Una pila di libri (quasi) pronta. Nuovi, per lo più; con l’aggiunta di alcuni vecchi amori. Si carica il camper e via. Un paio di settimane o poco più, nel corso delle quali non c’è motivo per cui io non possa scrivere; come certamente farò.
Anche il blog necessita tuttavia di una pausa; di lasciar sedimentare qualcosa; di essere ripensato, non necessariamente per dar luogo a cambiamenti, o chissà. Riordinato, come la casa, con una pulizia di primavera. Per riprendere dopo un periodo, breve, di letture tranquille.
Destinazione: parzialmente incerta, con una sola sicurezza: si va senza fretta; si sosta senza programmi di ripartenza per un qui o per un là. Si riposa, in movimento, anche, ma non necessariamente. Si cammina.
Se oggi il viaggio ha aspetti fasulli, nulla più a che fare con l’esplorare, il conoscere, il sorprendersi e il mutare; se oggi il viaggio ha un qualche, poco o molto, triste carattere di turismo, si può sempre fingerlo un po’, immaginarne una forma.
Così mi volgo, per salutare – l’assenza sarà breve – ai versi di una Storia di Via, al mio eterno “Il Signore degli Anelli”, e a canti che accompagnano l’andare, nella Terra di Mezzo.
Alla musica ognuno potrà provvedere da sé. Qualcosa che dica, solo un po’, che il viaggiare è sorprendersi; che è bello il ritorno alla propria casa; o nei paraggi, ormai divenuti ribelli allo stupore; che c’è un tempo per prendere la Via e un tempo per fermarsi, che – talvolta – possono essere lo stesso tempo.
Il canto della Strada
La Via prosegue senza fine
Lungi dall’uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
Devo inseguirla ad ogni costo
Rincorrendola con piedi alati
Sino all’incrocio con una più larga
Dove si uniscono piste e sentieri.
E poi dove andrò? Nessuno lo sa.
La Via prosegue senza fine
Lungi dall’uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
Presto, la segua colui che parte!
Cominci pure un nuovo viaggio.
Ma io che sono assonnato e stanco
Mi recherò all’osteria del villaggio
E dormirò un sonno lungo e franco
La canzone di Bilbo
Seduto accanto al fuoco, rifletto
Su tutto quel che ho visto
Sulle farfalle ed i fiori dei campi
In estati ormai da me distanti
Penso a foglie gialle e a tele di ragno
In autunni che più non torneranno,
Alle nebbiose mattine, e al sole d’argento,
E ai miei capelli agitati dal vento.
Seduto accanto al fuoco, io penso
Al mondo che sarà,
Quando l’inverno un giorno giungerà,
Ma della primavera non vedrò l’aspetto.
Vi sono infatti tante e tante cose
Che io purtroppo ancora non conosco:
Diversi in ogni prato e in ogni bosco
Il verde ed il profumo delle rose.
Seduto accanto al fuoco, io rifletto
Ai popoli vissuti tanto tempo fa,
E a coloro che vedranno un mondo
Che a me per sempre ignoto resterà.
Ma mentre lì seduto io rifletto
Sui tempi che fuggirono veloci
Ascolto in ansia e sempre, sempre aspetto
Il ritorno di passi e di voci.