Ho sul tavolo un pacchetto di letture prossime venture, di cui per ora ci sarà solo un’immagine. Niente di che, piccoli acquisti al Book Pride di Milano dove – almeno per me è così – non si va a cercare il libro della vita (pure se può capitare, certo); dove il divertimento sta nel trovare cose così, un po’ goderecce un po’ meno. Brancicando prodotti di piccole, non sconosciute ma anche sì, case editrici di buona volontà.
Ho portato a casa una piacevole scorta di piccoli libri; e l’incontro con qualche piccola Casa Editrice di grande interesse.
Avrei amato fare un’incetta molto più sostanziosa, ma mi sono trattenuta in considerazione del (non) banale tema portafoglio (e spazio in casa: dovrò decidermi a sfoltire i miei scaffali) ma pure perché so bene, sappiamo tutti, credo, come poi vanno le cose: ammonticchiare libri non è una buona pratica; l’esito sarà libri che verranno trascurati, entusiasmi che si spegneranno a fronte della mole di ulteriori novità/non novità del giorno dopo giorno cui non saprò resistere; a fronte delle sciocchezzuole che finirò per acquistare in e-book per affrontare la notte senza patemi.
Ora, dunque, possiedo alcuni libri da non trascurare. Ma dal Book Pride ho riportato, dicevo, l’incontro con alcune piccole interessanti Case Editrici che, temo (e forse auspico) mai diverranno sufficientemente grandi mentre, nel frattempo, produrranno forse dei gioiellini.
Non salveranno la letteratura italiana; non salveranno le librerie indipendenti (e neppure, tempo al tempo, quelle di catena che non moriranno: diverranno qualcos’altro; qualcosa che non amerò vedere).
Nel frattempo piccole C.E., nella loro creatività, nella assurdità dei loro business plan, costituiscono ai miei occhi la speranza nel futuro. Costituiscono forse il <vero>, ancora, lavoro editoriale: un’attività artigianale che (illusoriamente, non del tutto) si propone di fare <libri>, di averne cura, di diffonderli, di contrastare: chi? Cosa? Amazon? Che sempre più mi pare un destino; nonché un adeguato capro espiatorio, fonte di distrazione di massa mentre la grande editoria e il collo stretto della distribuzione travolgono indisturbati, e solo apparentemente indenni, la vita dei libri.
Nella grande editoria vediamo (mi sbaglio?) la caduta del livello medio della produzione letteraria presente nel mercato italiano – altrove non saprei: e ci sta a perfezione la favoletta della rana che, venendo posta nella pentola di gradevole acqua tiepida, non si accorgerà del fuoco che, acceso sotto la pentola, la porterà, lentamente, a morire bollita nella più totale ebetudine.
Ho incontrato una C.E. dal nome evocativo: GOG, come il personaggio di una raccolta di racconti di Giovanni Papini: che scopro solo ora.
Mai ho frequentato questo autore, pur essendo un nome ben noto – e anche questo fa parte di un mainstream nonché di una, in questo caso mia, ebetudine, per la quale ho certamente posto una inconsapevole censura nei confronti di un grande autore del nostro novecento, in forza di un malinteso politically correct.
Dobbiamo pur dirlo: ci sarebbe da operare una interessante rivisitazione del catalogo accreditato degli autori italiani del ‘900.
Gog, dunque. Il “Chi siamo” del sito (qui) recita:
«Mi vergogno a dire dove ho conosciuto GOG: in un manicomio privato».
“Comincia così il libro omonimo di Giovanni Papini da cui abbiamo preso in prestito il nome. Gog è un personaggio eccentrico che si confronta con tutte le idee e ideologie del suo secolo, fino a uscirne pazzo. Noi, come lui, vogliamo abitare in ogni idea per un istante, entrare nelle viscere della nostra epoca. Gog si rivolge quindi a coloro che non si condividono, che sono in disaccordo con se stessi, che contengono moltitudini in lotta dentro di loro, che vogliono capire sapendo che non arriveranno mai a una conclusione, che non leggono per “il piacere della lettura” ma per salire sulla sommità di una montagna e sentire il brivido di una vertigine (…)“
(Ohmmioddio, io, per la verità, leggo anche per il “piacere della lettura”, e continuerò a farlo: un po’ di buona lettura di intrattenimento non ha mai fatto male a nessuno. Per non dire che anche la narrativa <non di intrattenimento> (che sarebbe?) “intrattiene”. Ma proseguiamo):
“(…). I nostri libri vogliono fissare queste vertigini senza lasciare mai intatto il lettore, che a ogni pagina deve sentire vacillare le proprie certezze. Perché siamo convinti che i libri siano ancora una tecnologia all’avanguardia, l’unica in grado di creare conflitti interiori, di spezzare anime, di lacerare certezze, mandare all’aria esistenze, perché crediamo che i libri possano ancora servire a qualcosa e a qualcuno, anche al caos, in ogni caso alla vita, nel bene o nel male.“
(Gulp! Gasp! Un po’ roboante, ma perché no, dai). Tanto più se, a decorare la postazione ci sta un libriccino – un pamphlet: copertina nera, titolazione in bianco, un’ottantina di pagine.
MANIFESTO CONTRO L’EDITORIA E gli editori, i librai, i distributori, gli agenti e i critici letterari, i direttori delle terze pagine culturali e quelli dei festival, contro i premi, gli ISBN, le scuole di scrittura creativa
Vorrei raccomandare: questo pamphlet va letto, un punto e a capo per ogni soggetto del sottotitolo, che occuperà poco meno di cinquanta paginette. Potremmo concordare? Senza dubbio: sì. Su tutto? Anche <ni>: ma va bene ugualmente.
In aggiunta, troveremo – cap. IV – undici brevi “Racconti dell’orrore dalla redazione di una piccola Casa Editrice” (fintamente) politically incorrect: una nota a margine valga come esempio:
“(…) e a noi il Piccolo Principe non è mai piaciuto, il serpente che ha mangiato l’elefante era chiaramente un cappello, gli adulti hanno sempre ragione, il Piccolo Principe non sa disegnare e ha fatto bene a emigrare su un altro pianeta, aiutiamolo a casa sua.”
Genere, ricordo esilarante e liberatorio: “La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!”
E va bene: furbate pazzesche in entrambi i casi.
GOG ha un catalogo interessante. Autori di qualità, anche controversi per il mainstream.
Un libro per tutti: Jean Douassot: “La gana” (qui)
Libro introvabile. Autore: pseudonimo di Alfred Jean Lucien Deux, (1924 – 2015) disegnatore francese e scrittore.
«Un altro odore mi piaceva pure. Mi bagnavo il dorso della mano con la saliva, e dopo averla fatta stare un po’ all’aria, annusavo. M’ero ficcato in capo che fosse quella la morte, l’odore della morte. Il babbo si arrabbiava nel vedermi sempre annusare. Peggio d’un cane, andavo in cerca di tutto ciò che puzzasse».
Per ora, questo libro si trova anche su Amazon (come peraltro altri libri del Catalogo. Vedi : Alberto Negri, “Bazar Mediterraneo”). E questo ne dice, su Amazon, la quarta di copertina:
Quando nel 1958 “La Gana” è arrivato nella redazione della casa editrice Juillard, l’allora direttore Maurice Nadeau, dopo una prima lettura, disse di aver avuto gli incubi per diverse notti di seguito. (…) Non si tratta di un libro, ma di un aborto, un testo disgustoso e raccapricciante – che tuttavia respira. (…) In questo romanzo oltraggioso, che supera in oscenità anche i libri più degenerati di Miller e Sade, Jean Douassot si spinge dove nessun altro ha osato andare, né prima né dopo di lui. Tenta di insudiciare il candore dell’infanzia, per scoprire che, sorprendentemente, quella luce resiste anche al fango più nero.
Ma ecco: GOG ci dice, nel suo pamphlet, (unico libro portato al Book Pride), a fronte dell’impossibilità (documentata, indiscutibile) per un piccolo editore, di sopravvivere nel mercato editoriale italiano – e attraverso “Amazon & compagnia, che non fanno distinguo tra un libro e una tazza” – che opterà per “uscire fuori da tutto, dire addio al mondo”.
Vale a dire, se ho capito bene, che lasceranno la distribuzione attraverso Amazon nonché la distribuzione attraverso Messaggerie e A.L.I. (Agenzia Libraria Internazionale s.r.l.)? Faranno ciò, affermano, non sapendo se questa loro scelta sia sostenibile ma non volendo ulteriormente compromettersi con un “sistema perverso cui va imputato il collasso del mercato editoriale, un collasso che forse non è ancora evidente (…) in termini economici (benché le librerie chiudano una dopo l’altra) ma sicuramente in termini qualitativi”; e non volendo reggere il gioco a una “offerta sempre più scadente e omologata, il turnover incessante di libri a obsolescenza rapida che sconvolgono settimanalmente le librerie, la trasformazione delle catene in <hard discount> della cultura, la ghettizzazione dei piccoli editori.”
Vorrei spezzare una lancia per Amazon. Quello che ne dite è tutto vero e tuttavia:
Amazon non si spaccia per un editore, riconosciamoglielo; si dichiara quello che è: un venditore, di una tazza o di un libro, non importa. Non mistifica quello che fa, spacciandolo per “cultura”;
Amazon consente di reperire libri altrimenti introvabili, dei quali la libreria dichiara semplicemente che sono “fuori catalogo” (anche quando non è così – esperienza personale).
Amazon diventa scelta necessaria per molti libri, buoni, che la libreria non tiene oltre qualche mese e, diciamolo, che senso ha ordinarli in libreria: meglio ordinarli direttamente alla casa editrice – o, quasi inevitabile, ordinarli su Amazon;
Ultimo: Amazon vende il formato e-book che, per chi è anziano e ha qualche difficoltà di vista, non è per niente secondario.
Post-ultimo (e non so se vale solo per me): lo spazio-libreria di casa ha i suoi limiti. L’e-book consente di scegliere, dopo averli letti, a poco soldo, i libri da procurarsi in cartaceo – il solo e unico <vero> libro. E consente di poter portare con sé, vedi in viaggio ma non solo, una intera biblioteca.
Non è poco.
Dai, GOG, vedete di resistere. Non so come ma fatelo.
(Segue: per altre C.E. e per i libri conquistati)