Postilla a “Scrittrici italiane del ‘900, e altro”

Ricevo da Renza questo commento, che mi pare meriti di integrare “Scrittrici italiane del ‘900, e altro“.

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Torino, Piazza Statuto, incursione aerea del 20-21 novembre 1942 Foto Archivio storico Città di Torino

Sui rapporti tra la Ginzburg e la Morante riporto una bella testimonianza. E’ un po’ lunga ma vale la pena perché, oltre a fornire conoscenza, rivela anche un mondo di cui sentiamo la mancanza.

” Nel ’48, credo nell’inverno, mi arrivò una lettera di Elsa Morante. Mi diceva che aveva appena finito un romanzo e mi chiedeva se me lo poteva mandare. Io abitavo a Torino e lavoravo nella casa editrice Einaudi. Avevo conosciuto Elsa Morante a Roma; ci eravamo incontrate non so più dove; non avevamo scambiato molte parole. Mi sembra di averle detto che avevo molto amato un suo breve racconto, uscito su una rivista anni prima, durante la guerra. Comunque erano stati, i nostri incontri, a quanto ricordo, rari e brevi. Ero però, in quella casa editrice, la persona che conosceva di più. Così ebbi il dattiloscritto di Menzogna e sortilegio: lo ricevetti per posta. C’erano correzioni a mano, in inchiostro rosso. Ricordo con quanto stupore lessi i titoli dei capitoli, perché mi parve un romanzo d’un’altra epoca, e quanto m’incuriosirono alcune parole con l’iniziale maiuscola che trovavo sfogliando qua e là: il Butterato; il Cugino […] Lessi Menzogna e sortilegio in un fiato e lo amai immensamente: però non so dire se ne capii chiaramente, allora, l’importanza e la grandezza. Sapevo soltanto che lo amavo e che da lungo tempo non avevo letto nulla che mi desse tanta vita e felicità. Fu per me un’avventura straordinaria scoprire, fra quei titoli di capitolo che mi erano sembrati ottocenteschi, il tempo e le città che erano i nostri e che avevano, della nostra esistenza quotidiana, l’intensità lacerata e dolorosa; fu per me una grande emozione scoprire che era possibile, nella nostra epoca dove i libri erano annodati e avari, dare al prossimo un’opera così luminosa e generosa. Forse ne capii, in qualche modo, la grandezza. Lavoravo in quella casa editrice da non molto e non avevo certo l’autorità necessaria per decidere, da sola, della pubblicazione d’un libro; mi consigliai con Pavese; mi sembra che lui non lo lesse allora, in dattiloscritto; ma trovò giusto di pubblicarlo.

Nella primavera, di Menzogna e sortilegio erano pronte le bozze, e Elsa venne a Torino per correggerle. Abitava in un albergo vicino alla stazione: un albergo non lontano da quello dove, qualche anno dopo, sarebbe morto Pavese. Io avevo una copia di bozze e lei ne aveva un’altra; ricordo che per la fatica e per l’emozione, e per il timore che aveva degli errori di stampa, le venne la febbre. Quando guarì di quella febbre, usava uscire verso sera e sedersi in un caffè sui viali, e aspettare che venissimo via, dall’ufficio, Pavese, io, Balbo, Calvino; e ci sedevamo là con lei. Discutevano, lei e Pavese, su ogni cosa, ma senza gran rabbia; non andavano d’accordo su nulla; però non c’era, in quelle discussioni, nessuna specie di animosità.”

 

(Natalia Ginzburg, “Menzogna e sortilegio”.

In: «Reporter», Inserto «Fine secolo», 7-8 dicembre 1985, a cura di A. Sofri.

Secondo testimoniane orali raccolte da altri amici, la Morante si trovava a Torino anche ai primi dell’estate, nei giorni dell’attentato a Togliatti; e la febbre da cui fu afflitta durante la correzione delle bozze era da Elsa imputata a una sorta di «bacillo delle macerie»; Torino era ancora in gran parte distrutta.

Renza