi che fanno balzare agli occhi in sequenza le figure di due personaggi femminili impagabili ma che è inevitabile togliere dal contesto e far entrare nel proprio vissuto, consentendo a noi stessi un po’ di sana auto (anche etero) ironia divertita.
“Io mica ho detto niente – replicò…in tono mite”
“Lo so! Ti ho sentito, che non dicevi niente! Non ho mai sentito silenzi più rumorosi da qualcuno che non fosse morto!
“(…) si guardò intorno. Se devi condividere un pezzo di storia personale, assicurati che ti stiano a sentire.”
“Pensa alla tua età…”
“Pensare? Non c’è mica molto da pensare. È solo un’età.”
Quest’ultima: Consolante. Ci devo riflettere.
E per chiudere, quel tanto che non disturba di “scienza magica” – una matematica particolare, spazi altri che si intersecano, cose così.
Dove si parla dei LIBRI, di quegli oggetti magici di cui, alla fine, nulla verrà buttato. Proprio come avviene per il maiale.
“La matematica (…) è complessa, ma alla fine si riassume nel fatto che tutti i libri, ovunque, hanno effetto su tutti i libri. È evidente: i libri ispirano altri libri scritti nel futuro e ne citano altri scritti nel passato. Ma la teoria generale dello Spazio B suggerisce che in quel caso i contenuti del libro non ancora scritto si possono desumere dai libri attualmente esistenti.”[i]
Anche da quelli che ci hanno un po’ annoiato, se hanno trovato un loro modo di entrare nella storia della nostra vita, come il vecchio moroso sbagliato, di passaggio.
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[i] Le citazioni sono prese da: Terry Pratchett, “Streghe di una notte di mezz’estate”, Salani editore
[ii] Da Wikipedia: Esme (Nonnina) Weatherwax e Gytha (Tata) Ogg sono personaggi della serie del Mondo Disco di Terry Pratchett. Sono streghe e membri della congrega di Lancre.