“La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?

Stefano Merenda

Il sogno di Rodrigo

Morellini editore 2020

E rimanendo sulla strada della leggerezza, ho scelto, quale opzione per le letture rigeneranti di questo mese (santo e scellerato, di gioia speranza e depressione dietro l’angolo) il nuovo romanzo, che mi si è presentato a fagiolo, di un autore che avevo già proposto tre anni fa (qui).

Leggero, sottilmente ironico, caratterizzato da una inventiva intrigante, “Il sogno di Rodrigo” è un romanzo che tiene il lettore sul pezzo, preda di ansia da attesa per le vicende che colpiscono la vita del protagonista: tristemente appartenenti, nella veglia, ad una grigia quotidianità; oniriche, surreali ed inebrianti dentro un sogno che, di notte in notte, di sonno in sonno, lo porterà a vivere una vita alternativa, di segno opposto a quella del giorno.

Un romanzo, questo, assegnabile al genere della narrativa di intrattenimento, capace, tuttavia, nel mentre il lettore è letteralmente immerso nelle vicende narrate, e nel mentre trascorre dal sorriso alla preoccupazione al ghigno divertito, di indurre livelli diversi di riflessione, di far incappare il lettore, inavvertito, nella necessità di svolgere un proprio ruolo nella storia, attivando meccanismi diversi di identificazione o il riconoscimento di meccanismi relazionali che gli si svelano secondo ottiche diverse, impensate.

Se il precedente era stato un romanzo di formazione, qui siamo in presenza di un protagonista che vive una piena maturità, disvelando, sottesa – inavvertita? – una domanda che raramente, per non dire mai, si incontra: una domanda sul <maschile>; su cosa sia essere un uomo; guardando, tra le righe, a questa identità con una buona vena di ilare ironia. È una domanda che si incontra solitamente nella narrativa al femminile, dove abbondano le storie di genere; mentre il solo caso al maschile che mi viene alla mentre è, al momento, e per totale opposizione, “Il lamento di Portnoy” di Philip Roth. Cosa dura, davvero, essere un maschio della specie.

Hai visto mai che, ad una narrativa “rosa” non si affianchi una narrativa “azzurra”, venata di giallo, ricca di miti e giocattoli maschili (stereotipi femminili e auto di grossa cilindrata, esperienze di gioco e di piacere estreme) da combinare con un amore maturo e con il riconoscimento per donne vere e per una vita normale – se possibile, ma solo se possibile, ricca, anche di affetto, e regolare, una moglie, una figlia…

La storia.

Il nostro protagonista, Rodrigo Redaelli, è un normale marito e padre; ed è un succube per debolezza di carattere travestita da amor di pace. Formalmente e inconsapevolmente felice, salvo non pochi distinguo, inespressi ad alta voce, vive con una moglie che lo ama e lo coccola, mentre lui gradisce e non gradisce. Il tutto mentre la figlia sedicenne, da brava adolescente, lo snobba alla grande, come da copione.

Rodrigo vive dunque stremato, ma non al punto di agire, o almeno esprimersi in merito, da una moglie che parla con una per lui insopportabile erre moscia, a causa della quale stava per lasciarla all’altare; e per di più amante della montagna, che egli invece aborre senza riuscire a dirlo. Subisce, in conseguenza il venir trascinato per sentieri, nei fine settimana e nel corso di ferie tirolesi obbligate, mentre la sua casa, dove viene nutrito amorevolmente a suon di pizzoccheri, somiglia ad un rifugio alpino.

Ma il vero punto di crisi è il mondo del lavoro. Contabile presso una casa editrice, Rodrigo è vittima consenziente del suo superiore, tale Edoardo Longostrevi della Briglia, detto IT per via dei suoi scherzi crudeli da pagliaccio malvagio.”

Rodrigo sogna la ribellione e la vendetta ma non ha la forza di imporsi, e il lavoro diventa ogni giorno di più un luogo di morte della sua autostima.

Senonché, a seguito di una botta in testa – non casualmente occorsagli mentre piantava un chiodo per appendere un orrido quadro con mucca e pastorelli tirolesi, Rodrigo inizia a vivere un sogno che, di notte in notte, prosegue regalandogli una seconda diversa vita.

A innescare i fatti prodigiosi che seguiranno sarà stato il bernoccolo, e il riposo, in attesa della cena quando, accesa a caso la TV, lo schermo verrà riempito dal faccione di Gigi Marzullo che chiede e si chiede: La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?

“Ma che domanda è?” sbotta il Nostro e, indispettito, dal bernoccolo, dalla moglie, dal quadro tirolese, sceglie di andare a letto senza attendere la cena.

E la storia comincia: dentro un sogno, per l’appunto e, nella veglia, dentro le sue giornate al lavoro, mentre gli accadimenti e gli agiti del sogno si intrecciano con quelli della realtà, portandolo a vivere una doppia vita: nella quotidianità diurna e nel sogno che, inesplicabilmente, riprende sempre, di sera in sera, ma infine anche nel corso della giornata, da dove si era interrotto, facendo rientrare il sognatore dentro la sua seconda vita senza alcuna soluzione di continuità.

La vita del sogno è totalmente altra; e decisamente appagante.

Nell’uno e nell’altro mondo incontreremo personaggi che daranno vita, con il protagonista, a storie che si intersecano, essendo il sogno una dimensione che scopriremo far parte anche delle vite altrui – e qui mi fermo non essendo possibile, senza rischiare lo spoiler, aggiungere altro su di una vicenda le cui sequenze narrative si sviluppano come un congegno perfettamente oliato, sostenuto da una scrittura efficace, che consente al lettore di immergersi totalmente nel mondo narrato e di abitarlo.

Il lettore verrà catturato dalla storia, ritrovandosi a parteggiare, a disapprovare, ad apprezzare, a sorridere; a riflettere, addolorarsi e porsi domande; sicuramente determinato a proseguire la lettura, fino alla conclusione e allo scioglimento, catartico – davvero? – dell’enigma.

Solo poi – o almeno così è stato per me – si porrà qualche domanda; che sceglierà di evitare: non vorremmo cadere in qualche interrogativo alla Marzullo! Che tuttavia resterà, piacevolmente insoluta, come dev’essere.

Perché sì, perché la cifra di questa storia è l’ironia – non sempre, certo, ma quel tanto che a ognuno di noi fa bene coltivare nella vita e nei suoi-nostri problemi.

Il punto è che – e non so se ciò era nelle intenzioni dell’autore ma, ecco, come ho già accennato, è stato sicuramente nelle sue capacità, e non è cosa da poco – ci sono, in questa storia, insoliti “personaggi” molto particolari; personaggi-stereotipi del nostro immaginario, di genere, figli di un portato culturale ma non solo; figli anche di un riconoscimento di sé, infine ilare e accomodante, di un bonario riappacificarsi con i propri desideri, e con le proprie fantasie, inconsce e anche no.

Ecco allora la Donna Dominante, la Donna Bellissima, la Donna Fantasticata con cui quale uomo non ha sognato di fare all’amore? Ecco, nel ruolo di personaggi, i giocattoli appartenenti al residuo maschile irrisolto dell’adolescenza, l’Automobile del sogno, potente e bellissima e lo sport estremo; e il piacere della dipendenza; e la noia del bambino-adulto, del desiderio appagato. E la Donna della Realtà, nel suo rivelarsi appagante per l’Uomo Reale, che va benissimo com’è.

Ecco il sadismo, proprio e altrui, e la vendetta fantasmatica, libera da responsabilità; nel sogno, per l’appunto – che potrà rivelarsi incubo – ma in quale delle sue vite? E dove si troveranno, nel frattempo, le vite altrui? Mentre si relazionano a lui? Nell’impegno, non evitabile, di dover fare i conti con la necessità di distinguere, e insieme fondere, il giorno e la notte, il reale e l’onirico, riconoscendo l’irrisolto per ciò che è – residuo, che la luce del giorno spazza via, con il piacere non tale e gli incubi inconsistenti.

Il risveglio potrà portare con sé la risata, o almeno il sorriso ilare; mentre la domanda permane, su dove si collochi il sogno, su chi vi appartenga e chi no. Anche senza accogliere il quesito alla Marzullo (confesso: non sapevo esistesse ancora il suo programma. Esiste? Come in un tempo lontano? Porge ancora quella domanda?) non costa nulla lasciare una possibilità al sogno. Meglio tuttavia, molto meglio, da svegli.

Anche in questo libro l’autore conferma la buona qualità di una scrittura che consente al lettore l’immersione nella storia, senza alcun disturbo, senza che il narratore – esterno, che narra alla terza persona, trovandosi a conoscere-condividere fatti e pensieri, emozioni, punti di vista del protagonista, senza operare interferenze – emerga sul testo.

Un autore da non trascurare, dunque; per una lettura capace di intrattenere piacevolmente, permettendo, come detto, al lettore stesso di inserirsi nella storia, di sceglierne i diversi punti di vista, suggeriti o meno, di porsi domande, di lasciare aperte risposte: che è quanto di meglio si possa trarre da un romanzo.