Pare che le mie letture non vogliano abbandonare il loro disordine; che tuttavia lascia intravedere, qua e là, qualche sprazzo di luce. Sto, mi pare, passeggiando nel bosco; e nel folto degli alberi, dove sentieri solo intravisti si intersecano, un sottobosco di desideri discordanti, curiosità passeggere, umori altalenanti, impedisce l’orientamento.

Non è un brutto stare, conoscendo che – accade sempre – il fitto si diraderà, suggerendo una vicina uscita alla luce; quando riapparirà un sentiero per il paese di Proprio Là, dove, senza saperlo, eravamo diretti.

“Qual è lo scopo della tua filosofia?

Mostrare alla mosca la via d’uscita dal barattolo.”[i]

  

Ci sono per tutti, credo, i periodi delle letture disordinate. I giorni in cui si trascorre di libro in libro rimanendone, non dico, delusi, ma con la sensazione di non aver trovato le pagine di cui si sentiva il bisogno; i giorni delle riletture a spezzoni, un po’ di questo un po’ di quello, senza trovar pace.

Ora sto finalmente leggendo un libro che mi terrà occupata per un po’ di buoni giorni, parecchi, credo; avendo forse ritrovato un percorso: nel qual caso – ma ne sono ormai certa – sarà la prossima recensione.

Nel frattempo, cerco di far ordine tra letture sparse, molto buone e, solo forse, meno buone, cui mi pare di dover rendere giustizia (in attesa, chi lo sa, di una nuova lettura), riponendole negli scaffali, con la dedica di una piccola nota.

Grace Paley, “Fedeltà”, minimum fax 2011. Traduzione di Livia Brambilla e Paolo Cognetti.

 

Dopo Raymond Carver e Donald Barthelme – è trascorso un po’ di tempo ma era passato da queste parti anche il poco più anziano William Saroyan  – è necessario chiudere, per il momento, con quel tempo e quei narratori.

Vorrei farlo con un ritorno a Grace Paley (1922 – 2007), e alla Poesia che, a ben vedere, è la matrice di tutti i Racconti. Non ci possono essere dubbi: dentro ad ogni buon racconto opera un poeta, che ha scelto un linguaggio un po’ diverso, solo in apparenza più accessibile; che si è dilettato utilizzando un leggero mascheramento, tra cronaca e fiaba.

Donald Barthelme, “Atti innaturali, pratiche innominabili”, Minimum Fax 2005. Traduzione di Ranieri Carano. Prefazione di Aimée Bender

Donald Barthelme, “La vita in città” Minimum Fax 2013. Traduzione e Prefazione di Vincenzo Latronico

 

 Ho detto, credo, altre volte, il mio amore per i racconti, anche se di rado ne propongo la lettura.

abbuffateDopo un periodo di abbuffate, ci starebbe; ma più che altro, finite le feste, ci si trova alle prese con resti vari, bocconi sparsi di golosità che intasano congelatori frigoriferi e dispense, e inducono alla crisi di coscienza: buttare no, non va bene; arrangiarci su qualche pranzo e cena, dal punto di vista della salute, non rappresenta il massimo, non corrisponde alla dieta bilanciata che sarebbe necessaria. Purtuttavia: è la sola strada che consentirà di non sprecare e, solo a seguito, riprendere le buone regole, soddisfacendo nel contempo il palato (perché, ecco, si tratta di bocconcini golosi, e “non sprecare” dà anche, ancora, piacere). Poi, solo poi, riassumeremo i corretti comportamenti alimentari. Avendo ben presente che non di solo pane vive l’uomo.