da Wikipedia. Circa 1956

È giunto il tempo, per me, quello giusto, spero, per vivere pagine lontane, lasciate molte vite fa, senza che mai mi avessero lasciato. Non so se ne sarò capace. Né se potrò, riuscirò a, condividerne qualcosa.

Jack Kerouac: Jean-Louis Kerouac, 1922 – 1969, considerato <il> fondatore del movimento beat (e verrebbe da aggiungere, al solito: “qualsiasi cosa ciò significhi”) è stato, in realtà, e a suo modo, un outsider nel <mondo> che ha creato – come avesse dato il via a qualcosa e, nello stesso tempo, se ne fosse distanziato; è stato seguito da un mondo che, anche sulle sue orme, si andava facendo, mentre è parso non aver mai chiesto ad alcuno di seguirlo.

Ted Chiang alla libreria ‘Estudio en Escarlata’ di Madrid, Spagna (scatto di Arturo Villarrubia, 24/02/2011) Wikipedia

Scoprendo l’acqua calda, immagino, mi imbatto su di un autore a me finora totalmente sconosciuto: ed è infatuazione – ancora presto per dire “amore”, immagino; ogni infatuazione ci sembra tale, all’inizio.

E tuttavia, questo autore possiede sicuramente, oltre ad una scrittura godibile, una qualità di contenuto che non lascia scampo al lettore, catturato con leggerezza e tuttavia senza che il compito, l’invito ad entrare nella domanda che ogni racconto presenta, gli venga facilitato.

Come detto nell’ultimo post, a proposito del farsi indicare la strada per la lettura, di libro in libro, dall’autore di turno sono transitata, direttamente, da “Una vita da libraio” di Shaun Bythell (qui) a Letteratura palestra di libertà. Saggi sui libridi George Orwell che contiene, tra altri saggi, anche il breve “Ricordi di libreria”.

Ho scoperto un George Orwell che non conoscevo.

Sugli scaffali della mia libreria si segnala, con ben tre opere, pur non recensite, la presenza di Mark Twain. [i]

Ora, sono reduce dall’essermi goduta “Uno yankee alla corte di re Artù”, pronta a riporlo sullo scaffale trovando impari il compito di una sua adeguata restituzione – e dico impari perché le “storie”, i racconti, i reportages di Twain sono sempre <altro da> ciò che vi si racconta. In esse ogni frase è pietra fondante di un infinito discorso, mentre l’autore intercala, a commento delle sue storie, sintesi fulminee di pensieri che lasciano il lettore a gingillarsi con sani dubbi – nel piacere di una franca risata.

Antoine Volodine

C’è quel particolare momento in cui, nel girovagare tra libri i più diversi, ci imbattiamo in un autore a noi sconosciuto: a noi, beninteso.

Solitamente accade nei giorni in cui, per i motivi più disparati, tra noi e i libri che stiamo leggendo, si è venuta a creare quella certa atmosfera da matrimonio di lunga data: ci si ama, certo, o forse l’espressione più adatta sarebbe “ci si vuole molto bene”, e anche quel po’ di noia è rassicurante. È una conferma.

Eppure, qualcosa manca. Lo stupore, la scoperta; con quella punta di desiderio di andare a vedere cosa c’è là fuori, mentre si arretra, ci si rifugia nella sicurezza di ciò che è noto, amando e riconoscendo i propri compagni di vita (plurale, attenzione: stiamo parlando dei libri, dei compagni di una vita che non si lasciano mai!).

Ernst Cassirer (Wikipedia)

Mentre continuo la lettura di “Tempo degli stregoni…”, si aprono domande, questioni, sulla filosofia tedesca, e sulla filosofia, oggi, in generale.

Premetto: sono questioni rispetto alle quali non ho gli strumenti, altamente specialistici, necessari a sostenere un confronto “scritto”; confido invece nel fatto che, per sua natura, la filosofia è dialogo, è un pensiero che necessita di essere parlato, di costituirsi nel confronto, rimanendo sempre in fieri. E dunque, confido nel fatto che quanto “scrivo” possa caratterizzarsi come dialogo, in quanto segnato dalla forma della domanda, dell’attesa di un’interlocuzione.