Das Rindfleischetikettierungsüberwachungsaufgabenübertragungsgesetz: per la traduzione, continuare la lettura.

Vanna Vannuccini, Francesca Predazzi, Piccolo viaggio nell’anima tedesca, Feltrinelli Editore 2014. Nuova edizione.

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Ci sono molti muri da abbattere – Berlin Mauer, Foto Paolo Zatti 2013

 Diciamo innanzitutto che la prima edizione di questo libro risale al 2004 e questa è l’ottava: dunque questo libro non è passato inosservato e molti lo hanno già letto. Tuttavia, questa ottava edizione è aggiornata, vi si trovano riferimenti al presente che la rendono una interessante prima edizione per tutti coloro che non lo avessero ancora letto.

Come categorizzare questo lavoro di due giornaliste? Mi ero già posta questa domanda, nell’anticiparne la recensione. E’ un saggio? un reportage giornalistico? Una ricerca linguistica? Un po’ tutto questo.

Certo un saggio, ma anche molto altro. Perché, compiendo un percorso attraverso parole con le quali la lingua tedesca esprime concetti non presenti, o non così precisamente concettualizzati, in altre lingue (e dunque in parte, intraducibili, se non attraverso parafrasi non brevi né esaustive), le due autrici ci conducono a conoscere e comprendere un pezzo della storia tedesca che ha formato la storia d’Europa e dunque anche la nostra.

Si tratta del percorso che il popolo tedesco ha compiuto e sta compiendo, per giungere a una ricomposizione della propria identità, che non neghi la memoria del ‘900 ma che ne tragga linfa per costruire un nuovo buon edificio. Una ricostruzione che i tedeschi perseguono a partire da quella che chiamano Stunde null, ora zero, l’ora della caduta del nazismo.

Questo viaggio è compiuto attraverso le parole, perché “l’uomo vede le cose sostanzialmente, anzi direi esclusivamente, nel modo in cui la lingua gliele propone[i]; ed è un viaggio le cui strade sono parole-concetto, tipiche della lingua tedesca e che, ad esempio nelle lingue latine, ma non solo, non esistono. In altre lingue i concetti espressi da queste parole tipiche necessitano di un’intera frase per essere espressi e il risultato non permette la stessa chiara univocità del significato, consentendo equivoci, fraintendimenti, interpretazioni soggettive che il tedesco non potrebbe concepire.

Avremo così – è la parola che il libro presenta per prima, consentendo un avvio di lettura con aspetti curiosi e divertenti – Schadenfreude: gioia maligna, è la traduzione italiana che più si avvicina, ma ha un significato più universale. Vale come gioia che si prova per le disgrazie altrui, e, concettualizzata in un singolo vocabolo, assume un carattere di sentimento universale, che appartiene ad ognuno, specifico dell’essere umano e dunque qualcosa che <deve> avere un vocabolo che lo esprima. Poco importa se ciò comporta lo stupore da parte dei parlanti italiano, francese, inglese, spagnolo, che cadono dalle nuvole sentendolo, cui peraltro corrisponde lo stupore dei tedeschi quando scoprono che le altre lingue non possiedono un vocabolo che esprima questo concetto.

Ma anche Zweisamkeit, proviamo a tradurla con un neologismo? Può andare “Dualitudine”? In contrapposizione a Einsamkeit, “solitudine”: Zweisamkeit è la solitudine a due, propria della coppia che vive in simbiosi e si isola dal mondo.

Di parola in parola, attraverso altre parole della vita quotidiana come della vita sociale, si ricostruisce la particolare Weltanschauung tedesca, una visione del mondo, dell’uomo, di Dio, dell’insieme di tutto ciò, che non ha traduzione ma non ne necessita in quanto viene riportata, come parola “italiana” (nel senso di: in uso nella nostra lingua) dal Devoto Oli, “perché con la parola Weltanschauung nel Novecento la Germania ha invaso il pianeta. (…) La Weltanschauung della Germania nazista è stata il più grande trauma della Germania tedesca, che ha finito per rendere l’essere tedesco un vero e proprio dramma individuale.

E incontreremo, nelle parole e nei loro significati, la storia recente, con i suoi grandi personaggi e con personaggi di sfondo, non secondari per lo sviluppo di un nuovo Zeitgeist, spirito del tempo, pensiero dominante di un’epoca – in realtà è difficile, con le nostre perifrasi, definire questo termine. Come è difficile per i tedeschi identificare oggi uno Zeitgeist in cui ancora riconoscersi.

Oggi, Berlino capitale lo sta rendendo, se pure in un modo ancora incerto, nuovamente possibile.

Il percorso attraverso cui veniamo accompagnati, dove le parole sono strade, ha un suo punto di arrivo nella riflessione sulla caduta del muro di Berlino, sul suo costituire un nuovo punto di partenza, non privo di difficoltà. In mezzo, tra l’orrore della guerra e dell’Olocausto e la caduta del muro, la strada tedesca ha attraversato un periodo di devastante perdita di identità, per non dire di rifiuto della stessa, una separazione per la quale il senso dell’Ora Zero non è stato lo stesso per chi è rimasto da una parte e chi è rimasto dall’altra: in entrambi i casi dentro mondi che chiedevano una profonda revisione di tutta la propria Weltanschauung, la costruzione di una diversa visione del mondo.

Chiudiamo con leggerezza riprendendo il titolo di questo pezzo: una parola tedesca, forse neppure la più lunga in assoluto tra le tante lunghissime parole di questa lingua, ma comunque importante in quanto è stata eletta parola dell’anno nel 1999. (Ebbene sì, i tedeschi eleggono ogni anno, in luogo di una Miss, tre parole, significative sul piano linguistico, o sociale, che è la stessa cosa).

Il popolo tedesco ha riconosciuto, in tale parola, un divertente eccesso, in quanto derivato non dal bisogno di fissare un concetto complesso ma da un attacco di burocrazia acuta. Sì, la lunghissima parola posta a titolo di questo pezzo è il nome della “Legge per la ripartizione dei compiti sul controllo delle etichettature della carne bovina”. Chi altri se non una burocrazia tedesca poteva concettualizzare una tale legge, dotandola dell’identità data dal venir espressa attraverso una parola?

 

[i] (Wilhelm von Humbolt: “Deutsche Erinnerungsorte” – “Luoghi della memoria tedesca”, di Etienne Francois e Hagen Schulze)