Molto rumore per nulla?

Lawrence Ferlinghetti, “Scoppi urla risate”, Edizioni Sur 2019

Traduzione di Damiano Abeni

Con una Nota dell’editore, Marco Cassini

 

Un poeta: lo si legge per dare una forma al tempo che stiamo vivendo.

La poesia è concretezza di una nostra ora, di un luogo, ma anche dell’ovunque cui la nostra ora e il nostro luogo partecipano. Da incarnare.

Non si legge un poeta a caso.

31 ottobre 2019 – ho FINALMENTE tra le mani “La compagnia dell’Anello”. Prima Parte di “Il signore degli anelli” nella traduzione di Ottavio Fatica.

Nel frattempo, sto leggendo “Le Benevole” di Jonathan Littell.(qui, e qui)

(Sono in compagnia? C’è qualcun altro che lo sta leggendo?)

È una lettura lenta. Il libro richiede soste per recuperare alla memoria, localizzare, luoghi e fatti; per decifrare termini vari; per recuperare nomi, precedenti e correlati della Storia; per riflettere, periodo dopo periodo, su ciò che si sta leggendo, cercando di dare ascolto alla pagina senza farsene travolgere.

Impossibile tuttavia, per me, non interrompere questa lettura e non precipitarmi in una Terra di Mezzo, che attendo rivestita a nuovo. Prefazione originale dell’Autore. Prologo:

“Questo libro tratta in larga parte di Hobbit e dalle sue pagine il lettore scoprirà molto sul loro carattere e un poco della loro storia.”

Giunta alla casa di Tom Bombadil, non è ancora il momento per dirne. Anche se, in me, urge il desiderio di parlarne. Gli appunti, le note a margine, si accavallano; mentre mi impongo di trattenere un <giudizio> (termine improprio) prematuro.

Dovrò far ordine. Dovrò leggerlo, e confrontarlo, integralmente.

Quando la lettura si fa lavoro, appassionante, persino frenetico, che non tollera di venir interrotto dallo svago di una buona lettura di intrattenimento, il rifugio è la poesia; con il suo tempo-luogo dilatato, il suo tempo fermo in cui sia possibile un essere nel mondo che, muovendo da un punto, il pensiero possa accogliere intero, fattuale.

Le cose vere. Le cose che sono. Quelle che non lo sono, denudate, come per un’epifania, dal caramello che le ricopre – dalla fatica-nausea del dover ciucciare a lungo per dissolvere la dura incrostazione dolciastra che nasconde il gusto dolce-amaro del vero. Che lo maschera di sé dicendo: accogli me invece!

Poesia contenitore del nostro ieri e oggi, domani forse; dei fatti del mondo, quei fatti cui è imperativo guardare; che non hanno casa dentro queste pagine ma la trovano, oh se la trovano.

Le priorità. Tra un libro che maneggia-manovra drammi di una Storia recente, che ancora incombono alle nostre spalle…

(che si ripetono, che vivono intorno a noi, che ci circondano e premono, che riducono il nostro spazio di folla asserragliata “a casa sua”, che non riconosce case altrui, umane o, più semplicemente, viventi, se non per riscontrarne l’esistenza con emoticon nel social di turno che assolve l’anima. Parlo per me…)

…e la traduzione di un libro che, già violentato da una filmografia disgraziata (sono soldi, tanti, e tanto basta, immagino) sfrucuglia, no, vengono alla mente i brufoli, meglio dire punzecchia dettagli per la gioia di, forse solo, addetti ai lavori.

E no, sicuramente è, questo, un commento ingiustificato. Chiamiamola una prima emozione, dettata da una qualche fatica.

Due lunghe letture di cui è presto per poter dire qualcosa –  su ciò che valgono per me, non altro.

È ben chiaro che sono confusa. Mentre mi chiedo il perché, un ricordo mi coglie; viene alla mente, si fa voce. È un titolo, divenuto luogo comune:

Molto rumore per nulla”.

Non vedo cosa abbia a che fare con tutto questo. Deve averlo, se la mente lo ha ripescato.

La poesia, dunque, cui ritornare. Parole senza rumore. In questo oggi. Per il nostro oggi.

Viene in soccorso Lawrence Ferlinghetti (qui ), con silenziosissimi Scoppi urla risatein punta di piedi.

 

DAL LIBRO DEI SOGNI DI GREENE PEACE

Ho sognato

Moby Dick la Grande Balena Bianca

che nuotava portando un’insegna –

«Io sono ciò che resta della Natura Incontaminata»

E Achab che l’inseguiva su un motoscafo

con fucili laser e arpioni ad aria compressa

e super-cariche di profondità

e lanciafiamme al napalm e

vibratori elettrici subacquei

e tutta quanta l’efficiente sanguinaria gloriosa

tecnologia militar-politico-industrial-scientifica

della più grande civiltà

che madre terra abbia mai conosciuto

dedicata all’estinzione assoluta

del mondo naturale

E il Capitano Achab

Capitan morte

Capitano Apocalisse al timone

della nave assassina di morte

E le balene dagli occhi azzurri

esauste e in fuga

ma che ancora

cantano l’una all’altra…

 

 

LE GRIDA DEGLI ANIMALI AGONIZZANTI

In un sogno dentro un sogno ho sognato un sogno

in cui tutti gli animali morivano

tutti gli animali dappertutto

morivano & morivano

gli animali selvatici gli animali a pelo lungo

gli animali alati gli animali piumati

animali con gli artigli & le scaglie & la pelliccia

andavano in calore & morivano & morivano

in foreste pluviali sempre più sparute

in pinete e sierre d’alta quota

su praterie sempre più ridotte & “mesas” di sterpi rotolanti

catturati picchiati affamati & inebetiti

messi alle strette e venduti

specie inadatte al nomadismo

che vagavano sradicate come l’uomo

Tutti gli animali gridavano

nei loro nascondigli

fuggivano furtivi fuggivano strisciando

nelle ultime lande selvagge

nel fitto sottobosco

nell’ultima Grande Selva

oltre le montagne

tagliate dai tornanti

oltre le paludi

oltre le pianure e i recinti

(il West conquistato da macchine di filo spinato)

negli altopiani

nei bassopiani

nei grandi delta dei fiumi

tagliati dalle autostrade

 

In un sogno dentro un sogno li ho sognati

nutrirsi & accoppiarsi & fuggire & nascondersi

le foche bastonate sulle banchise

le foche dal soffice pelo bianco e il cranio sottile come

guscio d’uovo

le grandi testuggini verdi bastonate & mangiate

gli uccelli esotici presi nelle reti & ingabbiati & impastoiati

rare bestie selvatiche & rettili strani & bizzarri non-lo-so

catturate per gli zoo

da ricettatori barbuti

che poi girano per Singapore

su limousine tedesche

con puttane francesi

 

In un sogno dentro un sogno ho sognato un sogno

in cui tutta la terra si seccava

riducendosi a un tizzone bruciato

per il celebre Effetto Serra

sotto una volta di anidride carbonica

soffiata fuori da un miliardo

di infernali motori a scoppio

mischiata all’odore dolciastro della carne che brucia

E tutti gli animali si richiamano a vicenda

In linguaggi cifrati che non potremo mai capire

La foca e il manzo gridano

con la stessa voce lo stesso grido

Le ferite non si chiudono mai

nella comunità degli animali

Noi rubiamo loro la vita

per nutrire la nostra

e delle loro vite

sono disseminati i nostri sogni

 

In un sogno dentro un sogno ho sognato un sogno

di lotta quotidiana per l’esistenza

nel modellino a molla dell’universo

il tritacarne vorticante del mondo

sul punto di divorare se stesso

 

Lawrence Ferlinghetti ha compiuto cento anni il 24 marzo scorso.

Questo libro è preceduto da una bella Nota dell’editore, Marco Cassini, fondatore della casa editrice Minimum Fax, di cui le Edizioni Sur sono una preziosa filiazione. Ed è, dice Marco Cassini, “il biglietto di auguri e la festa che gli abbiamo preparato dall’Italia”.

Una raccolta preziosa; l’ultima del poeta pubblicata negli U.S.A. dalla New Directions, la sua storica casa editrice, come lui, monumento e storia della poesia e della narrativa statunitense e non solo, del ‘900.

In esergo a questo “Scoppi urla risate”, una frase di Samuel Beckett:

“Quando sei nella <merde> fino al collo, non ti resta che cantare.”

O fare poesia.