Mo Yan, “Le sei reincarnazioni di Ximen Nao”, Einaudi

Traduzione di Patrizia Liberati

Da molto tempo desideravo sia rileggere sia proporre questo grande romanzo di Mo Yan. E rifuggivo dal compito. Così come sono finora fuggita dal “rischio” di leggere altro di questo autore. Strana cosa. Anche perché leggere questo romanzo è stato, nel ricordo come nella rilettura, un’esperienza impagabile per intensità.

Tant’è che, mentre d’abitudine, quando un libro mi assorbe tanto quanto questo, la sua rilettura, senza soluzione di continuità, è per me la regola –  non lascio il libro, mi ritrovo a rileggerne pezzi, a saltare da un punto all’altro e, infine, a rileggerlo daccapo – in questo caso non è stato così. Dopo la prima lettura sono quasi fuggita da una intensità che chiedeva un suo tempo per venir assorbita; anche da una fatica, che il libro richiede, per la lunghezza, per la complessità della storia, con i suoi personaggi, i nomi difficili da memorizzare, i fatti, storici, sottesi agli avvenimenti, che fanno da supporto alla fantasia – e che costituiscono, volendo, ma non necessariamente, il tema del libro. Il libro peraltro è adeguatamente fornito di un glossario dei nomi.

Il mio tempo di lettrice sembra tornare al suo giusto ritmo, e sono reduce da un giro in libreria. Relativamente breve, per la verità, ma fruttuoso, per una qualità inattesa degli acquisti – scarsi ma entusiasmanti: per me, e per motivi personali. E perché considero questa breve gita solo un aperitivo, cui programmo di far seguire un pasto luculliano.

Sono rientrata a casa con soli due libri tra le mani, non c’era tempo per una sosta più lunga (e, per la verità, c’era anche un’intenzione, per quanto vaga, di contenere la spesa).