Andar per libri: “Libri in cantina – Mostra nazionale della Piccola e Media Editoria”

Poi ci sono le chicche, da leggere, maneggiare, riporre e riprendere; ci sono i piccoli libri di una piccola preziosa editoria che mai sarà scalzata dall’e-book: bella carta, stampa accurata, caratteri a misura di occhi presbiti; grati per piccoli testi perduti, introvabili, di grande interesse. Tanto più preziosa, l’attività delle piccole-medie case editrici, quanto maggiormente difficili da trovare i loro prodotti: la piccola dimensione “aziendale” si scontra con la distribuzione dei loro libri, con la loro reperibilità.

Nel saggio “Il narratore” Walter Benjamin segnala la caratteristica artigianale del lavoro dello scrittore e mi induce a ricondurre anche l’opera dell’editore ad attività necessariamente di tipo artigianale. Il libro è, per sua natura, un pezzo unico e dunque non appare peregrino il dubbio che la produzione del libro mal si concili con un’attività editoriale di grandi dimensioni, finalizzata al grande mercato. Non pare peregrino il fatto che la produzione industriale, in grande tiratura, dell’oggetto-libro, possa modificarne la natura, pur nella necessità di tale produzione, benemerita per la vita delle grandi opere così come per dare risposta al bisogno diffuso di una buona narrativa da diporto, e di una saggistica divulgativa di buona qualità.

Tema difficile, che spesso riprendo senza osare qualcosa che vada al di là di esitanti ipotesi di lavoro; che tuttavia vede, come ognuno vede, l’attività editoriale di piccola-media dimensione scontrarsi con il correlato della distribuzione e delle alte tirature necessarie a resistere sul mercato, all’interno di una società che, oggi, per quanto si ritenga che la lettura sia scarsamente frequentata, si connota per una alfabetizzazione generalizzata di buon livello. Possiamo ben dire che, oggi, tutti leggono, anche se, sempre per dire, forse diversamente e non in ogni tempo della vita.

Per questo esiste ciò che in anni non lontani non esisteva: la grande industria del libro.

Umberto Eco pensava forse a questi libri (<ai tascabili>, ai piccoli, formato 12 x 18) quando affermava che la forma-libro esisterà sempre, trattandosi di un oggetto perfetto per la sua funzione, di uno strumento che,  come il martello, o il coltello, possiede una forma a misura della mano dell’uomo; che dunque, pur potendo variare, che ne so, nel design, per il materiale con cui è prodotto, ha raggiunto la sua tipicità  (parafrasi mia di quanto Eco ha scritto: fate dunque la tara a quanto scrivo; ma il concetto credo sia chiaro).

Va anche detto che poi, dopo aver decantato la superiorità della forma-libro, interrogato su cosa avrebbe portato con sé qualora avesse dovuto fuggire all’improvviso da una catastrofe, il Nostro ha risposto con queste precise parole:

“…dopo che ho parlato così bene dei libri, lasciatemi dire che io porterei via il mio disco rigido esterno di 250 giga, che contiene tutti i miei scritti degli ultimi trent’anni. (Qui)

Notevole, vero? Il nostro uomo avrebbe portato con sé <la propria> produzione, abbandonando alla distruzione tutte <le produzioni altrui>, senza dare priorità neppure a un pezzetto molto amato di tutto il pensiero umano.

Come dargli torto. Tutto ciò che avrebbe potuto salvare di quella storia infinita non avrebbe potuto essere altro che la sintesi, originale e unica, delle letture che aveva fatto proprie. Che altro.

Rientrando in tema: piccoli libri, dicevo, di una piccola-media editoria, insostituibile come lo sono un piccolo ristorante o una buona trattoria rispetto al Centro cottura che serve le grandi mense.

Ci ho girato intorno. Il fatto è che nella prima settimana di ottobre – per la precisione, nel corso di tre giorni, dal 4 al 6 ottobre – al Castello di S. Salvatore, in quel di Susegana, in Provincia di Treviso, si è tenuta la 17° edizione di:

LIBRI IN CANTINA – MOSTRA NAZIONALE DELLA PICCOLA E MEDIA EDITORIA

 “Mostra-esposizione di vari editori da tutta Italia, rappresentanti della piccola e media editoria. Presentazioni di libri e autori. Concerti musicali. Reading di poesia. Intrattenimenti d’arte In una cornice spettacolare e suggestiva.”

È un appuntamento cui tengo, che ogni anno mi procura piacere, stress da rinuncia e qualche buon libriccino, solitamente qualche piccolo classico di difficile reperibilità; nonché uno sguardo a piccole case editrici di grande interesse.

Ed ecco, tra il bottino di quest’anno, alcuni titoli interessanti:

Robert Louis Stevenson, “Elogio dell’ozio”, con testo inglese a fronte. A cura di Franco Venturi. Traduzione di Angela Ferretti. Editore La vita felice, 2012 (sesta edizione)

Si tratta di uno scritto molto breve. Il libro (testo inglese più testo italiano) consta, in totale, di circa cinquanta pagine, comprensive di una breve Presentazione e di una Nota bio-bibliografica.

E no, non potrà venir accreditato tra le opere maggiormente significative dell’autore. Regala tuttavia un piccolo tempo al sorriso, quando sostiene l’utilità, al fine dell’apprendimento, del marinare la scuola, concludendo così un azzardato teorema:

“Basti affermare questo: se un ragazzo non è in grado di imparare dalla strada è perché non ha alcuna capacità di apprendimento”.

Per non dire del, per certi versi lapalissiano: “…se una persona non riesce ad essere felice se non rimanendo pigra, ebbene che resti pigra.”

Ammetto, ai miei nipoti consiglierò, di questo autore che amo molto, “L’isola del tesoro” e non questo breve saggio, pure se, lo devo dire, regalandomi il breve tempo di un sorriso, potrebbe anche avermi convinto.

Hanno fatto seguito altri due titoli di questa casa editrice:

Issa, “Haiku scelti”, a cura di Lugi Soletta, con testo giapponese in caratteri latini a fronte.

Virginia Woolf, “Leggere, scrivere, recensire”, a cura di Franco Venturi, nota di Leonard Woolf. Testo inglese a fronte. Edizioni La vita felice 2015

Possedevo già il libro della Woolf nell’edizione Marcos y Marcos 1990, che mi risulta essere stata l’ultima e oggi quantomeno di difficile reperibilità. Perché ne ho, consapevolmente, acquistata un’altra edizione? Mah! Sono cose che faccio. Ha sicuramente giocato il mio interesse per la casa editrice: le debbo il piacere di aver potuto leggere, e recensire, due altri libri pressoché introvabili e, almeno per me e a diverso titolo, di grande interesse:

Charlotte Perkins Gilman, “Terradilei”, a cura di Franco Venturi, editore La Vita Felice 2015  (qui)

Freya Stark, «Lettere dalla Siria», Traduzione di Daria Angeli, editore La Vita Felice, 2014 (qui)

Devo tuttavia rilevare come, giunta a casa, e avendo sentito il bisogno/piacere di confrontare i due testi, di confrontarne le traduzioni, mi sia imbattuta, volendo tralasciare, che so, un avverbio qua e là, nello stesso identico testo.

Normale? Può essere. Non posso saperlo. L’originale testo inglese a fronte non consente, a me, valutazione alcuna diversa da, per l’appunto, un confronto e un giudizio sulla qualità del testo italiano. Ho peraltro dedicato a questa lettura solo un breve tempo rubato alla preparazione della cena.

Vedrò. Certamente, nel riacquistarlo in una diversa traduzione, chissà, attendevo qualcosa. Ora, desidero rileggerlo. Potrebbe essere una prossima recensione.

Hanno completato il mio piccolo bottino due piccole opere editate da una giovane casa editrice abruzzese, attiva dal 2006, che non ricordo di aver in precedenza incontrato: Galaad Edizioni.

Lev Tolstoj, “La tempesta di neve”, Traduzione di Ada Prospero, Postfazione di Michele Toniolo; Galaad Edizioni 2018

Una pubblicazione benemerita, dato che l’edizione Mondadori che conteneva questo racconto – Oscar classici, 1996, “La tormenta e altri racconti” – è fuori catalogo e dunque quantomeno difficile da trovare, mentre altre edizioni, potrei sbagliarmi, risalgono al 1960 o sono antecedenti e dunque quasi sicuramente irreperibili.

Sono stata attratta anche dalla Postfazione che Michele Toniolo, con il titolo “Il canto dell’identità” ha scritto dando voce alla tempesta di neve che ci parla di sé e di come altri autori l’abbiano descritta. E ci parla del racconto di Lev Tolstoj: un breve racconto nel racconto.

“Sono fatta di sabbia; sono fatta di pioggia e grandine; è facile, in Russia, che mi accompagni alla neve. Quando è buio, nella steppa, nascondo le stelle……

…non sempre gradisco le parole che mi raccontano. Alcune mi hanno maltrattata, altre mi hanno umiliata. Lermontov mi ha raccontato in fretta e con incuria, come una cosa tra le tante, in testa aveva gli occhi di camoscio di una ragazza circassa. Puškin mi ha ridotto a banalità narrativa…Di scrittori russi, su di me, per rabbia, non ho letto altro. Ma una notte del 1854 ho voluto colpire un giovane pieno di sé perché mi ricordasse. Tornava dal Caucaso nella sua casa di Jasnaja Poljana. L’ho avvolto, l’ho impaurito…; non mi ha usata, non mi ha umiliata. Ha parlato di me. Con gioia scrivo qui il titolo del suo racconto, che è uno dei miei nomi: La tempesta di neve. Eccomi, sono io…. “

Ho dunque acquistato anche un piccolo saggio – tema: la parola che chiede di essere scritta – di Michele Toniolo, nome a me in precedenza totalmente sconosciuto.

Michele Toniolo, “La solitudine dell’immaginazione”, Galaad edizioni 2016

Si tratta di un testo che, come accade sovente con i testi brevi (sono circa venti pagine) non si lascia leggere velocemente. Nel caso, ne racconterò.

 

A distanza di una settimana, ho ascoltato, presso la Libreria Einaudi di Treviso la presentazione di un libro – Titolo: “Il rifiuto di obbedire” – contenente scritti sociali e politici di Lev Tolstoj, raggruppati per temi – Antimilitarismo, Non violenza, Educazione, Decrescita, Vegetarianesimo, Stato Potere e Società – raccolti a cura di Francesco Codello, per la casa editrice elèuthera, 2019.

Non ho mai affrontato, mai osato proporre, qui, i grandi autori russi. Né, per la verità, li rileggo di frequente.

Mi è avvenuto di confessare il mio <non amore> per Anna Karenina (è così: dopo la meraviglia della prima parte, mi annoia e mi irrita. Una vergogna ma è un fatto) e il mio grande amore (e cosa altrimenti) per “Guerra e pace”, libro che ho riletto e rileggo.

Confesso ancora: rifuggo, oggi, da Dostoevskij (giovanilmente, credo come tutti, ho adorato i Karamazov, poi non più).

Forse, è giunta l’ora di un riavvicinamento – a proposito: non ho mai letto Lermontov. Occorrerà provvedere.