Cory Doctorow, “X“, Newton Compton Editori 2009
I libri ci consentono di abitare mondi, spazi-tempi in cui espandere la nostra vita, affrontare problemi e sperimentare soluzioni che, appartenenti a luoghi e tempi diversi, riconosciamo nostri. La narrativa fantascientifica, in particolare, ci parla sempre del nostro oggi e Doctorow narra qui un domani costituito di oggetti, fatti, contesti, modi delle relazioni, che appartengono indiscutibilmente ad un tempo a noi vicino e in qualche modo noto.
Marcus, uno studente diciassettenne, è un ragazzo che vive nel nostro mondo di oggi-domani e ne sa utilizzare i linguaggi. Con i suoi amici fa quello che tutti abbiamo fatto: marina la scuola, eludendo le regole, e utilizza, per farlo, gli strumenti del proprio tempo, vale a dire la manipolazione di sistemi di controllo informatici.
Marcus è un hacker, nickname “w1n5t0n”, e come lui lo sono i suoi amici Darryl Vanessa e Jolu. Marcus vive in un mondo dove le sue capacità, pur eccezionali, si esplicano in una lingua che la sua generazione conosce e condivide.
Poi c’è una storia che funziona, che tiene legato il lettore per vedere cosa succede e come va a finire, assolvendo molto bene la funzione di intrattenimento che chiediamo ad un libro di questo tipo: c’è un attentato terroristico, i ragazzi si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato con tutto ciò che ne consegue.
Ma qui si colloca il fatto centrale: se gli avvenimenti sono immaginari e appartengono ad un oggi-domani fortunatamente di fantasia, il paradigma che li descrive ci è invece noto.
Questo libro parla di oggi, del nostro tempo, delle cose che avvengono nel nostro mondo, di ciò che fatichiamo a vedere: per gap culturale, per fatica, per incredulità? No, non per incredulità.
E’ una storia che trasporta il lettore non in un futuro più o meno vicino, ma in un oggi della vita di un diciassettenne, una vita laterale ma non altra rispetto alla nostra quotidianità. Il libro mostra l’appartenenza di un’età ad un mondo del quale tutti gli elementi ci sono noti ma la cui somma, la cui sistematicità, dà come risultato un altrove che fa rabbrividire per il suo essere, in qualche recesso della nostra consapevolezza, qui ed oggi, noto e faticosamente negato.
Doctorow definisce la fantascienza una “rappresentazione futuristica del presente”: potremmo dire che questo è un romanzo di fantapolitica. Vorremmo poterlo credere ma è faticoso eludere il dubbio. Leggere questo libro è utile, oltre che piacevole.