Filippo Ceccarelli, “Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua”, Feltrinelli 2021
Ho letto questo libro: una lunga lettura. Quasi mille pagine.
Non saprei categorizzarlo (non che sia importante); un saggio? Una carrellata biografica sugli uomini del potere politico nella storia della Repubblica Italiana? Attraverso la documentazione, in veste di summa, lunga quanto la storia della Repubblica italiana, raccolta da un giornalista specialista di cronaca parlamentare.
Sto leggendo questo libro con due anni di ritardo; e in questo ritardo ci potrebbe stare un aspetto interessante: Ceccarelli si ferma alla compagine politica uscita dalle elezioni del 2018. Da De Gasperi-Nenni-Togliatti a Renzi-Salvini-Di Maio, dunque. E oggi? Mentre il sistema-partiti, lo strumento costituzionalmente previsto per la raccolta e l’organizzazione del consenso nelle democrazie si va disfacendo?
Nel frattempo, il mondo è travolto da guerre, pandemie, dal disastro climatico in atto.
Potrei dire che è stata, per me, una lettura (che considero ancora incompleta; certe parti dovrò rileggermele meglio) molto utile per un tentativo di orientamento sul nostro oggi italiano: un, forse, punto di partenza per leggerne i rischi (molti, troppi) e le possibilità (fragili) mentre il mondo in cui ci ritroviamo, che in questa lettura non viene tematizzato, ci presenta il conto.
Quasi mille pagine, dicevo: una vita (più o meno la mia, in effetti, a fare a pugni con ricordi e vaghezza di memorie, vecchie risate e furori, dentro un mondo che era quello ed è stato altro; tra cose incongrue, rotture di paradigmi; conflitti e alleanze. Non so, alla fine, cosa ne rimarrà.
La domanda: sarà interessante, o anche solo utile; sarà decifrabile, con quali categorie sarà leggibile questa nostra storia per le giovani generazioni; per i cittadini nelle cui mani dovrebbe stare il nostro futuro? Il condizionale è d’obbligo, a fronte di una cittadinanza troppo vecchia che incombe su di loro.
Leggo, e penso: interessante. Poi: bellissimo. Poi, fa ridere, di un riso che fa male, un po’, tanto, per dirla tutta. Nostalgia e qualcos’altro. Ancora una volta: Non so.
La scrittura di Ceccarelli allevia il tutto, va detto, almeno fino a un certo punto: ci ritroveremo almeno a sorridere; fino al momento in cui, e proprio in forza di una eccellente, simpatica, bonomia di forma, non giungerà l’affondo del bisturi, retto con mano sicura.
Non si riderà più, quando la comicità sarà frantumata dal grottesco; quando la sempre possibile risata, da parte del lettore, sarà divenuta un po’ isterica.
Ceccarelli imbroglia, dobbiamo dirlo, e ci porta ad ammettere: non c’è niente da ridere. Ci chiama a rispondere, forse, come cittadini, di tutto ciò che sta avvenendo?
Facciamola facile: avete presente la prima volta che mamma (una mamma d’antan, credo) ci ha detto “Vieni qui che non ti faccio niente”? E noi ci siamo andati, fiduciosi?
Sociologia del potere italiano, di questo si tratta. Vivremo, in due tempi più un intrigante e, diciamolo pure, drammatico intermezzo, la frequentazione di personaggi, e di partiti veduti, dal 1945 fino al nostro oggi (o quasi), nel loro tempo.
In una prima parte li vedremo agire dentro un quadro di regole, valori, concordanze e divergenze (nonché tattiche, anche impensabili) condivise che, ad un certo punto – seconda parte – si frantumeranno sfociando in una anomia fatta di istanti, che del tempo non saprà più tener conto alcuno. Meno che mai, dunque, di un progetto, di una direzione, nella condivisione di un quadro valoriale che le differenze sempre prevedono: del tipo, ci devo essere io perché possa esserci tu; lo sappiamo; e avremo cura del patto capace di salvaguardare la ricchezza della nostra diversità.
Il tutto, raccolto ad opera di un giornalista; attraverso la cronaca, dunque, che raccoglie fatti, aneddoti, comportamenti; interni ad una cultura cui anche il cronista appartiene; in tempo reale.
Ma cosa accade se, di tutta la cronaca di un presente di costume, destinata per sua natura a durare il breve tempo del resoconto, verrà operata una restituzione, se ne verrà derivato uno studio longitudinale?
Val la pena di narrare l’origine di questo lavoro, che ha avuto una gestazione lunga, per l’appunto, tutto il tempo di cui l’autore ci restituisce una lettura: non semplice cronaca, dunque; e tuttavia non ancora storia. Sicuro materiale per gli storici.
La cosa sta così. Filippo Ceccarelli, nato nel 1955, e dunque nato alla professione giornalistica a ridosso della seconda parte di questa sua storia degli uomini del potere politico italiano, ha, nel corso di tutti gli anni della sua professione, raccolto articoli, opuscoli, materiali vari relativi alla cronaca parlamentare, che copre la cronaca politica italiana dal suo inizio a tutto il 2014; fino a riempire di questa sua mania di studioso, diciotto armadi.
Ha ordinato, catalogato, questi suoi materiali, li ha dotati di un indice, rendendoli consultabili.
Nel 2015, ha infine regalato il tutto alla Biblioteca della Camera, rendendolo disponibile per la consultazione.
Con ogni evidenza, ha provveduto, per sé, a farne un riepilogo che gli ha consentito, con altre fonti, di riassumere, per così dire, il quadro degli uomini del potere politico che ci offre con questo libro. Gli storici, un giorno, gli dovranno essere grati. Ma credo lo si debba essere anche noi, suoi eventuali lettori, nella nostra contemporaneità.
Non considero, come detto, ancora terminata questa lettura. C’è bisogno di un’aggiunta, di centellinarne le diverse parti, di un ritornare a questo, a quello – se ne accorgerà chi la vorrà leggere; lo sa bene chi l’abbia letta.
Un libro da leggere, anche in una prima lettura, solo apparentemente leggera, a step. Filippo Ceccarelli è una ottima penna; conosce inoltre bene gli strumenti di scrittura del cronista, la fluidità, la chiarezza; l’umorismo, l’ironia. Il fraseggio sintetico, la battuta qualificano un linguaggio attraverso cui egli maschera, con falsissima bonomia, il peso che ci caricherà sulle spalle.
L’autore non ride, in effetti, finge solo di farlo; pure se sorride, con umana simpatia per i nostri grandi miti fondativi, rassegnato ma accogliente, credo, dell’umana natura.
C’è una prima parte: C’era una volta la DC; c’era il Partito Socialista; c’era il Partito Comunista. C’era l’M.S.I. (Movimento Sociale Italiano – Mussolini Sempre Immortale, per i militanti?) e la sua particolare storia di esclusione/inclusione.
Sfilano dinanzi a noi personaggi, antropologie del potere italico ben note; mentre l’orecchio interiore ascolta aneddoti, impensate relazioni, involontarie comicità, sbruffonerie e paradossali ingenuità.
Assisteremo al formarsi di un quadro impensato, trascorrendo lievemente di aneddoto in aneddoto, tra una nota di colore e l’altra. Sarà la rappresentazione di una, più una, più una umanità composita e stranamente coerente; tra armi sguainate – di fronte a sé il progetto, il sistema di valori assunto, l’obiettivo da raggiungere – e improbabili alleanze, impensati accordi, giochi di prestigio nel contempo saputi e mai veduti.
Finché tutto cambia. E non si ride più. O si ride male: il sorriso, il disincanto lascia il posto al grottesco.
Che fare, con questi qui? Scegliete voi di chi volete si stia parlando. Vanno bene anche tutti, ancora una volta uno, più uno, più uno – ci sono poche “lei”, in questa storia; possiamo dire che non ce ne sono del tutto (e qualcosa vorrà pur dire).
Quando Filippo Ceccarelli ha dato alle stampe questo libro – nel 2021 – la guerra in Ucraina non era ancora, vogliamo dire ufficializzata? Perché, a tutti gli effetti, c’era, eccome: non ufficiale, per l’appunto. Si preferiva – preferivano/preferivamo – non sapere.
C’era il Covid e, dibattito no e pro vax a parte (chiamiamolo “dibattito” per educazione; potremmo chiamarlo caciara, per condividere la simpatica romanità di Filippo Ceccarelli) che ci faceva essere, tutti, un po’ defilati, rinchiusi, del genere tra color che son sospesi, dentro un limbo, se andava bene senza pena e senza gioia.
Sono trascorsi quasi due anni; e nulla più, oggi, potrebbe consentirci la finzione – che tuttavia ancora cerchiamo: la fantasia non ci manca; una capacità ironica e commediante neppure.
Una cosa ancora: non so, in verità, se sto consigliando la lettura di questo libro. In effetti sì. Assolutamente. Sapendo bene, tuttavia, che, nella sua estrema leggibilità, è un libro che chiede fatica come esercizio di cittadinanza.
Può irritare, proprio per la leggerezza con cui “riferisce” e, in buona sostanza, finisce per non parlarci dei politici, e dei Partiti principali della nostra “Prima” e “Seconda Repubblica”: ci parla di noi, come cittadini, e il ritratto che diveniamo costretti a vedere difficilmente ci può piacere.
__________________________________________
(1) La Biblioteca della Camera è aperta al pubblico dal 1988; la Biblioteca del Senato dal 2003. Le due biblioteche condividono gli spazi del medesimo complesso architettonico, l’insula domenicana, con l’ingresso per la Biblioteca della Camera in via del Seminario e per la Biblioteca del Senato, in piazza della Minerva.
Con un comunicato congiunto del 10 novembre 2006 i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati hanno dato avvio ad un processo di integrazione e coordinamento tra le due biblioteche parlamentari.
Il Polo bibliotecario parlamentare è finalizzato a:
- rendere maggiormente visibile e fruibile il patrimonio documentario delle due biblioteche da parte della cittadinanza, del mondo dell’università, della scuola e delle professioni;
- attivare tutte le possibili sinergie nel trattamento e nella conservazione dei materiali, nella diffusione dell’informazione e nelle iniziative culturali;
- coordinare e razionalizzare i servizi all’utenza parlamentare con particolare riferimento alle risorse in formato digitale e ai servizi in rete;
- uniformare l’accesso e l’offerta di servizi al pubblico;
- promuovere i rapporti con il sistema bibliotecario nazionale e internazionale.