Alba de CèspedesIn questi giorni la domanda – e il tema – mi si è imposto. Il miglior modo per entrare in argomento credo sia raccontare come ciò è avvenuto.

Stavo pensando alla figura di Karen Blixen, scrittrice che avevo appena recuperato nella compagine delle autrici femminili di area anglosassone del primo novecento; e all’intenzione di scrivere qualcosa su di lei, sulla sua biografia. A questo pensiero si è affiancato quello sul tema più generale – che in parte ho già trattato, è ormai trascorso un anno – della lettura e della scrittura al femminile; e sul pensiero, o meglio, a mio parere, sul preconcetto, di una supposta specificità della scrittura (e della lettura) femminili, rinchiuse nel campo dei sentimenti.

L'estate senza uominiSiri Hustvedt, “L’estate senza uomini”, Einaudi 2013

 Incipit: “Qualche tempo dopo che lui aveva detto la parola ‘Pausa’, impazzii e finii in ospedale. Non aveva detto “Non voglio vederti mai più”, oppure “E’ finita” ma dopo trent’anni di matrimonio ‘Pausa’ bastò a trasformarmi in una matta i cui pensieri si scontravano esplodendo e rimbalzando come pop corn nel microonde”.

Il seguito è leggerezza e profondità, sorriso e ironia lieve, dolore buono, se si può dire così, e persino allegria. Ed è corporeità. Buona e integra.