Thomas Pynchon, “L’incanto del lotto 49”, Einaudi 2005. Traduzione di Massimo Bocchiola
Mi ero pregustata la lettura di questo libro, unitamente al piacere di una riflessione da condividere, qui, con altri lettori. Non è andata così.
Si tratta di un piccolo libro di grande importanza, del quale scelgo tuttavia, superata la metà del testo, di non terminare la lettura. Non ora. Sarebbe improduttivo. La sprecherei.
Non è stata, tuttavia, una parziale lettura inutile: ha consentito un inizio di pensiero sul periodo, sul genere, su ciò che necessita perché questo libro possa essere letto come merita. Insieme a una domanda sul libro stesso, sul suo essere forse prigioniero di un tempo, per linguaggio, sensibilità, contesto storico.
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