Poi, a bancarelle (una, per ora, ultima volta, maledetto lockdown, che già scriverne la parola!) si fa incetta […]
Category Archive: Poesia
E per iniziare questo 2021, un pensiero: ai ragazzi, ai ragazzini e ai giovani donne e uomini che, […]
Costantinos Kavafis, (29 aprile 1863 – 29 aprile 1933) è un poeta che mi ha sempre affascinato e, […]
Ferdinando Pessoa, “Poemi di Alberto Caeiro”. A cura di Pierluigi Raule. Testo portoghese a fronte, Edizioni La vita felice, 1999, 2007
Il custode di greggi
“Pref.
“Leggo, e sono limpido nelle mie intenzioni; ciò che c’è di febbrile nella semplice vita mi abbandona; una calma completa mi invade. Tutto il riposo della natura è con me.”

È giunto il tempo, per me, quello giusto, spero, per vivere pagine lontane, lasciate molte vite fa, senza che mai mi avessero lasciato. Non so se ne sarò capace. Né se potrò, riuscirò a, condividerne qualcosa.
Jack Kerouac: Jean-Louis Kerouac, 1922 – 1969, considerato <il> fondatore del movimento beat (e verrebbe da aggiungere, al solito: “qualsiasi cosa ciò significhi”) è stato, in realtà, e a suo modo, un outsider nel <mondo> che ha creato – come avesse dato il via a qualcosa e, nello stesso tempo, se ne fosse distanziato; è stato seguito da un mondo che, anche sulle sue orme, si andava facendo, mentre è parso non aver mai chiesto ad alcuno di seguirlo.
Lawrence Ferlinghetti, “Scoppi urla risate”, Edizioni Sur 2019
Traduzione di Damiano Abeni
Con una Nota dell’editore, Marco Cassini
Un poeta: lo si legge per dare una forma al tempo che stiamo vivendo.
La poesia è concretezza di una nostra ora, di un luogo, ma anche dell’ovunque cui la nostra ora e il nostro luogo partecipano. Da incarnare.
Non si legge un poeta a caso.

Terminata la lettura di “Il narratore” di Walter Benjamin, mantengo un debito di restituzione di quest’opera sentendo, tuttavia, per un verso di averne già dato un’indicazione e che sarebbe, almeno al momento, inopportuno insistervi mentre, per altro verso, il libro è davvero interessante, denso di contenuti – in aggiunta, ben rilevati e riletti da Alessandro Baricco che, per altro verso ancora (lo dico sommessamente e solo dal mio punto di vista) ridonda e, forse, non sempre è condivisibile.
Parole scritte, parole cantate, in un altro tempo – che forse prefigurava?
Era un altro tempo?
Oggi le reincontro. Mi pare di non doverle perdere.
Ascanio Celestini, 2007
Cadaveri vivi
Jorge L. Borges, “Rimorso per qualsiasi morte” e “Assenza”.
In: “Fervore di Buenos Aires”, Adelphi 2010
Traduzione di Tommaso Scarano
La poesia parla di ciò che non dice. È monca, come il dolore dell’ignominia.
Questo fa, sempre, la poesia. Evoca, tace, dice, chiede silenzio.
Ogni volta, un seme metterà radici nel tempo di ognuno.
Ogni volta, ci ritroveremo a tendere l’orecchio, ad ascoltare l’immenso non detto.
Sono arrabbiata. Molto. La quotidianità del mondo e di casa nostra investe e travolge la lettura, la scrittura, il pensiero.
Travolge vite. Il quotidiano di casa nostra, che è anche il mio, è ogni giorno più impastoiato nelle difficoltà.
E ci si mettono pure quelli che vogliono uccidere la mia lingua-mamma, la voce della mia terra veneta ormai sventrata, annerita, soffocata da figli degeneri che vorrebbero, sia mai, INSEGNARE NELLA SCUOLA UNA “LINGUA VENETA” TAROCCATA INVENTATA MALNATA – ma come, ma cosa – e con ciò seppellire, senza funerale, mandare in discarica, parole e costrutti linguistici che sono casa, intimità, latte materno; amatissimi lessici familiari.
Grace Paley, “Fedeltà”, minimum fax 2011. Traduzione di Livia Brambilla e Paolo Cognetti.
Dopo Raymond Carver e Donald Barthelme – è trascorso un po’ di tempo ma era passato da queste parti anche il poco più anziano William Saroyan – è necessario chiudere, per il momento, con quel tempo e quei narratori.
Vorrei farlo con un ritorno a Grace Paley (1922 – 2007), e alla Poesia che, a ben vedere, è la matrice di tutti i Racconti. Non ci possono essere dubbi: dentro ad ogni buon racconto opera un poeta, che ha scelto un linguaggio un po’ diverso, solo in apparenza più accessibile; che si è dilettato utilizzando un leggero mascheramento, tra cronaca e fiaba.

Allen Ginsberg, “Urlo” (“Howl”) La voce è tratta dall’omonimo film.
Completo questa breve disordinata e parzialissima visita alla beat generation e dintorni (qui e qui): non riesco a non chiudere con la poesia-manifesto da cui tutto è nato – e fa niente se non è proprio <così>, è uno dei tanti <così> di un fenomeno multiforme, di un percorso-sorgente dai tanti rivoli, genitore di molti fiumi, che ancora scorrono; o di cui, forse, oggi, stiamo assistendo alla fine, arrivati ad un mare ignoto (se non confondo l’esaurirsi di un percorso culturale con l’esaurirsi del mio personale percorso).
Janet Frame, “Parleranno le tempeste”, gabrielecapellieditore, Lugano 2017
GCE/POESIA – Collana diretta da Fabiano Alborghetti.
A cura e traduzione di Francesca Benocci e Eleonora Bello
Un piccolo grande libro, da leggere sentendosi profondamente grati all’editore Gabrielle Capelli di Lugano e al curatore Fabiano Alborghetti. La prima antologia in lingua italiana delle poesie di una grande scrittrice.
Janet Frame (1924 – 2004), riconosciuta tra le grandi del ‘900, nel suo diario di adolescente diceva di sé “Tutti pensano che farò l’insegnante, ma io farò la poetessa”.
Edoardo Sanguineti Ballata delle donne Quando ci penso, che il tempo è passato, le vecchie madri che ci […]