Remo Bodei, “Generazioni. Età della vita, età delle cose”, Editori Laterza 2014

Ciascuno di noi, vale la pena ricordarlo, è il risultato di una
Ininterrotta sequenza di viventi

 

COPERTINA BAUMAN DEFINITIVOIn un dialogo, tenuto da Remo Bodei nell’ambito di ‘Repubblica delle Idee’, nel settembre 2013, dal titolo Noi, poveri post umani, schiavi delle nuove libertà, il filosofo, parlando della difficoltà di vivere in un mondo che ha perduto la sua capacità di stare dentro una identità e un tempo condivisi e accettati – tra il nascere e il morire – osservava che è proprio dell’uomo, è un suo specifico, essere preda della “mala contentezza” che gli impedisce di accettare il limite.[i]

E questo mi fa pensare a Gehlen[ii], alla sua definizione dell’uomo comeanimale carente”. Egli diceva che l’uomo è il solo animale a nascere prematuro, non in possesso di strumenti adatti a fronteggiare un ambiente che gli sia proprio (la pelliccia, per un animale che nasce in ambienti freddi, la capacità di fuga, per un animale della savana, gli artigli, etc.). Egli deve costruire da sé il proprio ambiente e questo gli consente, paradossalmente, di potersi adattare agli habitat più diversi. L’uomo, privo di istinti naturali, opera attraverso lo strumento culturale, che è la sua ‘natura’.

Ora, Bodei parte con la sua analisi dalla tradizionale divisione della vita in tre fasi – gioventù, maturità, vecchiaia – che, “deriva dalla ripetuta esperienza quotidiana del corso del sole: ascesa, zenit, declino” anche se, aggiunge, “a dare ascolto a Oscar Wilde ‘essere immaturi significa essere perfetti’, non rinunciare mai a ulteriori cambiamenti”. Ritorna il tema: l’uomo è il solo, tra gli animali, a trarre da questa immaturità la propria forza, ricavandone innanzitutto la propria sopravvivenza.

Nel cgenerazioni_Remo Bodei_recensioneorso di quest’ultimo mese ho fatto alcuni acquisti. E mi trovo con una piccola riserva di letture, il che mi fa sentire bene, protetta da quella specie di horror vacui che mi assale quando mi trovo nello stato d’animo del genere “non ho niente da leggere!”, quando preconizzo a me stessa una lunga tediosa notte senza potermi addormentare bene, o senza poter godere l’insonnia che è pur sempre l’occasione di potersi regalare qualche ora in più con un bel libro. A ben guardare, non mi capita di soffrire di insonnia senza qualcosa da leggere che, diciamo così, ne giustifichi il bisogno. Salvo, ovviamente, nel tragico caso in cui io non abbia, si fa per dire, niente da leggere – niente che corrisponda a qualcosa che ho voglia/bisogno di leggere in quel momento.