“C’è della logica in questa follia”

Massimo Roscia, “La strage dei congiuntivi”, Èxòrma 2014

Avevo già accennato (qui) a questo romanzo che ora propongo in quanto, in modo solo apparentemente anomalo, lo ritengo particolarmente adatto al periodo natalizio; adatto ad esorcizzare, fantasmaticamente attuandola, una certa voglia omicida che…

Ora che il Natale è alle nostre spalle (non del tutto, permangono pastori in viaggio in attesa dei Re Magi, buoni ultimi; e della Befana, per i più piccini) lo possiamo dire: il Natale è un periodo ben strano, un periodo in cui chi ha bambini si salva, almeno in parte ma, per tutti gli altri (e per come vanno le cose in questo nostro disgraziato mondo), non c’è protezione.

Pure: si tratta davvero di una bella ricorrenza – diciamo meglio, per rispetto  della lingua italiana: si dovrebbe trattare davvero di una bella ricorrenza, se… – sono incerta – varrebbe anche l’uso di un semplice sarebbe davvero una bella ricorrenza, se… – lasciando perdere quel “dovere”, carico di spiacevolezza, e quel verbo “trattare” che, sia pure usato al riflessivo, contiene qualcosa di improprio, qualcosa che richiama un maneggiare, gestire, manovrare, come se del Natale si potesse fare ciò che si vuole, transitando impunemente da una sacra ricorrenza a un grande evento commerciale attraverso infinite possibili combinazioni.

Lasciamo. Il nostro non è un tempo adatto alla semina di incertezze, di domande. La possibilità, l’ipotesi, il dubbio, ecco, il dubbio, non hanno, oggi, ragione alcuna di esistere: non danno frutti.

Niente ipotetiche, dunque. Facciamo valere il solo tempo indicativo, al presente, il dito che mostra quella cosa, quella cosa, quella cosa, mentre tutte possono stare perfettamente insieme, basta aver chiaro come non vi sia (che non vi è) relazione alcuna tra di loro: ad esempio, andrà tutto benissimo se una biblioteca verrà (venisse) chiusa e se il bibliotecario verrà trasferito (venisse trasferito) ai servizi cimiteriali. Si tratterà unicamente di buona allocazione delle risorse umane.

Il rischio, tutto, sta nel porre l’esistenza di una qualsivoglia possibilità nel campo del reale; vale a dire nel campo del linguaggio. Varrebbe come porre, in ipotesi, che esistano più mondi possibili; che il nostro mondo possieda, potenzialmente, facce diverse, come dire che <si sa dove si comincia e non si sa dove si andrà a finire>: ecco, a nostra difesa, un buon luogo comune aiuterà a tener stretto quel tanto di realtà che fugge, fugge… La realtà, complessa, articolata, che le parole indicano, e il loro uso modella.

Tutto molto aggrovigliato: il mondo e la lingua; fatti, in effetti, della stessa sostanza.

Il rischio sta, come sempre, in un libro, per mezzo del quale mi preparo, cerco di prepararmi, a ipostatizzare una reale strage non di soli tempi verbali inseriti in amene oscenità oratorie, mentre leggo e rileggo, rischiando di venir travolta dalla realtà: della grammatica, che è fondamento, rendendole affermabili, “di tutte le cose visibili e invisibili” – dopotutto, sono appena sopravvissuta al Natale; l’ho trascorso pure bene e vorrei escludere la possibilità che la indicata (sotterranea, ascondita) tentazione omicida cui ho accennato in premessa abbia davvero a che fare con la realtà: che il linguaggio incarna.

“La strage dei congiuntivi”, dunque: da assumere come una vera, reale strage della e nella realtà.

INGREDIENTI:

Una premessa, che apre ogni capitolo, presentandone al lettore il numero, in progressione, corredato dalle sue qualità:

UNO

“Uno, il principio, l’unità del tutto, l’essere, l‘eterno. Uno, primo numero naturale dopo lo zero, sostanza che permea di sé la materia, atomo androgino da cui si originano tutti i numeri e a cui tutti i numeri fanno ritorno…si concede a noi nelle sue mortali spoglie di aggettivo numerale, cardinale, sostantivo, pronome indefinito, articolo indeterminativo. Talvolta, invece, ci appare nella sua raffinata variante apocopata <un> – come, ad esempio, nel sintagma nominale <un omicidio> – per poi tornare subito a fondersi, con quella vocale finale figlia della traslitterazione del kana, nell’indistinto egualitarismo dell’assoluto”

Firma: Asclepiade di Mirlea (grammatico greco, vissuto tra il II e il I secolo a.C.)

A seguire – con i Capitoli Due, Tre, Quattro…Quattordici – incontreremo:

GLI ATTORI DEL DRAMMA

Cinque sodali – un bibliotecario, un dattiloscopista della Polizia, un professore di letteratura cacciato da tutte le scuole per…non importa, un cultore di lingue arcaiche e un analista sensoriale in grado di cogliere e classificare ogni odore, profumo, essenza qualsivoglia presente nell’ambiente – si sono assegnati nomi di antichi grammatici per dar luogo a una specie di società segreta con obiettivo la difesa della lingua italiana. I cinque si alterneranno nella narrazione.

Dioniso Trace,  filologo e grammatico greco, del II sec. A. C.; al secolo: Renato di Scitio;

Partenio di Nicea, grammatico e poeta, nato a Nicea in data precedente al 72 a. C.); al secolo Liang Zidian;

Eutichio Proclo, africano, che fu l’istitutore dell’imperatore Marco Aurelio; al secolo, William Popgun;

Cratete di Mallo , grammatico e filosofo greco, vissuto tra la fine del III sec. E il II sec. A. C); al secolo Eric Vermillon;

Asclepiade di Nicea, grammatico, identità storica incerta? Al secolo… mi sono persa; recuperatelo voi.

UNA SERIE DI ACCADIMENTI

Quanto, per l‘appunto, agli avvenimenti narrati, impossibile dare indicazioni sulla trama. Si tratta di un noir, e che noir!

Ecco: possiamo dire che tutto inizia con l’uccisione, a bastonate, dell’Assessore comunale Bill Gross Donkey.

Nel corso di un suo applauditissimo discorso, caratterizzato da orrori linguistici inenarrabili, Gross Donkey annuncerà la chiusura della biblioteca e la destinazione dei fondi “risparmiati” ad attività culturali inserite nel programma di eventi dell’estate.

“Signore e signori, desitero farci un calorosissimo benvenuto, a nome dell’amministrazione comunale e dei sottoscritti, a questo interessandissimo appuntamendo”.

Ad ascoltarlo ci sarà l’orripilato bibliotecario comunale. E possiamo, a mo’ di trailer, concederci un piccolo assaggio di ciò che accadrà:

Una mattina di un giorno festivo Dioniso sveglia Eutichio, al secolo William Popgun:

“Tolto ogni vestigio della briga e dell’offesa, ti dimando solvimento e gran compatimento… se ad assai bona ora di un dì di festa t’ho destato.”

Dioniso Trace, al secolo Renato Di Scitio, si diverte a favellare così. È un purista dell’idioma arcaico.

Eutichio lo tranquillizza e gli rivela che è solo stanco dopo due nottatacce trascorse al lavoro perché…

“Non ci crederai ma l’altro ieri sera hanno assassinato l’assessore Gross Donkey…e siamo stati precettati tutti in Commissariato. Due nottatacce, una dietro l’altra.”

“Lo so”

“Lo sai?” …

…Abbiamo un problema William, un problema serio.”

“…e quando mi chiama con il mio reale nome di battesimo, c’è qualcosa che non va.”

“Non dirmi che tu…”

“Già”…

“Non dirmi che noi…”

“Già. Già.”

LINGUAGGI

Massimo Roscia

A partire dall’incipit, che pone con immediatezza il lettore in medias res, fatta salva una possibile, solo iniziale, perplessità del lettore che rapidamente si muterà in entusiasmo per la vena sarcastica, e ferocemente ilare, del ricercatissimo eloquio, sarà una sarabanda di giochi linguistici, di note a margine, di citazioni, dotte e non: quali la criminale oratoria assessorile caratterizzata da:

 “Verbosa et dissoluta prolixitas, inflata turgiditas, incongruitas, asperrimum sonum, ambiguitas, enfrecatio, multiloquium, obscuratio, garrulitas  e vaniloquium[i].”

Con i conseguenti obblighi alla resistenza attiva per chiunque abbia anche solo il minimo rispetto per la propria lingua.

Dopodiché: trattandosi di un noir, la “strage” difficilmente riguarderà unicamente l’uso dei congiuntivi, gli errori di ortografia e ortoepia, o della punteggiatura.

Ci dovrà essere VENDETTA. Diciamo meglio: ci dovrà pur essere un giudice da qualche parte; dovranno pur venir emesse una o più sentenze, e comminate le giuste pene. Riusciranno i nostri eroi….

Così, come esimersi dal rendere il doveroso omaggio a pagine in grado di regalarci il compimento di desiderati ferini liberatori omicidi, da attuare con le sole armi di un linguaggio immaginifico, insieme dotto, arcaico, quotidiano, orripilante, ilare e scoppiettante; a pagine in cui ironia e feroce sarcasmo imperano; a  un autore in grado, con la sola parola, di titillare i nostri sensi – vista, udito, olfatto, soprattutto olfatto – regalandoci esperienze totalmente obliate nel nostro mondo ormai virtuale e, in ogni modo, igienizzato, reso totalmente privo di nasi esperti.

Ci verrà offerta una piccola,  immaginifica, possibilità di affrontare il nuovo anno con la coscienza di aver intuito, anche solo da un punto di vista concettuale, un possibile riordino del nostro mondo.

Natalizio: senza dubbio alcuno, si tratta di un libro natalizio.

Perché sì. Perché “c’è della logica in questa follia”. E dopotutto “il razionale è reale”, e viceversa, e come, ma persino più, della follia, può condurre in molti luoghi.

È forse solo l’inizio di una storia di liberazione?

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 [i] Da nota al testo: Secondo Francesco di Buti (Buti, 5 maggio 1324 – Pisa, 25 lugli 1406) maestro di scuola, latinista e grammaticus, i principali vizi in cui può incorrere il cattivo oratore sono:…la verbosa e sregolata prolissità,…la gonfia e ridondante prolissità, …la gonfia e ridondante ampollosità,…il mancato rispetto dei principi grammaticali, …l’asprezza delle parole all’udito, …l’utilizzo di parole dal significato equivoco, …l’incapacità di pronunciare correttamente le parole,…la fastidiosa loquacità,…l’uso di espressioni prive di senso,…la tendenza a ciarlare e…il discorso vuoto e inconcludente”