C’è una apparente incoerenza tra la vita di Oscar Wilde e la sua opera: quest’ultima appare contraddittoria rispetto […]
Category Archive: Sugli autori
Javier Marìas, “Domani nella battaglia pensa a me”, Traduzione di Glauco Felici, Einaudi 2000 11 settembre 2022. Mentre […]
Alba de Céspespedes, “Nessuno torna indietro“. Mondadori 1961 Andrea Camilleri, Biografia del figlio cambiato, BUR 2001 Ed ecco: […]
Giuliano Scabia, “Nane Oca”, Einaudi 2012 Sto leggendo: un libro che perdura, non per corposità, duecento pagine in […]
Questa donna dev’essermi entrata sotto la pelle. Per più motivi; che fanno più argomenti, cosa che, per scrivere […]
Non occorre dire che Pier Vittorio Tondelli è considerato, a ragione, una delle maggiori voci della narrativa italiana […]
Ed eccomi incappata nuovamente in un libro che mi ha entusiasmata, di cui racconterò a stretto giro. E […]

È giunto il tempo, per me, quello giusto, spero, per vivere pagine lontane, lasciate molte vite fa, senza che mai mi avessero lasciato. Non so se ne sarò capace. Né se potrò, riuscirò a, condividerne qualcosa.
Jack Kerouac: Jean-Louis Kerouac, 1922 – 1969, considerato <il> fondatore del movimento beat (e verrebbe da aggiungere, al solito: “qualsiasi cosa ciò significhi”) è stato, in realtà, e a suo modo, un outsider nel <mondo> che ha creato – come avesse dato il via a qualcosa e, nello stesso tempo, se ne fosse distanziato; è stato seguito da un mondo che, anche sulle sue orme, si andava facendo, mentre è parso non aver mai chiesto ad alcuno di seguirlo.

Scoprendo l’acqua calda, immagino, mi imbatto su di un autore a me finora totalmente sconosciuto: ed è infatuazione – ancora presto per dire “amore”, immagino; ogni infatuazione ci sembra tale, all’inizio.
E tuttavia, questo autore possiede sicuramente, oltre ad una scrittura godibile, una qualità di contenuto che non lascia scampo al lettore, catturato con leggerezza e tuttavia senza che il compito, l’invito ad entrare nella domanda che ogni racconto presenta, gli venga facilitato.
Come detto nell’ultimo post, a proposito del farsi indicare la strada per la lettura, di libro in libro, dall’autore di turno sono transitata, direttamente, da “Una vita da libraio” di Shaun Bythell (qui) a “Letteratura palestra di libertà. Saggi sui libri” di George Orwell che contiene, tra altri saggi, anche il breve “Ricordi di libreria”.
Ho scoperto un George Orwell che non conoscevo.
Sugli scaffali della mia libreria si segnala, con ben tre opere, pur non recensite, la presenza di Mark Twain. [i]
Ora, sono reduce dall’essermi goduta “Uno yankee alla corte di re Artù”, pronta a riporlo sullo scaffale trovando impari il compito di una sua adeguata restituzione – e dico impari perché le “storie”, i racconti, i reportages di Twain sono sempre <altro da> ciò che vi si racconta. In esse ogni frase è pietra fondante di un infinito discorso, mentre l’autore intercala, a commento delle sue storie, sintesi fulminee di pensieri che lasciano il lettore a gingillarsi con sani dubbi – nel piacere di una franca risata.

C’è quel particolare momento in cui, nel girovagare tra libri i più diversi, ci imbattiamo in un autore a noi sconosciuto: a noi, beninteso.
Solitamente accade nei giorni in cui, per i motivi più disparati, tra noi e i libri che stiamo leggendo, si è venuta a creare quella certa atmosfera da matrimonio di lunga data: ci si ama, certo, o forse l’espressione più adatta sarebbe “ci si vuole molto bene”, e anche quel po’ di noia è rassicurante. È una conferma.
Eppure, qualcosa manca. Lo stupore, la scoperta; con quella punta di desiderio di andare a vedere cosa c’è là fuori, mentre si arretra, ci si rifugia nella sicurezza di ciò che è noto, amando e riconoscendo i propri compagni di vita (plurale, attenzione: stiamo parlando dei libri, dei compagni di una vita che non si lasciano mai!).

Mentre continuo la lettura di “Tempo degli stregoni…”, si aprono domande, questioni, sulla filosofia tedesca, e sulla filosofia, oggi, in generale.
Premetto: sono questioni rispetto alle quali non ho gli strumenti, altamente specialistici, necessari a sostenere un confronto “scritto”; confido invece nel fatto che, per sua natura, la filosofia è dialogo, è un pensiero che necessita di essere parlato, di costituirsi nel confronto, rimanendo sempre in fieri. E dunque, confido nel fatto che quanto “scrivo” possa caratterizzarsi come dialogo, in quanto segnato dalla forma della domanda, dell’attesa di un’interlocuzione.