Perdonatemi, fa caldo: e sto leggendo un bellissimo libro

Io ci ho provato. Ci ho provato davvero. Pesto tasti da ore, accumulo file che butto, metto da parte, riprendo; cambio argomento, taglio qui aggiungo là, passo ad altra scrittura, mi attardo a leggiucchiare on line questo e quello, passo a ulteriore nuova tematica senza accorgermene, infilando la tangente, non so perché ci sono sempre sentieri che si aprono lungo ogni mio percorso e neppure mi accorgo di aver deviato dalla retta via.

Ci ho provato. Ci rinuncio. Avevo in programma un tema. Anche se non pare, io ci provo a programmare le cose da scrivere; poi, non so come avvenga, dev’essere quella cosa per cui la vita è tutto ciò che ti accade mentre stai progettando altro – e devo prendere atto che no, niente funziona mai come da scaletta.

C’è dunque il tema di cui non scriverò. Non ora. Ed è (avrebbe voluto essere) questo.

Un po’ da sempre, accumulo dati sulla situazione dell’editoria italiana, sui nostri concittadini meno lettori di quanto si vorrebbe, taluno dice che in Italia ci siano più scrittori di quanto sarebbe opportuno, mentre da parte mia ritengo ci siano più lettori di quanti si creda nonché meno scrittori velleitari di quanto si pensi: quantomeno, tanti, pochi o troppi,  credo che gli uni e gli altri siano tanti quanti in ogni altra parte del nostro mondo.

Ammettiamolo: fustigarci è sempre stato un piacere nazionale cui ci abbandoniamo fino a raggiungere livelli orgasmici. Avevo in mente una bella dimostrazione del fatto che in Italia si legge più e meglio di quanto si dica: mi accorgo, temo, di aver tentato un’arrampicata sugli specchi che richiede di essere ripensata. Più esattamente: che richiede di essere meglio argomentata. In giorni, e serate, più fresche.

Nel frattempo, il nostro popolo di lettori si trova, pare, in ferie: dove legge (l’avevo ben detto io!). Lo si deduce, non foss’altro, dalla quantità di suggerimenti di lettura che vengono erogati, a partire dal più piccolo giornale di provincia su su fino alla rivista patinata.

Poi c’è chi, come i blogger letterari, dai più grandi ai più piccoli, suggerisce buone letture lungo tutto il corso dell’anno.

Anche il fatto che si scriva molto, per la verità, non è un tema da poco. Fatto salvo il principio per cui lo scrivere non richiede, per essere giustificato, che si producano unicamente capolavori letterari, la domanda resta: Perché si scrive?  E non solo per narrare, fin là la cosa è chiara; si scrivono cose diverse, ad ognuno il suo, ma si scrive. È pure faticoso.

Un tema, anche questo, di cui mi piacerebbe leggere, se qualcuno volesse scriverne, in risposta alla domanda fondamentale: perché questo bisogno di scrivere, indipendente, pare, dall’aver qualcosa da dire; un bisogno speculare al bisogno di leggere; imperativi, l’uno e l’altro, al punto tale che, all’estremo (vale per me), potrebbe non importare cosa si legge e cosa si scrive, persino la lista della spesa potrebbe costituire una risorsa.

Ieri sera, o l’altro ieri, non ricordo, telegiornale terminato, stanca, impossibilitata ad alzarmi dal divano, alla TV è partita una cosa su Fabio Volo, una mezz’ora. Fatto eccezionale: pur di non alzarmi me la sono guardata. Il ragazzo è simpatico, a modo suo. Prima che diventasse uno scrittore, credo, molto letto, mi era capitato di ascoltarlo alla radio – al lavoro, un tempo, trascorrevo ore e ore in auto, dove la radio è una buona compagnia, specialmente se il programma non è niente di che e non distrae dalla guida: l’esperienza mi ha insegnato, fortunatamente a costo zero, che la musica davvero buona, o interessanti trasmissioni, come Fahrenheit di Radio 3, non sono adatte all’ascolto in auto, pena il trovarsi, non si sa come, dopo un tempo imprevisto, in qualche luogo dove  non avevamo alcun motivo di recarci; o rischiare l’incidente.

Björn Larsson

Bene, ho pensato: Devo. Devo leggere un suo libro, è giusto farlo. È molto letto? E dunque, vediamo. Sono giunta a consultare il Kindle Store, per valutare una cosa veloce. Poi non ne ho fatto nulla.

Tornando a bomba, avevo già proposto il mio elenco di libri in attesa (qui), che sta lentamente riducendosi, mentre – sempre per quel fatto dell’imboccare sentieri laterali – altri libri si aggiungono, richiami della foresta.

Non mi resta dunque che parlare della lettura in corso. Che sta assorbendo tutta la mia attenzione. Che sarà, credo, la prossima recensione, pur trattandosi una deviazione dalla lista: in argomento, ecco, in qualche modo, sono riuscita a rimanere in argomento, finendo tuttavia dentro un nodo di libri, importanti, che si richiamano tra loro e chiedono attenzione: come dire che, deviando su di un sentiero laterale, mi sono imbattuta in un hub.

È andata, sta andando, così. Per qualche oscuro motivo, scegliendo un autore tra i titoli Iperborea, e optando per lo svedese Björn Larsson, che non conoscevo ancora, ho scelto la sua autobiografia: una scelta anomala da cui partire per affrontare un nuovo autore. Mi ha probabilmente attratto il fatto che si presentava come un libro a tema – del genere: “la mia vita da questo punto di vista” – dal titolo “Bisogno di libertà”, in cui l’autore si propone di esplorare quello che individua come il nocciolo duro sia della propria ispirazione come scrittore sia della propria personalità: il bisogno, assoluto, totale, di libertà, che ha dovuto imparare a conquistare, e ad agire nei giusti modi.

Gli alibi per dedicarsi alla propri autobiografia sono i più vari ma questo mi è parso buono, specialmente in considerazione del fatto che l’autore, noto, certo, ma non poi il vertice della letteratura mondiale (o si?), è un giovane atletico sessantaquattrenne. Non un vegliardo a termine carriera. La propria autobiografia non si dovrebbe scrivere in prossimità, per quanto stimata, del traguardo?

Ho iniziato questa lettura, piena di buone attese. E no, ho dovuto prendere atto che, pur interessante, il libro non mi prendeva. Una scrittura fredda, essenziale, che tiene le distanze. Ottanta pagine, un terzo del libro, prima di sospendere – temporaneamente – tale lettura, decidendo che avevo sbagliato approccio e avrei dovuto, prima di conoscerne la vita, conoscere il narratore.

Nota a margine. Il libro inizia con una avvertenza dell’autore che informa di aver scritto quest’opera in francese, sua seconda lingua, “nonostante mi fossi ripromesso di non scrivere mai un testo dalle pretese letterarie in una lingua che non fosse la mia lingua materna”. Forse, anche questo potrebbe aver giocato nella produzione di pagine che ho trovato scarsamente coinvolgenti. Vedrò in seguito. Nell’immediato c’è stata la veloce scelta di un’opera di narrativa in e-book, “La vera storia del pirata Long John Silver”.

Ed ecco l’incontro felice con una storia e una scrittura appassionanti; e, vorrei dire, anche con una particolare “autobiografia mascherata” dell’autore: la rivelazione, senza distanza, di parti di sé attraverso una storia che narra il “bisogno di libertà” di chi ha scelto la vita corsara sui mari. Almeno nella (mia) fantasia.

E come evitare, incontrando Long John Silver, di riprendere Robert Louis Stevenson, di reimmergersi nell’”Isola del tesoro”?

Per non dire di un incontro immaginario e realissimo, che il libro ci regala, tra il personaggio Long John Silver e (il personaggio di) Daniel Defoe, l’autore di “Le avventure di Robinson Crusoe” (libro che, per la verità, non è stato, al tempo suo, tra i miei preferiti ma di cui ora mi chiedo se non sarebbe opportuna una rilettura). Così, anche “Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders” sarebbe da rileggere, e altro. Per non dire delle curiosità che suscita, nelle pagine di Larsson, il personaggio storico Daniel Defoe, la cui vita si presenta eccezionale, nella sua diversità, in termini di avventure e sventure, da affiancare a quelle dei grandi protagonisti della pirateria e delle guerre di corsa.

Sarà una intensa lettura multipla. Da cui non distrarsi. Che promette, e sta mantenendo, un’occasione di grande divertimento. Senza che il personaggio John Long Silver susciti una grande simpatia umana, che peraltro programmaticamente non chiede (e questo lo rende davvero molto simpatico): proprio come l’autore di questa storia. Di invenzione. Non del tutto.