Volevo raccontare, oggi, la bellissima lettura di un classico, per l’infanzia (ma non solo): “Il giardino segreto”, di Frances Hodgson Burnett.
E invece non lo farò.
Mi dedicherò, temo, a un’intemerata senza capo né coda, obbligata (da me stessa e dal mio pessimo carattere) a limitare il racconto di questa lettura a poco più di un accenno.
Ricordavo questo libro della mia infanzia come mediamente noioso e ho scoperto trattarsi di un libro entusiasmante.
Come è accaduto, dunque, che io abbia scaricato l’e-book di un libro che, per l’appunto, non avevo particolarmente amato? E che infatti in casa non c’è? Così: scrivendo di Pia Pera, ho scoperto che ne aveva prodotto una traduzione. Doveva averlo giudicato un buon libro. Dunque, lo dovevo rileggere.
Detto e fatto. Mentre cerco notizie del libro nella traduzione di Pia Pera, mi tuffo su un e-book. È notte. Un tempo a sé. Me ne vado a letto con qualcosa che, d’improvviso, mi cattura.
Traduzione (che credo ottima, senza poterlo sostenere perché non leggo l’inglese) di Giorgio van Straten, Giunti editore 2007.
“Quando Mary Lennox arrivò al Castello di Misselthwaite per vivere con lo zio, tutti dissero che si trattava della bambina meno attraente che avessero mai visto. Ed era vero.”
Così. Secco, chiaro e senza invito alcuno ad empatizzare.
“(…) quando compì sei anni era diventata il maialino più tirannico ed egoista che sia mai esistito. La giovane governante inglese che doveva insegnarle a leggere e a scrivere la trovò così sgradevole che lasciò il posto dopo tre mesi, e quelle che la seguirono se ne andarono tutte anche più rapidamente. E se Mary non avesse deciso che aveva davvero voglia di sapere come si fa a leggere libri, sarebbe rimasta analfabeta.”
Gli altri bambini avevano composto per lei una filastrocca, deridendola per il suo giocar sempre sola con i sassi e i fiori, che disponeva a mo’ di giardinetto immaginario:
“Mary smorfiosa e dispettosa
Cosa cresce nel tuo giardino?
Campanelle, conchigliette
Margherite in fila indiana”
E per quanto riguarda il libro chiudo qui. C’è tutto il resto.
C’è una domanda: questo libro è veramente adatto ai bambini del nostro tempo? Non era stato leggibile per me, oltre sessant’anni fa; lo può essere oggi?
Va detto che, dal 1910, data in cui l’autrice, Frances Hodgson Burnett, lo ha dato alle stampe, e dalla sua prima traduzione italiana, datata 1921, sono seguite ininterrotte pubblicazioni e nuove traduzioni. Questo libro non è mai scomparso dagli scaffali. Mi chiedo dunque come sia avvenuto che questo, così come altri libri per ragazzi scritti tra il XIX e gli inizi del XX secolo, tutte storie legate a società e a culture dell’infanzia che molto poco hanno a che fare con la nostra attualità, non siano morti con il loro tempo.
Esisteranno ancora ragazzini lettori che, dentro quelle pagine, vivono e sognano? Bambini che, in compagnia di Mary, Colin e Dickon, i piccoli protagonisti di questo romanzo, apprendono ciò che servirà loro per diventare gli adulti che la società in cui viviamo e il tempo presente richiedono loro?
Ed ecco il sospetto: “ai miei tempi”, come si dice, ho probabilmente letto un’edizione ridotta di questo libro, deprivata della crudezza di certe sue parti, della bella, leggera ironia che è, anche, parte importante della narrazione, che caratterizza la descrizione di molti personaggi.
C’è dell’altro. Nei libri della mia infanzia, le bambine dovevano essere graziose, dolci, assolutamente non capricciose, dotate di spirito di sacrificio; e tristi, molto tristi, e tuttavia eroicamente sorridenti per non pesare sugli altri, soprattutto se orfane.
La bambina antipatica, supponente e dal carattere imperativo non andava di moda. Non serviva a preparare le donne capaci di dedicarsi al sacrificio di sé che, si auspicava, saremmo diventate.
Nel mio ricordo, avevo completamente cancellato la figura della principale protagonista, della decenne Mary Lennox. Ricordavo come protagonista il solo Colin, il bambino infelice e malato che verrà salvato, non il piccolo despota insopportabile capriccioso e spaventato. E, vagamente, Dickon, il ragazzino che conosceva i fiori e parlava agli animali.
Così, mi sono ritrovata con la quasi certezza: nel corso della mia infanzia ho quasi sicuramente letto un adattamento di questo libro, che giustamente non ho apprezzato. E ho rischiato di perderlo per sempre.
Mentre mi chiedo se non dovrei verificare, nelle edizioni per bambini, se e come le grandi classiche storie vengano rimaneggiate, destinandole, per tale via, ad essere perdute; mentre mi chiedo se tutte quelle edizioni che si trovano in commercio siano integrali; mentre tralascio pure la sequela di film tratti dal libro – ultima versione 2020 – che, mi pare, dal trailer (e potrei sbagliarmi) trascrivono “Mary smorfiosa e dispettosa” come una triste orfana di buoni sentimenti, incontro un altro libro: “Geronimo Stilton. Il giardino segreto”.
E impazzisco di rabbia.
Vi chiederete in che mondo io viva. Avete ragione. Avevo rimosso, direi. E ora non ci riesco più.
“Geronimo Stilton. Il piccolo Lord”: pazienza. È considerato, chissà perché, il capolavoro di Frances Hodgson Burnett. Ebbene sì, l’ho voluto rileggere: storiella banale, melensa, direi persino irritante (mio parere, ovviamente, non vangelo).
Posso solo dire che, se incontrassi un bambino a tal punto pieno di “buoni sentimenti”, che ha quali grandi amici unicamente un droghiere e un lustrascarpe adulti e nessun bambino della sua età, vorrei dire qualcosa alla sua adorata mammina.
Ma proseguiamo: “Geronimo Stilton. L’isola del tesoro”; “Geronimo Stilton. Robinson Crusoe”. E via di seguito.
Non basta: Sulle copertine è riportato il nome dell’autore, come non si trattasse di una manipolazione. È proprio scritto: <DI> Frances Hodgson Burnett, <DI> Robert Louis Stevenson; <DI> Daniel Defoe. Non, che so, “tratto da, scopiazzato da…”
Diritti scaduti comporta che, domani, potremmo avere Geronimo Stilton. La Divina Commedia? O Geronimo Stilton. I promessi sposi? Spacciandoli per opera di Dante Alighieri e di Alessandro Manzoni?
Accidenti! Travolta dal dubbio, ecco qua: Geronimo Stilton. Il mio amico Dante; senza dimenticare altre diverse chicche come “I promessi Paperi”, che, quantomeno, non portano il nome di Alessandro Manzoni come autore.
E perché no? Dopotutto c’è anche “Geronimo Stilton. Don Chisciotte della Mancia”, ovviamente <DI> Miguel de Cervantes.
E come tacere di “Geronimo Stilton. David Copperfield”, <DI> Charles Dickens? Tramutato in romanzo per ragazzini in versione Elisabetta Dami (la “mamma” di Geronimo Stilton) e dichiarato fruibile, come ogni altro libro della serie, dai sette anni di età.
E quando mai questi capolavori verranno ancora letti in età adulta, dopo essere stati conosciuti (?) da bambini in questa forma?
Copperfield a parte, so di non trovare molta compagnia nell’amare questi libri. Se proponessi a un gruppo di lettura di scegliere “Il giardino segreto” come libro da condividere non verrei formalmente cacciata dal gruppo ma, è certo, dolcemente indotta ad andarmene.
Hai saputo che Ivana ha lasciato il gruppo? Spiace ma, diciamolo, non poteva trovarsi bene con noi. Strana, la ragazza, in effetti.
Il campo della mia furia si allarga. E mentre, confesso, non me la sento di parlarvi, di raccontarvi oltre, di questa lettura che, al secondo giro (riletta dalla prima all’ultima riga) ha ulteriormente rivelato tesori nascosti, la mia rabbia tracima.
Non dovremmo porre qualche domanda alla nostra EDITORIA DAGLI ALTI IDEALI, che eleva lai sul proprio futuro, in procinto di venir devastato da Amazon & Co? Dal self publishing? Da chi non comprende che SOLO LEI può officiare i riti che conducono alla creazione del Canone?
Che poi è tutto vero. L’editoria, quella, diciamo, ufficiale, è fondamentale per la vitalità del mondo-libro.
Non dovrebbe, in conseguenza, aver rispetto di sé e del proprio compito? Non dovrebbe avere, o rispettare, un qualche codice deontologico che definisca COSA È LIBRO e COSA NON LO È?
Vogliamo parlare anche delle LIBRERIE? Delle nostre amate chiese destinate all’estinzione? Vogliamo parlare di cosa sono e di cosa vendono?
Tutti amiamo le piccole librerie indipendenti; quelle gestite dal proprietario-libraio, che è un vero martire della causa.
Poi ci sono, oltre alle librerie di catena, che peraltro svolgono una loro funzione e non sono il male a prescindere, i Grandi Store “indipendenti” – vale a dire non legati a un gruppo editoriale specifico ma che non si differenziano poi molto dalle librerie di catena. Ci sono le librerie dei Centri Commerciali.
È la dimensione a fare la differenza. Nei grandi Store operano, come lavoratori dipendenti, librai spesso impossibilitati a fare il loro lavoro, caricati come sono da operazioni di carico e scarico, stai alla cassa, veloce c’è gente, non perder tempo a “chiacchierare” con i clienti, la libreria è un self service, c’è la postazione-computer, il cliente chieda lì il titolo che cerca. Desidera ordinarlo?
Che poi il cliente desideri “parlare” con il libraio (così come avviene, per l’appunto, nelle “piccole” librerie indipendenti, per averne consigli, per essere aiutato a scegliere, per venir conosciuto e dunque seguito sempre meglio nei propri acquisti), è spesso fuori discussione. Anche se, per il prodotto Libro, la relazione è componente essenziale, insostituibile.
Leggo, ed è sollievo, che nonostante tutto le piccole librerie sembra stiano reggendo, e addirittura, eccediamo in ottimismo, fiorendo.
Senonché – perché purtroppo c’è il senonché – dove si trovano le librerie?
In Italia ci sono 5.509 comuni sotto i 5.000 abitanti, che rappresentano il 69,70% del numero totale dei comuni italiani. Dati aggiornati al 31/12/2019 (ISTAT)[i] che, salvo eccezioni, non hanno librerie.
E le piccole case editrici? Arbusti, piantine, cespugli che farebbero la meraviglia di un giardino, che la foresta nasconde. Discorso troppo lungo.
Non so più di cosa sto parlando, in realtà. L’avevo detto in premessa – vado a caso, rabbia su rabbia…che, lo ammetto, ha un nome d’origine: Geronimo Stilton.
Che, hai visto mai, forse fa pure un buon lavoro con le storie originali del Topo, che si reggono da sé e non avrebbero alcun bisogno di saccheggiare grandi classici.
Provo a chiudere.
I romanzi che, destinati ai bambini, vengono topescamente devastati, si trovano in commercio ANCHE in edizione integrale, e pure in traduzioni aggiornate.
Posso sperare? Li potremmo leggere noi adulti? Potremmo dedicarci a leggerli ai nostri ragazzi o con loro? È bellissimo. Chi lo fa lo sa bene.
Nel caso vi capitasse tra le mani, “Il giardino segreto” è un libro godibile, prezioso, è un libro (soprattutto) per adulti.
Ideale per la primavera. Leggetelo, magari per e con i vostri figli/nipoti/allievi. Ma, credetemi, anche solo per voi. Ne vale la pena.
Una sola cosa ancora: sapete che le ragazze di pessimo carattere hanno, al fondo, potenzialmente, un ottimo carattere? Questo libro lo certifica.
[i] Fonte: https://www.tuttitalia.it/comuni-minori-5000-abitanti/