Andy Warhol, I famosi barattoli di zuppa Campbell’s spesso rappresentati da Warhol. In: CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=554926

Leggiamo un certo numero di storie, appartenenti alla categoria “giallo”, di autori italiani, che occupano uno spazio ricco in particolare di racconti seriali. È una tendenza non primariamente italiana ma che sta avendo una produzione nazionale con punte anche di ottima qualità. Si tratta inoltre di serie che, direi ormai programmaticamente, avranno una trasposizione nei linguaggi cinematografico e/o televisivo.

Gaetano Savatteri, “La congiura dei loquaci“, Sellerio 2017 (Prima edizione Sellerio 2000)

 

Sono passati molti anni, nella mia disgrazia che, forse lei ancora se la può ricordare, si cominciò il 6 novembre 1944…”

La storia si avvia con la prima parte di una lettera, datata, sapremo poi, 22 dicembre 1967, che sarà ripresa in epilogo, a sigillo, e conferma, degli avvenimenti narrati e dei percorsi di vita dei protagonisti. Mittente, tale Vincenzo Picipò, detto “Centoedieci“.

Nel mezzo, la storia di un omicidio, di una incriminazione e di una condanna ingiuste (mai tuttavia, se ho ben capito, riconosciute come tali): storia di omertà che prenderà la forma di una inedita loquacità diffusa, finalizzata alla costruzione del capro espiatorio.

In un bel sabato mattina di sole, dà piacere il gironzolare per le strade del centro e fermarsi a librerie, senza fretta o quasi. Indipendentemente dal bottino che, nell’occasione, è stato contenuto, senza grandi sorprese, se non per un piccolo libro fresco di stampa.

Favole fuorilegge”, di Nicolai Lilin, Einaudi 2017. Titolo accattivante, una copertina con un disegno bello e curioso (sembrerebbe una Madonna, agghindata in modo orientaleggiante. Eppure: braccia incrociate, con due pistole in mano? È davvero così! Fashion design!).