Ivy Compton-Burnett, “Il capofamiglia”, Fazi editore 2020. Traduzione di Manuela Francescon

 

Attendendo le prossime pubblicazioni, e traduzioni di libri di Ivy Compton-Burnett, appena terminata la lettura di “Il capofamiglia”, ho con molto piacere trovato tra i miei contatti due belle recensioni di questo romanzo (qui e qui). Con piacere, dico, e molto, perché si tratta di un’autrice, una grande del ‘900, che a lungo, e inspiegabilmente, era stata assente dai cataloghi delle CE italiane, con poche benemerite eccezioni che, viene da pensare, abbiano dovuto recedere dal proseguire a pubblicarla non avendo incomprensibilmente trovato riscontro da parte dei lettori.

Ivy Compton-Burnett, Un’eredità e la sua storia, Adelphi Edizioni 2001Un'eredità e la sua storia

Nell’ultima chiacchierata sulle letture in corso ho già presentato quest’autrice, di cui tuttavia voglio proporre in particolare questo romanzo. Non perché sia il suo migliore, ammesso che, specialmente sulle opere di Ivy Compton-Burnett si possano fare classifiche di questo tipo ma perché, a mio parere, è uno dei suoi romanzi più gradevoli, che si legge con il sorriso (nel retro del quale c’è, comunque, sempre, un leggero stridor di denti: non del tutto spiacevole, no.)

Mi dilungherò dunque sulla sinossi, ed eccederò un po’ in citazioni di dialoghi, dato che, al di là della storia narrata, sono senza dubbio l’elemento prevalente in questa scrittura. Se ne viene travolti, non c’è respiro, e ci si chiede come mai l’autrice non abbia scritto per il teatro. La casa, i personaggi, i dialoghi, sono visibili. Non si ‘leggono’, si ‘odono’ e si ‘vedono’.

Mine.Haha, ovvero Dell'educazione fisica delle fanciulleUn mese di libri e di pensieri diversi. Un po’ di resoconto. Qualche chiacchiera.

Ho letto “Mine-Haha ovvero Dell’educazione fisica delle fanciulle”, di Franz Wedekind

Provo molta incertezza nei riguardi di questo autore, che non avevo mai letto; e del suo racconto, che mi ha comunque affascinato. Il perché non saprei esprimerlo.

Ho già detto che lo devo rileggere. Poi c’è tutto da capire. C’è Wedekind, personaggio anomalo, posso dire così? Di cui risulta difficile anche una biografia, anche limitandosi ai fatti della sua vita. Appartiene al linguaggio del teatro, anche se quest’opera è un racconto, meglio forse uno spezzone di qualcosa.