David Garnett, “La signora trasformata in volpe”, Adelphi 2020
Traduzione di Silvia Pareschi.
Con dodici illustrazioni di R.A. Garnett
Avevo già iniziato a raccontare di questo libro (qui). Ero incuriosita e pressata dalla voglia di leggerlo, subito, senza por tempo in mezzo. La sua storia editoriale; quel titolo accattivante; il mondo di Bloomsbury, che oggi temo faccia, ormai, un po’ radical chic – Virginia Woolf a parte, o meglio: senza di lei, chi lo ricorderebbe – ma insomma…concediamocelo. La mia generazione sarà forse l’ultima a conoscerne il fascino, un po’ romanzato, certo, a torto o a ragione.
Non è stata una lunghissima lettura, un centinaio di pagine – disegni compresi, che avevo subito guardato, come facevamo (tutti, credo) da bambini, quando ci veniva regalato un nuovo libro: innanzitutto, si guardavano “le figure”, e solo poi, da lì, eventualmente, ci si appassionava alla storia.
Nessun dubbio – potevo brevemente interrompere la lettura in corso, di cui dirò; e tuffarmi in questa: storia? Fiaba?
Belle le illustrazioni, che, in bianco e nero, a loro volta punteggiano i fatti salienti della storia e la sua atmosfera; tanto che, chiuso il libro, non si è presi dal desiderio, (abituale, almeno per me) di rileggerla, bensì dal riprendere, per l‘appunto, a scorrerne “le figure”; e per mezzo loro dal gustare nuovamente il racconto: la sua compostezza, la semplice eleganza della scrittura, che realizzano una perfetta realtà fiabesca in una storia fantastica, irreale e, insieme, tanto, struggentemente, veridica – in quanto pattuita come tale tra autore e lettore: come dev’essere.
Ce lo impone l’incipit, con parole che sarebbe difficile, sul momento, non accogliere:
“Gli avvenimenti portentosi o soprannaturali non sono particolarmente rari, semmai hanno una cadenza irregolare.”
Per proseguire, transitando senza parere dall’eccezionale al portentoso al fantastico
“Magari nel corso di un secolo non accade neppure un prodigio degno di tal nome, e poi capita che ne arrivino tanti tutti insieme; mostri di ogni sorta sciamano improvvisamente sulla terra, comete divampano nel cielo, eclissi atterriscono la natura, meteore cadono a pioggia, mentre le sirene seducono, i serpenti marini inghiottono ogni nave di passaggio e terribili catastrofi affliggono l’umanità.”
Sospesa dunque, come dovuto, l’incredulità, a seguito non ci verrà presentata, a ben vedere, nessuna catastrofe capace di atterrire i popoli, e magari suscettibile, prima o poi, di una qualche spiegazione, come si dice, naturale.
Incontreremo solo una dolce, triste e privatissima storia, foriera, per i suoi protagonisti, di un dolore che, non fosse per il carattere miracoloso, o magico che dir si voglia, dell’evento scatenante il dramma, potrebbe benissimo venir assimilata a tante altre del tutto naturali, in cui fatti di carattere affettivo, sociale, economico, o conseguente a eventi legati alla salute volgono in tragedia vite fino ad allora invidiabili.
Dopotutto, non sono rare le storie di un amore, coronato da un felice matrimonio, che incontreranno una triste fine; e qui ne seguiremo una ammirando (o anche no, valuterà il lettore, mentre cosa davvero pensi il narratore-cronista non viene veramente espresso) la tenacia con cui un marito innamorato mantiene la fede giurata; e lotta per la salvezza del suo matrimonio e di una moglie amata fino a…beh, la favola non va raccontata, nevvero?
Va solo detto che, anche qui, trattandosi pur sempre di una fiaba – sola anomalia il fatto che inizi, anziché finire con un matrimonio che vedrà due sposi vivere insieme felici e contenti (con ciò implicando che, da lì in poi, i due avranno, come dire, una vita normale, con i suoi alti e bassi, ai cui eventi semplicemente nessuno sarà ulteriormente interessato) – la chiusura dovrà comportare comunque, come in ogni fiaba, un esito che restituisca gli eventi alla, buona o meno che sia, piatta realtà del quotidiano.

Non è prescritto che una fiaba debba risolversi sempre bene; ciò che importa, e che invera il racconto, è sempre e solo il suo risolversi in un ritrovato equilibrio; nel mondo della realtà, che non necessita di venir raccontata.
Ci sarà dunque, dentro queste pagine, il piacere del lettore che, tragici o felici che siano gli avvenimenti di cui sta per leggere, può contare sulla tranquillità di una passeggiata lungo un percorso noto, dove non incontrerà inciampi ma solo bellezza, emozioni, secondo il classico schema che vede una situazione segnata da equilibrio venir devastata da un fatto – credibile in forza del patto intercorso tra narratore e lettore – per dar luogo al piacere di seguire l’eroe di turno nelle avversità e negli eventi avventurosi che dovrà affrontare, ben sapendo che la chiusura consisterà comunque in un ritrovato status quo.
Dopodiché sarà possibile chiudere il libro (non prima di averne ripercorso le “figure”), rincalzare il piumone (non so perché, ma le fiabe andrebbero lette d’inverno; come riparo dal freddo e dal buio precoci; se possibile), e disporsi ad un buon sonno.
Ma vediamo la storia.
Il fatto miracoloso, che scatenerà gli eventi, ce lo dice il titolo: un bel, o brutto giorno, Mr e Mrs Tebrick, due giovani sposi molto innamorati, passeggiavano nel bosco mentre, in lontananza, si sentivano i segugi e il suono del corno, a indicare una caccia alla volpe in corso.
Mentre Mr. Tebrick accelerava il passo per assistere al passaggio della caccia, Mrs. Tebrick lasciò improvvisamente la mano del marito ed emise un grido.
Mr. Tebrick si volse e, “dove un istante prima c’era sua moglie, c’era una piccola volpe di un color rosso acceso.”
Il narratore avanzerà qualche ipotesi, per quanto labile, su tale accadimento; qualcosa del tipo: Mrs. Tebrick aveva orrore della caccia alla volpe; il cognome di famiglia di Mrs. Tebrick era Fox e sta a vedere, magari, nel passato, in quella famiglia, poteva esserci stato qualcosa…, i patronimici dopotutto, non vengono creati a caso…; ma, ecco, potremo facilmente concordare come ciò non sia di molto interesse.
Troveremo di maggior interesse le parole con cui l’affezionata vecchia balia di Mrs. Tebrick la descriveva dicendo “Miss Silvia dentro di sé è sempre stata un po’ selvaggia”; mentre il susseguirsi degli avvenimenti, dimostrerà, in effetti, una qualche maggior capacità da parte di lei di far fronte alla realtà (anche se ci verrà chiesto di ammirare la dedizione di lui).
Che dire: una lettura godibile, nel senso più vero della parola; una scrittura godibile, in cui si coglie, e si apprezza, quel tanto di lieve laconicità, con un sentore, leggerissimo, tanto da non poterlo neppure dire tale, di ironia – perfetto esempio di quel divertente stereotipo cui gli inglesi (popolo sanguigno e battagliero quant’altri mai, come tutta la loro storia dimostra) amano affidare un’immagine di sé che più piacevolmente fasulla non si può.
Una favola, dunque: sottilmente irriverente, come, a ben guardare, lo sono tutte le favole – e sta al lettore accoglierne questo aspetto; ed è ciò che, volendo, rende anche quelle in apparenza destinate solo alla prima infanzia una lettura molto godibile anche, e diversamente, per gli adulti.
Tutta l’ironia, e l’irriverenza del narratore verso il proprio racconto, abilmente mascherata; tutto il suo carattere di gioco e di finzione, si riveleranno infatti tali, a sorpresa, nella frase di chiusura: che mi spiace non poter riportare – e che nessuno, qualora decidesse di leggere questo lungo racconto, dovrà andare a sbirciare, pena rovinarsi tutto il piacere.
Bloomsbury, dunque: il gruppo cui David Garnett apparteneva.
Per il lettore, una rimpatriata. Che giustifica, se ce ne fosse bisogno, rendendola assolutamente dovuta, questa nuova edizione. E il desiderio di andare alla ricerca di altre opere di questo autore: “Un uomo allo zoo” (1993), e “Aspetti dell’amore” (2000), edizioni Adelphi, paiono ancora rintracciabili. E chissà, forse si potrà sperare in altre nuove edizioni.
Nel mentre sto leggendo “Oggetti solidi”, di Virginia Woolf, Racconti edizioni: un libro imperdibile, di cui ho già detto.
Sarà una lunga lettura, anche per il desiderio di farla durare. Sarà un piccolo grande lutto il terminarla, e anche no perché, ne sono ormai consapevole, sarà un libro le cui pagine verranno riaperte ancora e ancora; ogni racconto un piccolo grande mondo del pensiero, sempre nuovo, in cui sostare.
Ne racconterò qui? Sarà da vedere. Temo di non sapervi rinunciare, a libro chiuso o magari anche prima; temo di non poterlo fare, per imparità al compito.
Va detto: ho trascurato di aggiornare queste pagine, ultimamente. Mi spiace ma accade quando ci si trova ad avere tra le mani letture come questa – e che, in aggiunta, paino arrivare (ma non è sempre così?) al momento giusto.
I miracoli accadono, come giustamente ci ha detto, iniziando il suo racconto, David Garnett; e vanno assaporati goccia a goccia.