Grace Paley, “Fedeltà”, minimum fax 2011. Traduzione di Livia Brambilla e Paolo Cognetti.
Dopo Raymond Carver e Donald Barthelme – è trascorso un po’ di tempo ma era passato da queste parti anche il poco più anziano William Saroyan – è necessario chiudere, per il momento, con quel tempo e quei narratori.
Vorrei farlo con un ritorno a Grace Paley (1922 – 2007), e alla Poesia che, a ben vedere, è la matrice di tutti i Racconti. Non ci possono essere dubbi: dentro ad ogni buon racconto opera un poeta, che ha scelto un linguaggio un po’ diverso, solo in apparenza più accessibile; che si è dilettato utilizzando un leggero mascheramento, tra cronaca e fiaba.
A meno che non si tratti, per l‘appunto, di Grace Paley che, nei suoi racconti, temo non si sia affatto curata di mascherare alcunché e meno che mai la poesia del suo sguardo sul mondo, impegnata com’era a vivere e a provare interesse per tutto il suo prossimo, senza distinzioni se non, ecco, con un occhio di assoluto affetto per le donne, le amiche, suo prossimo diretto, vite e vita del quartiere. Non si è affatto curata, nei suoi racconti, ha anzi accuratamente evitato, di produrre qualcosa che somigliasse a una trama, vale a dire a qualcosa che rinchiudesse i suoi personaggi, lei stessa, uno spezzone qualsivoglia di vita, dentro un orizzonte chiuso, quando nessun orizzonte lo è. Non si è certamente chiesta, pur sapendolo benissimo, se stava o meno facendo Poesia, nella scelta del suo metro.
“Tutti dicono che i miei racconti non hanno trama, e questa cosa mi manda fuori di testa. La trama non è niente; la trama è solamente tempo, una linea temporale. Tutte le storie hanno una linea temporale. Una cosa succede, poi ne succede un’altra”
Non ha curato neppure, tornando, con la sua ultima opera, alla poesia – era stata la sua prima voce – di evitare che un tempo, una storia, sfiorassero la costruzione di una trama (qualsiasi cosa ciò voglia dire) nei suoi versi.
Alla fine, a conferma, Grace ci ha lasciato questo volume – un testamento e un viatico per il nostro futuro, quasi un passaggio del testimone per una vita buona, impegnata a protestare, e ad allungare lo sguardo al futuro dei figli e dei figli dei figli – dove pare aver radunato tutto, le donne, i vecchi, i bambini; l’amore per un uomo e la pioggia di aprile; e due vecchi alberi sradicati che, al termine della vita, loro e sua, le daranno il conforto di un accompagnamento. Il conforto del vedere le cose nel loro giusto ordine, come debbono essere.
Educazione
Aver vissuto abbastanza a lungo
e non troppo lontano dallo spegnersi
di una coppia di alberi antichi
la chioma alta e fiorita
sulle braccia spezzate aver conosciuto
un solo grande albero pieno e robusto
e poi nei miei anni
le spade arbitrarie del sole rovente
del fulmine dei graffi della scabbia della carie
nei boschi dietro alla nostra casa
l’abete sradicato dalla tempesta
(l’uragano del trentotto) un accidentato
rigonfio cimitero lo vedi
è buona cosa in una vita ordinaria
essere stata testimone del duro lavoro
di una lunga morte……il modo in cui un unico
ramo lassù riesce ancora ad avanzare solitario verde
pallido
e più verde verso la luce
nutriente del sole
C’era stato anche il momento in cui fare il punto su di sé, su di una vita condivisa con i molti con cui ha vissuto; e che ha visto, insieme a lei, avanti a lei, camminare e invecchiare.
Molti
Gli organi riproduttivi
e ricreativi
di molti amici più vecchi di me sono
stati dichiarati ridondanti nocivi
per un corpo laborioso
anche dopo operazioni chirurgiche estreme
molti di noi nell’occidente
farmacologico sono in grado di vivere bene non
essere arroganti è essenziale
Io ho subito l’amputazione
del mio seno sinistro detesto la sua assenza
ma sono sulla porta di una grande stanza rumorosa
piena di volti familiari molti
di noi non vivranno a lungo molti
pagando un duro prezzo pensano che ce la faremo
Poi ancora: i fiori selvatici e le zinnie dell’orto; poi chiudere i conti con le apparenti piccole contraddizioni che le creavano grosse difficoltà e la rendevano allegra: “bel problema – commenta parlando di lei Paolo Cognetti – essere femminista eppure tanto innamorata degli uomini”.
Qualcosa come un riordino finale, ci dice ancora Paolo Cognetti: importante, per lei e per noi.
“E poi, tanto per non smentirsi, e non concedere nemmeno alla morte di essere presa troppo sul serio, c’è ancora tempo di fare l‘ultimo bucato, controllare il frigorifero e lo sgabuzzino delle scope. E poi è davvero l’ora di andare (…)”
Poesia? Altissima. Racconti? Perché no. Un discorso – una chiacchierata, un lascito. Un memento: in cui ci possiamo ritrovare tutti, donne e uomini, figli di donne e che con le donne vivono, amati e amandole.
Una sintesi? Difficile. Forse i versi che danno il titolo a quest’ultimo libro, preparato in vista dell’arrivo, e che sarà pubblicato postumo; forse quella parola, “Fedeltà” – a sé, alle proprie idee, ai propri valori, all’amore per gli altri – che, nella vecchiaia, tradurrà la “Fede” , appannaggio della sua gioventù, che ha dato senso a una vita e l’ha resa “Parola”.
Fedeltà
Dopo cena tornai al
libro che stavo leggendo ero
arrivata a pagina cento-
quaranta ancora duecentoventi
pensavo quella
sera mentre a cena
parlavamo con una giovane
coppia della densa improbabile
vita del libro in cui mi ero accomodata
i personaggi ormai erano i miei compagni inquieti
li conoscevo sapevo che sarei potuta
rientrare in quelle vite senza alcuna perdita
tanto solidamente le abitavo ho scorso gli scaffali
alcuni libri così cari mi erano mancati
mi sono allungata per prenderli
in mano ho respirato due volte
pensavo all’accelerazione dei giorni
sì avrei potuto rientrarci ma…
No come potevo disertare tutta quell’altra vita
quei seminterrati di città
Abbandono Come potevo essermi permessa
di pensare a mezz’ora di distrazione
quando la vita aveva pagine o decenni da sfogliare
e tante cose stavano per accadere alle persone
che già conoscevo e quasi amavo