Novembre arriva portando nostalgia di vecchi libri

Il mullino sulla FlossNei miei programmi si è immesso un nuovo libro, che nuovo non è ma di cui sono rientrata in possesso; e si sono immesse alcune idee, o meglio, domande, anche queste non nuove ma che si sono ripresentate, e sono probabilmente destinate a rimanere tali, salvo condividerle.

Parto dal fatto che, in questi giorni, sono molto contenta perché ho ritrovato un bel libro che non avevo più, tanto che mi verrebbe la voglia di proporlo: ma c’è un problema, in questo momento non è editato e non si trova nelle librerie.

Il libro è “Il mulino sulla Floss”, di George Eliot, uno dei grandi classici della letteratura dell’ottocento che dà vita a Maggie Tulliver, una delle figure femminili più alte che la narrativa abbia prodotto, nonché opera di un’autrice la cui storia personale, insieme alle sue opere, spicca nel panorama letterario ma anche sociale e storico dell’epoca. Incredibile il momentaneo vuoto di pubblicazione di questo romanzo.

Vi racconto la storia di questo mio libro. La mia prima copia di questo romanzo, edizione 1957, nella benemerita collana Biblioteca Moderna Mondadori, copertina in cartone giallino rigida, era stata perduta (o devastata dalla manipolazione, fatta praticamente a pezzi a forza di brancicarne le pagine e a suon di lacrime goccianti in corso di lettura adolescenziale; e io avevo una mamma che non amava le cose rotte sporche e malconce e, per quanto adorasse i libri, era capacissima di eliminare quelli, diciamo, non di pregio, a suo parere troppo irrimediabilmente disastrati.

Ho letto “Il Mulino sulla Floss” la prima volta da ragazzina, molto ragazzina, e ci ho pianto sopra tutte le mie lacrime; e poiché, come tutte le ragazzine, fosse un libro fosse un film, piangere di gusto mi dava una gran gioia, il libro è stato letto e riletto e letto ancora, fino a conoscerlo a memoria.

Poi, essendo trascorsi “quel tempo e quell’età”, l’adolescenza progredì verso la gioventù, l’università e il ’68, e Maggie Tulliver venne (quasi) accantonata, tra un Marx e un Marcuse, infilandoci un don Lorenzo Milani di “Lettera a una professoressa” e “L’obbedienza non è più una virtù”, con qualche incursione tra i (vabbè) pensieri di Mao, anche se io, zitta zitta, senza dirlo a nessuno, continuavo a bearmi delle sventure di Maggie Tulliver come di Natal’ja Il’inična Rostova e di Anna Karenina.

Infine, lasciata la mia casa dell’infanzia, e con la casa il libro, quando, a un certo momento, lo ricercai, non esisteva più. Mamma – bugiardissima – disse “Non so, forse un trasloco, sicura che non ce l’hai tu?

Bene: lo ricompero, rimpiangendo il vecchio logoro libro, perché era il mio, e perché anche se magari quella traduzione era pessima e forse ora ne è uscita una migliore, un vecchio libro resta tra gli amori che non si dimenticano.

Bene: Sta di fatto che, dopo aver letto, riletto, prestato, riavuto, il nuovo volume, alla fine l’ho regalato: desideravo regalare “quel” titolo a una cara amica e, non avendo potuto andarne a cercare una copia in libreria in tempo utile per rispettare una data di compleanno, ho regalato la mia copia, rinviando di recuperarlo per me. E NON L’HO PIÙ TROVATO.

Finché: viva internet, viva il circuito dell’usato, me ne è arrivata a casa una copia praticamente nuova in cartone, giallino, copertina rigida, Biblioteca Moderna Mondadori 1957. E’ tornato a casa il “mio” libro! Mancano solo l’ondulazione delle pagine causata dalle lacrime e un bel po’ di sporcizia da brancicamenti, leccate al dito per girare le pagine e orecchie per segnare.

La felicità non è cosa facile da ottenere, forse non è neppure di questo mondo, ma una grande contentezza si può avere con poco.

E questo ha riaperto domande che avevo lasciato irrisolte, sull’opportunità di proporre classici della narrativa – come tralasciare tutti i romanzi dell’ottocento, e non solo? E, seconda domanda, val la pena di proporre libri che oggi non si trovano, che al momento non sono editati?

Gli argomenti pro e contro sono parecchi e non so darmi risposte. Mi viene ovvio tralasciare quelli che sono i “grandi” classici. A parte “Il Mulino sulla Floss”, non è ovviamente il caso che recensisca io, che so, “Guerra e Pace” o “Anna Karenina”. Ma che dire, ad esempio di “Le confessioni di un italiano”, tanto per spaziare a casaccio (non tanto a casaccio, peraltro, se si pensa all’eroina di “Il Mulino sulla Floss”, Maggie Tulliver, e al personaggio della Pisana, così totalmente diverse e, posso dire? così simili nel loro essere ‘sbagliate’ nel loro mondo). E cosa dire di “Il mulino del Po” di Riccardo Bacchelli; ancora un mulino (diverso) che, attraverso quattro generazioni, racconta la storia d’Italia vista dalla parte dei contadini e racconta la storia di una gente, la storia di una cultura locale, e del lavoro. La storia che ci propinano a scuola, come ben sappiamo, evapora incompresa dalla nostra testa e nel nostro oggi fatichiamo a leggere ciò che avviene, in assenza di una memoria. Ma libri come questi ti lasciano il sapere della tua terra, e della terra altrui che diventa tua, in modo indelebile. Te ne rendono padrone.

Certo, il libro di Ippolito Nievo si trova ancora, ma mi chiedo se davvero sia ancora letto. Il libro di Riccardo Bacchelli forse si trova con più difficoltà. Ma, per tutti e due, ne vale assolutamente la pena. Resta la domanda, a me stessa e a voi. Che lascerò come sta.