Agosto, e non sono riuscita a trovare il tempo giusto per una gita a librerie. Non andava sprecata, di fretta, in tempi residuali. C’era abbastanza da leggere in casa.
Così, mentre sto per finire la lettura di “La scopa del sistema” (con la sensazione che, dopo questo romanzo, non leggerò tutto David Foster Wallace ma, solo forse, avrò voglia di parlarne) mi ritrovo a cincischiare tra i miei libri: il bisogno di recuperare cose che, magari, nuove letture hanno riportato alla luce ma che il tempo ha un po’ appannato e un po’ ammantato di nostalgia. Si trovano, tra i propri libri, vecchi pensieri e vecchi sè e la nostalgia corrompe il ricordo, lo deforma, non necessariamente, ma spesso sì, in meglio. La nostalgia ha certezze che la realtà presente non consente, oppure addirittura falsifica.
Nel tempo, noi non siamo la stessa persona, l’io che legge e il mondo in cui legge sono altri, mentre la continuità dell’io rende difficile vedere i percorsi, e con essi, i cambiamenti. L’incontro di un libro con una vita, con un momento particolare di una vita, è qualcosa di irripetibile, come è irripetibile il ‘noi’ di quel momento. Non per niente ogni buon libro è un’opera sempre nuova E non per niente è il lettore che fa il libro.
Così, ripercorro gli scaffali, un po’ qua un po’ là, lasciando emergere emozioni, ricordi, pensieri. Mi ritrovo, senza averlo scelto, a maneggiare, tra i ripiani delle storie fantastiche, i volumi di una vecchia Collana: “La Biblioteca di Babele. Collana di letture fantastiche diretta da Jorge Luis Borges“, Franco Maria Ricci Editore. La collana comprende 33 opere, editate dal 1975 al 1985. La mia raccolta è incompleta, possiedo solo quindici volumi, non consecutivi, e me ne dispiace. Non so capire il perché, al tempo, io non abbia curato l’acquisto di tutta la serie. Sono libri molto belli, alcune opere oggi credo non si trovino più, o con difficoltà, dovrò controllare. Almeno alcune, dovrò rileggerle. Di altre, mi basta, forse, ricordare, tenere a mente per il momento giusto.
Tra i racconti sicuramente da rileggere c’è “Bartleby lo scrivano” di Herman Melville, un racconto che mi torna alla mente con forza, come sono certa torni, necessariamente, alla mente di chiunque lo abbia letto anche una sola volta. Una storia che disturba la coscienza, come ogni opera di Melville, peraltro, ma in questo caso, per quanto mi riguarda, senza che ne capisca bene il perché; fa nascere un desiderio; illumina una possibilità; la nega, la rende terrifica mentre ne vieni attratto. Nel ricordo di questo libro, che non rileggo da un tempo immane, pur avendolo a suo tempo letto più volte (è il tipo di libro che appartiene ad una certa età della vita? Per sua natura? Anche questa è una domanda che porta a doverlo rileggere) c’è una particolare fascinazione.
C’è poi “Il libro dei sogni” di Borges, che è rimasto nelle mie emozioni ma non nei miei ricordi. E questa, per me, è una caratteristica di Borges, di lasciarmi forti emozioni, intendo, mentre il contenuto che le ha prodotte se ne va.
C’è “Le morti concentriche” di Jack London, che raccoglie cinque racconti, tra cui quello che dà il nome alla raccolta. Tra i Mari del Sud e l’Alaska, tra Indiani d’America e temi sociali, questo piccolo volume di London appartiene dichiaratamente alla categoria delle letture fantastiche: come tutto London, nella cui lettura si è portati e trasportati sempre e comunque altrove. Questo avviene anche quando la scrittura di London è fortemente legata al reale e ai problemi della società, coerentemente con la vita che egli condusse, insieme impegnata e vagabonda, massimamente legata alla concretezza così come all’inseguimento di un sogno. E persino un racconto come “L’ombra e il baleno” mostra i due volti dell’ancoraggio alla realtà e del fantastico che la realtà contiene, dei limiti connaturati all’umano e del bisogno/dovere di superarli. Mostra le due facce, quella solare e quella nascosta della vita e del mondo: “Tu dimentichi, mio caro Lloyd” – disse. “Dimentichi cosa?” “Dimentichi – proseguì Paul – dimentichi l’ombra“.
L’Ombra. Tra i libri di questa Collana c’è “Venticinque agosto 1983 e altri racconti inediti” di J. L. Borges“, volume in onore dell’autore nel suo 80° compleanno, che l’Editore Ricci ha voluto inserire come regalo, di nascosto da Borges, curatore della collana.
Il racconto che dà il titolo alla piccola raccolta (sono quattro racconti, una intervista di Maria Esther Vazquez e una cronologia della vita e delle opere dell’autore), frequenta il tema del doppio e il tema del suicidio. E il tema dell’Aldilà, un piccolo richiamo al libro VI dell’Eneide; immagino in particolare alcuni versi, e non è importante se sia stato così per l’autore (vale per me, è il lettore che fa il libro): “Sono due le porte del Sonno; di esse una si dice sia fatta di corno, attraverso la quale è dato alle ombre vere un facile passaggio; l’altra è rilucente e fatta di candido avorio, ma gli dei Mani inviano al cielo atttraverso di essa sogni fallaci“*
*(Eneide, Libro VI, trad. Giuseppe Bonghi)