Mi regalo un piccolo delirio. Vorrei provare, davvero, a sbrogliare un pensiero che talvolta accenno, senza riuscire a vedere dove porta; un pensiero che si disperde su strade secondarie. Tema, ovviamente libri, librerie, case editrici; potremmo metterci anche le professioni del libro: la filiera del libro; e i suoi lettori. Un tema che, per me, è stato ed è il filo conduttore degli anni che ho vissuto e che sto vivendo, dal tempo in cui ho avuto una minima coscienza di me.
Ho il ricordo lontano, che ancora mi emoziona, di un libricino di poche pagine, di quelli stampati su carta spessa, grezza, di scarsa qualità; pagine per lo più disegnate a colori con pochi spazi irregolari per la scrittura, poche righe ad ogni pagina.
Conteneva una favola, di cui non ho memoria; ma in me è rimasta, indimenticabile, una illustrazione, che occupava la parte in alto della pagina a destra. Vi era disegnata, a tinte pastello, una figura di principessa, sospesa in un cielo diurno indefinito, che doveva rappresentare, credo, la luna. Era bellissima ai miei occhi: abiti mossi dal vento, traslucidi, fiori come accessori le ornavano le spalle; i capelli, biondi e lunghi a contornare un volto dagli occhi azzurri – dovevo essere molto piccola e non avevo ancora iniziato ad odiare le principesse dai capelli biondi e ondulati e mai, proprio mai, neri e ricci sempre aggrovigliati come i miei.
Ricordo ancora tutta la meraviglia, lo stupore, il fascino insostenibile di quell’immagine da sogno che è rimasta, per me, il piacere, il bisogno, l’irrinunciabilità di un libro – e mia mamma doveva leggermi e rileggermi quella storia di poche righe.
Da allora, e ancora non sapevo leggere, il mondo dei libri non ha mai avuto, per me, soluzione di continuità. Fino ad oggi?
Avevo riportato, da “Storia dei librai e della libreria dall’antichità ai giorni nostri” : “È proprio nell’impero romano, come ricorda Mollier, che il commercio del libro assume una forma moderna…la taberna libraria di Pompei descritta da Mollier non sembra così diversa dalle nostre librerie”. (Qui)
È stato un mondo che, rimanendo irrinunciabile, e nei secoli uguale a se stesso pare, ora, inficiato da un cambiamento in atto che continuo – continuiamo? – a non (voler) vedere.
Nel trascorrere del tempo sono cambiati i supporti, sono cambiati i modi della produzione del libro ma, nella sostanza, la libreria odierna è davvero, ancora, la taberna libraria dei primi secoli d.C.
Ciò che invece appartiene a una storia relativamente recente e che forse, ora, sta producendo il cambiamento, sono i lettori, non più pochi privilegiati che facevano casta a sé; e sono le Case Editrici, realtà nate in epoca moderna a seguito della nascita della stampa periodica, delle prime Gazzette.
Va peraltro detto che anche la stampa periodica, come peraltro la stampa dei libri, sono nati dall’attività dei librai che non solo diffondevano il libro ma ne erano i tipografi e, con l’avvento del quotidiano, gli autori/editori. Ed ecco, a poco a poco – nei grandi agglomerati urbani che si vanno formando, con il diffondersi della società industriale; con il correlato diffondersi dell’alfabetizzazione – le attività di produzione e di vendita/diffusione del libro si separeranno. Nasceranno le case editrici. E i libri, nei loro molteplici formati, nelle loro fatture da pregiate a economiche, vivranno, con la scuola e la lettura per tutti, un lungo periodo di stabilità: fino ad oggi.
Non è la prima volta nella storia che il libro vive una novità nel suo supporto fisico e tuttavia la nascita dell’e-book ha implicato un cambiamento sostanziale. Prima di ora, dopotutto, sempre di <carta> si era trattato; di matericità.
L’e-book – innovazione editoriale ancora precaria, per sua natura instabile, presa com’è dentro un’evoluzione tecnologica che fa della provvisorietà, e del cambiamento la propria natura – ha suscitato, suscita, dibattiti, entusiasmi e respingimenti, mentre non pare che ciò stia avvenendo con la diffusione di un ulteriore nuovo supporto (ammesso che lo si possa definire tale): l’audiolibro.
Con quest’ultima innovazione viene rotto l’equilibrio della relazione che modella il sistema libro-autore-lettore. Non si tratta più di far sì che un qualcosa cambi per poter, a fronte di altri cambiamenti intercorsi, rimanere la stessa cosa (rubiamo a Tomasi di Lampedusa, dai!). Ci si trova ora di fronte a un cambiamento che modifica alle fondamenta il rapporto tra il lettore e il suo libro.
L’audiolibro trasforma la lettura in qualcosa di diversamente fruibile; aggiunge al libro qualcosa che non gli apparteneva; toglie al libro qualcosa che gli era sostanzialmente proprio.
E tuttavia, un testo è e rimane qualcosa di indipendente dal supporto. Del genere: potrei non leggere mai più una riga e ascoltare invece qualcuno che narra e ancora narra; qualcuno che spiega, che regala pensiero, che mi parla di enigmi, che pone domande, che sfida non fornendo risposte, che sfida a falsificare le risposte che offre? Potrei? Non lo so: dovrei, immagino, prendere appunti. Non saprei bene come fare.
Posso vedere un buon film, andare a teatro; ascoltare musica, guardare un quadro. Si tratta pur sempre di modalità di ascolto – pensiero – emozione; di esperienze di vita che comportano una narrazione, che la accompagnano. Che implicano, sono esse stesse, la parola, quella che fu all’inizio e da cui tutto ebbe origine.
Pure, il libro è altro. Il libro è interrompibile, parla al ritmo che il lettore gli dà, si ferma e riprende la propria storia a comando, consente la riflessione e di venir riletto, sospeso, riletto ancora. Sottolineato. Commentato a margine.
Il libro annulla la solitudine e la permette. E dunque?
C’è un cambiamento in atto; qualcosa che non ha a che fare con il supporto del libro – con l’e-book, con l’audiolibro; qualcosa che non ha a che fare con la produzione del libro e con le modalità della sua distribuzione. Si tratta di qualcosa che ha a che fare con <il cambiamento come stabilità> che caratterizza il nostro tempo; che ha a che fare con il predominio della tecnica – “la forma più alta di razionalità mai raggiunta dall’uomo” ci dice Umberto Galimberti, – che consente di operare razionalmente ma che, nel nostro tempo, può diventare, in luogo di razionalità che permette lo sviluppo strumentale di tecnologie nelle mani dell’uomo che le domina, qualcosa da cui l’uomo viene dominato.
Galimberti: “La tecnica governa il mondo e l’uomo è ridotto a funzionario dei suoi apparati.”
Nel frattempo, mentre disputiamo sugli e-book e sul profumo della carta; mentre guardiamo con simpatia all’audiolibro – che, come l’e-book, è uno strumento molto apprezzabile, non foss’altro per chi ha problemi di vista; trascorrendo dal leggere allo scrivere (qualcosa che poi verrà letto): ecco apparire Chat GPT*, strumento che consente all’utilizzatore di generare testi, creare contenuti a partire da una traccia – del genere scrivi una storia su di un x che si innamora di un y che ama z che verrà pertanto ucciso da x: ed ecco un bel rosa-noir pronto per noi! Alla faccia dell’autore!
Oh, non lo so, magari non sarà proprio così, oggi il sistema è ancora, forse, grezzo. Da qualche parte ho letto che è equivalente, per intelligenza, a un bambino di nove anni. Ma i bambini crescono; e i bambini virtuali lo fanno velocemente; e basterà attendere un tempo risibile per ottenere che il sistema, creato per perfezionarsi con l’esperienza, porti a risultati di eccellenza tecnologica. Per poi, immagino, morire rapidamente sostituito da qualcos’altro.
Qualcosa sta accadendo; e sarà un qualcosa in movimento, qualcosa che non avrà un punto di caduta sul quale assestarci. Sarà qualcosa che ha a che fare con la parola <LIBRO>, con il legame significante-significato che la connota/che forse non la connota più; che ha a che fare con un mondo ormai <alfabetizzato per natura>, che dunque <legge>, al punto che le eccezioni costituiscono scandalo.
Ha a che fare con l’esplosione delle attività editoriali, queste sì, a differenza del libro, di nascita recente se confrontata alla millenaria storia del libro.
Ha a che fare con la discriminante che esiste tra un <Libro> e quello che io continuo a chiamare un <Oggetto di lettura a stampa> che non è, come si potrebbe pensare, il romanzo di intrattenimento, il giallo, il chiamiamolo prodotto narrativo di largo consumo. Grandissimi capolavori – e dunque <Libri> nel senso alto della parola – fanno parte di questa categoria.
Nel frattempo, noi stiamo, come dire, immobili: aspettando Godot nella forma di un qualche dot.com che organizzi la nostra vita di lettori?
È sempre bello andare in libreria; è ancora un tempo magico e tuttavia qualcosa si è rotto, irrimediabilmente.
Una fantasia: rimarranno le librerie, rimarranno le Biblioteche nella loro forma millenaria, quella per cui esistono per rifornirci di <Libri>. Vivranno appartate mentre, ecco, no, nessuno brucerà i libri: non sarà necessario, basterà che vivano nelle loro nicchie, ancora una volta per pochi dentro librerie indipendenti capaci di avere un Catalogo, di parlare ai lettori e ascoltarli parlare, cercando insieme un comune averne cura.
E le biblioteche? Come evolveranno?
Nel mentre, dentro grandi sbrilluccicanti Centri Commerciali ognuno troverà il grande spazio degli oggetti da lettura a stampa pronti all’uso: manuali, oroscopi e istruzioni per fabbricare a casa propria la bomba atomica o la torta della nonna insieme a noir e storie d’amore e di odio pronti per un intrattenimento senza pretese.
Dove si collocherà la Settimana Enigmistica? E la stampa periodica? mentre le edicole stanno sparendo e, con loro, una piccola storia del libro capace di raggiungere il lettore senza intimidirlo come, diciamolo, un po’ fanno le librerie.
Avevo scritto: Talvolta vengo assalita da una fantasia disgustosa: mettere a maggese, per un anno, a livello mondiale, l’attività delle case editrici. Per un anno chieder loro di vendere gli avanzi di magazzino. O nulla, dai. Rileggeremo ciò che abbiamo in casa, ci rivolgeremo alle biblioteche. I librai avranno cura di vendere tutte le giacenze, senza più fare rese, e ad altissimo prezzo.
Dovremmo salvare i giornali? Ci sarebbe molto su cui riflettere. (qui): ovviamente rimanendo, i libri, irrinunciabili per la vita.
Ora, non so. Mi contorco. Il futuro è qui e non si fermerà, per nessuno. Come sempre, sarà buono. E inatteso. Andrà tutto bene.
Dico per davvero: non so perché, ma ne sono certa.
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* Chat GPT: Chat Generative Pre-trained Transformer: prototipo sviluppato da OpenAI, l’organizzazione non-profit di ricerca sull’intelligenza artificiale che promuove lo sviluppo delle cosiddette Ai amichevoli (friendly Ai o Fai) (in:https://www.wired.it/article/chatgpt-guida-utilizzo/)