Daniel Pennac: “La maggior parte dei bambini fanno i bambini, e quasi tutti gli adulti giocano agli adulti.”

Si chiude questo anno, ed è tempo – mi dico – di tirare le somme.

Perché poi? Perché sì, perché mantenere, rispettare, una ciclicità del tempo consente di non invecchiare, di dare aria fresca al proprio tempo, un po’ come quando le nostre madri, le nostre nonne, nelle prime ore del mattino spalancavano le finestre, scaraventando sui davanzali materassi e lenzuola per cacciar via l’aria viziata, la fatica del giorno trascorso e della notte, del buio. Aria fresca per la casa e per chi la abitava, un nuovo giorno da far risorgere con i suoi compiti, i suoi progetti, i suoi incontri, suoni, canti, cibo, vita.

Pure l’avvio di una nuova stagione, di un nuovo anno, chiedono che si arieggino le lenzuola, si battano i materassi, si rinnovi l’aria nella casa.

Tirare le somme, dunque. Fare un po’ di pulizia. Mi ci vorrà del tempo, mentre vorrei arrivare al punto per quel desiderio di dare spazio, qui, al tema “Narrativa per ragazzi”, il cui confine permane difficile da definire.

Arriva un utile commento, di Tommaso Aramaico (qui), che mi scuserà se lo cito:

Sono da sempre convinto che storie si dividano in storie belle ed universali ed in storie marginali, da scartare perché inutili. Quelle per i lettori maturi aspettano che i giovani lettori crescano, quelle rivolte ai bambini seguono il lettore per tutta la vita, affinché cresca senza mai invecchiare…”

Ecco, dunque. Tema centrato. Dovrei forse riservare, in questa libreria virtuale, uno spazio alla “Narrativa per soli Adulti”. Da contrapporre a una “Narrativa per tutti”, unico requisito saper leggere, dopodiché ognuno sceglierà, di volta in volta, il momento in cui un libro, quel libro, gli parlerà.

D’improvviso, un ricordo. Che conferma quanto detto ma, nel contempo, rimette tutto in gioco:

Quel che complica tutto è che la maggior parte dei bambini <fanno> i bambini, e quasi tutti gli adulti <giocano> agli adulti. È una cosa molto difficile da valutare l’età. Capisci?”

In: Daniel Pennac, “Signori bambini”.

Un libro per adulti, questo, sicuramente, con protagonisti dei ragazzi, e degli adulti-bambini; voce narrante un giovane padre, morto prematuramente che chiacchiera con il figlio dodicenne o giù di lì, la notte, quando questi lo va a trovare scavalcando la recinzione del cimitero – siamo a Parigi, quartiere di Belleville, e naturalmente il cimitero è il Père-Lachaise, dove tutto può avvenire.

“Aspetta che faccia buio. Scavalca il muro del cimitero, si intrufola tra le tombe (…). Arriva fin qui e chiede: Ci sei?

Mi secca ammetterlo, ma ci sono.”

Ecco svelato l’arcano, la domanda impossibile su cosa sia, se esista, una narrativa per l’infanzia, per l’adolescenza: fa lo stesso chiedersi se esista una narrativa per gli adulti, dovendo tener conto del fatto che non si diventa lettori d’improvviso; lo si diventa transitando dal godere di storie ascoltate al piacere di una lettura in proprio, tenuto conto del fatto che, come dice ancora Daniel Pennac, in “Come un romanzo”,  altro suo libro molto noto:

L’uomo vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui. Piccolissime, segrete connivenze che dicono la paradossale felicità di vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità della vita. Cosicché le nostre ragioni di leggere sono strane e personali quanto le nostre ragioni di vivere.”

Daniel Pennac

Strano, da parte mia, aver dimenticato, per anni, Daniel Pennac. Strano, se penso a quanto ho goduto la lettura, ma soprattutto la rilettura, della serie Monsieur Malaussène.  E non solo.

Quest’anno, Daniel Pennac ha scelto di ridare vita al suo Monsieur Malaussène, ed ecco il nuovo romanzo, “Il caso Malaussène. Mi hanno mentito”, Feltrinelli 2017, che non ho letto. Sono riuscita persino a non vederla, questa rentrée, e forse non la leggerò, per il timore che distrugga il perfetto edificio della saga, e rovini la nostalgia che mi ha lasciato, sempre recuperabile attraverso una maratona di lettura – ignorare il campanello, spegnere il cellulare, staccare la cornetta del telefono di casa, mettere il cartello non disturbare sulla porta della stanza: bere tutto d’un sorso, senza tirare il fiato.

“Il paradiso degli orchi”, “La fata carabina”, “La prosivendola”, “Signor Malaussène”, “La passione secondo Therèse” e “Ultime notizie dalla famiglia”. Sei libri pubblicati dal 1985 al 1999, e penso solo ora che una nuova generazione di lettori forse non li ha letti mentre ancora forse, solo forse, c’è stato un tempo in cui tutti, ma proprio tutti, si fa per dire, li abbiamo letti. Sono trascorsi molti anni. Non me ne ero accorta.

Una grande, caotica, grottesca e strampalata lunga favola per adulti, con tanta ma tanta poesia, dove c’è questo tale, Benjamin Malaussène che costruisce giorno per giorno una serie di grandi vittorie personali,  tanto più grandi in quanto non sapute, non ricercate e, direi, non riconosciute come tali, mentre la vita lo porta a sbattere contro  i guai più impensati, persino contro l’orrore, a venir costantemente accusato delle cose più orrende, lui che, di suo, svolge la professione, guarda un po’, di “capro espiatorio”, avendo sulle proprie spalle una tribù familiare che più anomala non si può, composta da una madre assente – salvo al momento di appioppare alla famiglia un nuovo figlio di un amore finito e andarsene nuovamente, in fuga con un amore nuovo – e da un nugolo di fratelli, figli di padri diversi mai veduti, ma dove tutti si amano, si accolgono reciprocamente senza far caso a regole o aspettative di alcun tipo: chiunque trova il proprio posto, nella tribù Malaussène, nel quartiere parigino multietnico di Belleville; compreso il cane Julius, epilettico e maleodorante, che svolge, non poteva essere che così, una sua precisa funzione nell’accavallarsi dei problemi che affliggeranno il povero Benjamin.

Tutto, in queste storie è paradossale, irreale, impossibile, devastante e devastato, nella felice, si fa per dire ma poi è proprio così, famiglia Malaussène. Siamo in un libro, ci dice l’autore, e tutto è permesso. Lasciandoci, dopo tutta questa irrealtà, con una grande nostalgia per una famiglia vera quant’altre mai.

Daniel Pennac ha scritto altro, è uno scrittore prolifico; in particolare ha avuto molto successo il suo “Come un romanzo”, un saggio in cui si pone l’obiettivo di far innamorare dei libri i ragazzi, e in cui fissa i diritti del lettore, di tutte le età:

“Il diritto di non leggere, Il diritto di saltare le pagine, Il diritto di non finire il libro, Il diritto di rileggere, Il diritto di leggere qualsiasi cosa, Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa), Il diritto di leggere ovunque, Il diritto di spizzicare, Il diritto di leggere ad alta voce, Il diritto di tacere.”

Ed io – e torno al mio argomento – mi sono trovata tra le mani “Signori bambini”, un altro bellissimo libro di Daniel Pennac, ex alunno e studente difficile, che diverrà miracolosamente un insegnante di lettere innamorato del proprio lavoro; che con questo romanzo <mostra> la realtà del mondo infantile, di quell’età che sta tra la fine dell’infanzia e l’avvio dell’adolescenza, dentro una società confusa di adulti sbandati, e in un mondo della scuola segnato da un professore massacratore dei suoi alunni e, già che ci siamo, dei loro genitori.

“Pritsky, prenda il diario, per cortesia, e annoti, per lunedì prossimo: una breve conversazione con il suo signor babbo”.

Ancora una volta, una storia dove, saltando a piè pari la realtà, utilizzando tutto il diritto di chi scrive di creare un mondo, ci restituisce una vicenda fantastica dove il mondo-bambino, e il particolare mondo del bambino che soffre la scuola e che la scuola fa soffrire, emerge con tutta la sua forza, nella sua più vera concretezza, com’è oggi e come è sempre stato.

Ma non è questo il punto: il vero punto sta nel fatto che questo è un libro per adulti, assolutamente e inequivocabilmente per adulti, in cui sono protagonisti dei bambini, che si sveglieranno un bel giorno tramutati in adulti, trovando i propri genitori tramutati in bimbi piccoli. Con effetti paradossali molto concreti, per la vita degli adulti, risolta infine dai bambini.

La domanda a un certo punto, diverrà:

“Fino a che punto il bambino è soggetto all’infanzia?”

Se lo domanderà più d’uno, anche il bambino nascosto che cocciutamente vive e opera dentro ognuno di noi.

E ora. Che me ne faccio del mio interrogarmi sul tema “Narrativa per ragazzi”?

Ve lo dirò il prossimo anno. Magari anche raccontando il mondo – adulto – di “Signori bambini

BUON ANNO A TUTTI!