E. M. Cioran, La caduta nel tempo, Adelphi 1995

Pubblicazione e Traduzione sotto la direzione di Mario Andrea Rigoni

Devo confessare una fascinazione che mi prende, sempre, quando leggo Cioran. Mi prende lo stupore per la densità e la precisione delle sue parole, che non di rado incontrano, regalando un senso di vertigine, l’impossibilità di accogliere ciò che scrive, ne verrebbe a rischio ogni serenità mentale; sento la tranquillità con cui infine sarà non solo possibile ma addirittura facile, direi risolutivo per la propria pace interiore, accoglierle, aderendovi nel sentimento profondo della meta raggiunta, in cui il pensiero può finalmente riposare:

Ci avviciniamo alla fine d’anno. Non che, nell’aria, ci sia sentore di feste, anche se le nostre città mostrano già più di qualche sbrilluccichio natalizio fuori tempo e fuori contesto: essendo il Natale una Festa assegnata alla categoria del religioso, questo periodo si chiamava, un tempo, Avvento, ed era dedicato al raccoglimento in attesa della nascita del Messia.

Da non credente, mi dispiaccio del fatto che, a quanto pare, si sia gettata l’acqua col bambino, come si dice; cancellando il bisogno di una consonanza con la ciclicità delle stagioni di vita, con la nostra stessa ciclicità di esseri umani, capaci persino di una rinascita attraverso il prenderci cura del tempo e di chi verrà dopo di noi.