Patrick Rothfuss, “Le cronache dell’Assassinio del Re”, Trilogia:
Volume I: “Il nome del vento”, Fanucci 2008
Volume II: “La paura del saggio”, Fanucci 2011….
Traduzione dall’inglese di Gabriele Giorgi
….e Volume III, conclusivo della saga, atteso dal 2011, che a tutt’oggi non c’è.
“Ho sottratto principesse a re dormienti nei tumuli. Ho ridotto in cenere la città di Trebon. Ho passato la notte con Felurian e me ne sono andato sia con la vita, sia con la sanità mentale. Sono stato espulso dall’Accademia a un’età inferiore a quella in cui la maggior parte della gente viene ammessa. Ho percorso alla luce della luna sentieri di cui altri temono di parlare durante il giorno. Ho parlato a dèi, amato donne e scritto canzoni che fanno commuovere i menestrelli. Potresti aver sentito parlare di me.”
Vorrei chiudere questo mese di agosto con una “Trilogia” fantasy incompiuta che, da anni, desideravo proporre, rinviando il tutto alla pubblicazione del terzo volume, inutilmente atteso, ad oggi, fin dal 2011.
Questa sarà dunque una recensione anomala, forse impropria, a fronte di un’opera “non terminata” e che, per il tempo trascorso nella vana attesa, anche commercialmente problematica, di una sua conclusione, apre interessanti possibilità e domande.
Scelgo di non attender oltre per motivi diversi, che hanno condotto a saturazione il mio desiderio.
Vorrei parlare del libro (anzi: dei due libri), innanzitutto perché, pur mancando di una conclusione, essi costituiscono un indiscutibile gioiello nel genere, per una ideazione assolutamente originale pur nel rispetto (direi, quasi dovuto) degli schemi attesi.
A seguire, per una scrittura da cui si viene catturati, che narra e descrive, aprendo le porte di un mondo; che suggerisce e trattiene, facile e scorrevole; per la quale si incontrano un protagonista e un contorno di comprimari, e di personaggi secondari, in grado, tutti, di tenere la scena da primi attori – non ultime le figure femminili, personalità a tutto tondo (volendo tralasciare il banale e, direi, dovuto: giovani e belle).
Per il piacere che si prova accedendo a un tempo e a un mondo in cui ci si trova gettati, senza spiegazione alcuna – boschi e strade, colli e pianure, fiumi, ruscelli; paesi e città il cui assetto sociale è di tipo medievale, la cui tecnologia è conoscenza dei materiali e delle loro proprietà, in cui la presenza dell’autorità religiosa è forte e tuttavia apparentemente solo temuta, per il potere che incarna, per la violenza che può esercitare, da abitanti che ne rispettano poche regole formali, in assenza di ritualità prescritte.
Infine, e non si tratta della motivazione minore, perché incuriosita (preoccupata?) da una realtà editoriale che, in particolare nel mondo fantasy, mostra, con estrema chiarezza, qualcosa che sta avvenendo ormai, sia pure in modo meno “urlato”, in tutta la produzione narrativa, dove al pregio (o meno) del testo, si accompagna, fino a divenir prescritta, una attesa di traduzione multimediale, con modalità di lancio commerciale che sole ne decretano il successo (e alla fine il valore?) attraverso l’uso di tecniche di marketing anomale nel mondo dei libri.
Di queste ultime fanno parte, anche, attese, annunci, anticipazioni (a loro volta preannunciate) con uso di linguaggi mediatici diversi che, necessariamente, ne modificano, ne stravolgono, il valore di scrittura. Che distraggono-distruggono l’autore – posto che questo mio timore-convinzione non esprima solo una resistenza al cambiamento, connessa con l’età e la rigidità delle arterie.
La storia.
In mezzo al nulla, al limitare di un bosco, c’è un piccolo borgo con una locanda, “La pietra miliare” gestita da un uomo di nome Kothe, dai capelli rossi, accogliente e bonario. Con lui vive un giovane uomo, Bast, tipo un po’ strano, a dir la verità, che lo aiuta.
Sotto l’identità del locandiere si nasconde Kvothe, un “arcanista”, nonché esperto musicista e compositore, avventuriero, divenuto una leggenda per atti eroici e capacità “magiche” ma anche per comportamenti violenti. Su di lui si raccontano, ma soprattutto si inventano, storie incredibili. Su di lui pende una taglia, motivo per cui egli si è occultato, rinnegando la propria storia, nelle vesti di locandiere.
Lo scoverà un giornalista, detto “Il cronista”, che lo convincerà, sotto pegno di segreto sulla sua attuale identità, a raccontare la propria vera storia. Kvothe narra.
Figlio di una famiglia di Edema Ruth, artisti viaggianti, che si spostavano di paese in paese e di corte in corte a rappresentare opere teatrali, nonché spettacoli di tipo circense, Kvothe vive un’infanzia felice.
Ancora ragazzino apprende da un anziano arcanista, Abenthy, aggregato alla compagnia, i rudimenti di una scienza chiamata “simpatia”, che consente di far dialogare le cose con sé e tra loro.
Il giovanissimo Kvothe impara – a recitare, a stare sulla scena, a gestire e approntare un campo, a prendersi cura dei cavalli, a suonare il liuto, sulle orme del padre bravissimo compositore; e impara dal vecchio arcanista i rudimenti della simpatia.
È affascinato degli studi che compie con Abenthy, a sua volta colpito dall’intelligenza eccezionale del ragazzo. Quando scoprirà che il vecchio arcanista “conosce il nome del vento” ed è dunque capace di chiamarlo al proprio servizio, il suo sogno diventa l’Accademia, il centro degli studi dove si apprende questa forma di magia molto particolare.
Il suo mondo, ricco di conoscenza, esperienze ed affetti, crollerà quando tutta la sua famiglia e l’intera compagnia verranno trucidate dai “Chandrian”, esseri da tutti creduti mitici, frutto di superstizione, a causa di una canzone composta dal padre di Kvothe, che da tempo raccoglieva informazioni su di loro (favole, racconti, miti) studiandone la storia. Kvothe miracolosamente sopravvivrà ma si troverà solo, senza risorse, ancora ragazzino.
La storia prosegue seguendo Kvothe nella sua vita di assoluta miseria, di fame e violenza, e nella sua determinazione a sopravvivere e a raggiungere e frequentare l’Accademia. Si è dato una missione: studiare, diventare un arcanista potente, capace di “pronunciare il nome del vento”, per trovare, affrontare e distruggere i Chandrian, sulla cui reale esistenza non può avere dubbi.
Da qui, avventure, incontri, scontri, amore, battaglie: una storia appassionante che, come di regola, ad ogni successo provvede a porre un’altra difficoltà sulla strada dell’eroe che, guardando all’incipit della storia – l’eroe in incognito nascosto sotto le vesti di un oste, impegnato solo a nascondere, ma non a dimenticare, la propria vita precedente – parrebbe perdente. Mentre sappiamo bene che ciò non è possibile. Non è previsto dal canone richiesto per il genere.
La storia, peraltro, è intessuta di varie altre storie di vita di Kvothe, lasciando aperta la possibilità di una possibile prosecuzione all’infinito di “storie” – salvo il fatto che il seguito tarda troppo.
Per ora, attraversato con grande godimento il secondo libro, rimango in ansiosa attesa del terzo – conclusivo?
Non lo credo; penso che questa storia potrebbe assumere la forma di un proliferare di storie su questo “eroe” originalissimo, che si potrebbero strutturare nella forma dell’inconcluso, senza che questo fatto nulla tolga al piacere di questa lettura.
Torno così alla domanda sull’editoria. Si evidenziano meccanismi che, nell’area del fantasy, risultano particolarmente visibili, in quanto particolarmente orientati ad un target di lettori giovani – appartenenti ad una cultura della multimedialità rispetto alla quale i lettori “classici” adulti-anziani (per dire: io) costituiscono mediamente il gruppo “analfabeta funzionale” – ma che, identificato il paradigma, vediamo operare anche nella narrativa “canonica” (di quale libro commercialmente di successo non si produce, oggi, il film? – che finirà per supportare il libro, per decretarne il successo, e non viceversa?).
“Le cronache dell’assassino del re” è l’opera prima di Jack Rothfuss. Ha vinto nel 2007 il Quill Award[i] per il miglior libro fantasy.
Uscito il primo libro nel 2007, il secondo è stato pubblicato nel 2011 e, ad oggi, non si hanno certezze sul terzo e conclusivo libro, mentre l’autore pubblica cose diverse (non tradotte in italiano), rimanendo tuttavia nel mondo fantasy cui ha dato vita e addirittura, a libro ancora inconcluso, si chiacchiera, ormai da tempo, di una sua sceneggiatura per la versione cinematografica nonché di una versione per la TV e di un videogioco.
Ad oggi, mentre nel – non piccolo – mondo dei fans per i quali Rothfuss è un mito, sta formandosi una certa irritazione, l’attesa del seguito ha ampliato, diciamo commercialmente, le “quotazioni” dell’autore e della storia.
C’è dunque una possibilità che il “ritardo” sia frutto di una programmazione, tanto più se è vero, come ha detto l’autore, che fin dal 2007 la storia è stata completata. Nel caso non fosse vero, è incredibile l’impegno assunto dalla casa editrice, nonché da tutte le case editrici che se ne sono assicurate i diritti di traduzione. Impossibile pensare che, se anche l’ultima parte fosse stata ancora in corso di scrittura, non fosse completo almeno il canovaccio.
All’uscita del primo libro – 2007 – il piano editoriale prevedeva la pubblicazione di un libro l’anno, così come è avvenuto, al tempo, per la saga di Harry Potter: l’uscita del cui primo libro ha compiuto vent’anni.
È possibile che, oggi, le tecniche di marketing che hanno fatto della saga di Harry Potter il successo commerciale che conosciamo siano ormai “datate” e “ingenue”. Perché è certo: la saga di Harry Potter è un’opera letteraria importante; lo è anche questa saga ancora incompleta. Ma non sarà questo, come non lo è stato per Harry Potter, a decretarne il successo.
C’è molto di cui parlare. Fatta salva la possibilità che sia tutto estremamente chiaro per chiunque e io, come si dice, cada dal pero scoprendo l’acqua calda.
[i] “I “Quill Awards” nascono nel 2005 come una sorta di festa della parola scritta decretata dai lettori (che sono coinvolti nel processo di voto) e con la finalità di promuovere la lettura.
Gli obiettivi dichiarati sono infatti celebrare l’eccellenza nella scrittura e nelle pubblicazioni; riconoscere e premiare i creatori di libri importanti e grande letteratura; coinvolgere più lettori nell’acquisto e lettura di libri.” In: http://www.fantasymagazine.it/3515/alla-rowling-il-quill-book-awards-2005