Bestia, io? Anche sì

Alessandro Boffa, “Sei una bestia, Viskovitz”, Quodlibet 2021

Viene poi il tempo giusto per alleggerire l’atmosfera.

Potendo scegliere, cosa meglio di un po’ di sfrenato sesso altrui per ridere di gusto? E dico <altrui> in senso proprio; con la possibilità di guardare dal buco della serratura, per ridere, per – diciamolo meglio – ghignare; per stupirci, approvare o indignarci, schifare: senza togliere l’occhio dallo spettacolo… tale per cui, in ogni caso, non si correrà alcun rischio di finire impastoiati dentro categorie etiche improprie, con fissazioni su ciò che è bene ciò che è male, ciò che è secondo natura e ciò che non lo è: dopotutto, la cosa che stiamo gustando non ci riguarda; non ha certo a che fare con <noi>! O no?

Possiamo convenire, credo, sul fatto che tutto ciò che esiste in natura è fatto, per l’appunto, secondo natura: sarà dunque ottima cosa, parlando della sessualità e del suo esercizio, possibilmente sfrenato, allargare lo sguardo al mondo animale: il fatto che pure noi facciamo parte di tale mondo, beh, al momento possiamo pure lasciarlo da parte; volendo, potrebbe essere qualcosa su cui riflettere, a posteriori, dopo aver sorriso, riso, ghignato (diciamolo, senza vera incredulità; non si tratta dopotutto di comportamenti del tutto ignoti a noi umani), e aver così collocato il tema nella sua giusta prospettiva.

Chissà se, prima o poi, riusciremo a dare uno sguardo meno disattento, o non solo professorale, a cosa si combina dalle parti della flora.

Mi trovo dunque in libreria e incappo in questo titolo – “Sei una bestia, Viskovitz” – e in una bella copertina; leggo la quarta, e mi incuriosisco.

“Non era facile per me accettare il fatto che mio padre fosse la moglie di sua madre.”

Vale a dire?

Venti brevi racconti. Un breve prologo:

«Eravamo rimasti soli su quella crosta di ghiaccio alla deriva nella notte polare. Viskovitz si girò e mi disse:

  • Vorrei che tu mettessi nero su bianco la nostra conversazione.
  • Non è possibile – risposi – Non sono né tipografo né scrittore. Sono un pinguino. E per me “mettere nero su bianco” significa tutt’al più fare altri pinguini.

E invece, un mese dopo, eccomi qui, immobile, con un uovo sotto la pancia a ricordare.

Ero stato io ad attaccare discorso…»

Uno sguardo disincantato, navigato quel tanto che serve, può solo far bene all’umore e, di conseguenza, alla salute.

È bastato sbocconcellare qualche frase, qualche incipit, per ritrovarmi a non poter proprio passare oltre. Né potevo, tuttavia, continuare a leggere, in piedi, nella piccola libreria, un testo di 160 pagine.

Non potevano esserci dubbi residui.  Dritta alla cassa. Dritta a casa a leggere. Niente apertura anticipata del libro in autobus: erano sicuramente pagine che avrei dovuto gustare con serietà, senza venir disturbata: quando ci si attende di ridere, ghignare, riflettere, occorre farlo per bene, con impegno e totale attenzione.

Quanto avevo già veduto diceva di una buona scrittura. Diceva di un contenuto accattivante; con un sospetto di qualcosa di più; da esplorare, certo, ma solo dopo aver goduto ogni dettaglio sul tema.  

Finalmente a casa: Guarda un po’ – ma lo sapevo, tutti lo sanno, e perché non ci si pensa mai? – con quanta fantasia, e con quanto vario piacere, Madre Natura soccorre noi sprovveduti, appartenenti alle più diverse specie, affinché non rimaniamo privi delle tentazioni necessarie alla nostra e sua sopravvivenza!

«Il sesso? Non sapevo neanche di averne uno. Figuratevi quando mi dissero che ne avevo due.

  • Noi lumache, Visko – mi spiegarono i miei vecchi – siamo ermafroditi insufficienti…
  • Che schifo! – strillai – Anche noi di famiglia?
  • Certamente, figliolo. Siamo in grado di svolgere sia la funzione maschile che quella femminile. Non c’è nulla di cui vergognarci.

Con la radula mi indicò dove si trovavano i due arnesi.»

Per la verità, qualche complicazione moral-religiosa farà capolino anche nella vita di Viskovitz lumaca – dimenticavo di dirvi che, dentro queste pagine, avremo sempre a che fare con un Viskovitz, di specie diversa ma sempre lui; che avrà a che fare sempre con una diversa Ljuba (a parte qualche giretto nei dintorni) e con gli stessi amici; sempre, ogni lui, o ogni lui/lei, alle prese con la stessa fondamentale attività: prescritta, in via assoluta. Direi doverosa.

Guai astenersene! Sembra dirci Madre Natura (e già qui, noi umani, per la verità…certe categorie etiche…non saprei come chiamarle…esercitate da certi gruppi sociali, a ben vedere…ma non è ancora giunto il tempo di distrarci a riflettere; abbiamo sempre questo vizio di ritenere che ogni libro, ogni racconto, debba contenere un messaggio, per non dire dei più diversi metamessaggi.

Stiamo ai fatti:

  • «Com’era papà, chiesi a mia madre.
  • Croccante, un po’ salato, ricco di fibre.
  • Prima di mangiartelo, voglio dire.»

Nessun prezzo gli (ci?) risulterà troppo caro. Ne varrà sempre la pena, pare. O quasi sempre, per la verità. Qualche deviazione dalla regola dovrà, dopotutto, essere prevista non risultando mai opportuno porre limiti alla fantasia e alle libertà degli individui. Quando sia stato fissato il comportamento inderogabile per la sopravvivenza di ogni specie, il come farlo potrà pur essere lasciato alla libera scelta individuale, pena il rischio che ne venga ridotta l’appetibilità.

Chiaro, no? Uno comincia a porre limiti e finisce che quegli stessi limiti, portati in vita, scopriranno quanto sia bello riprodursi, dato che l’istinto di sopravvivenza di qualsivoglia specie pare connaturato all’esistenza.

Ne conseguirà che anche i limiti si organizzeranno in società complesse, si organizzeranno in gruppi, daranno vita a gerarchie, elevando una élite al ruolo di “Principi morali” (vedete voi dove porre l’accento), dando luogo a complessi normativi…

Terribile! Pericolosissimo! Potremmo incorrere nell’evenienza che, in vece nostra, sopravvivano i limiti.

Fortunatamente, Madre Natura provvede a non permetterlo, mai!

Come dicevo: questi racconti sono decisamente sollazzevoli ma, com’è come non è, potrebbero indurre il lettore a riflessioni pericolose per il nostro assetto sociale (ammesso che il pericolo non contenga aspetti evolutivamente utili); a riflessioni che potrebbero, se non proprio cambiarti la vita, dare luogo a, o almeno modificare, qualche scelta di comportamento, qualora non sia troppo tardi.

Sarà dunque il caso di riconoscere piena cittadinanza a ogni fantasia, a ogni individuale libertà. O no?

Come dubitarne, dopo la testimonianza di un/una lumaca che…niente spoiler!

Per la verità, ci sarebbe anche quella faccenda dello scorpioncino ma insomma, il piacere si paga, lo sappiamo tutti; si pagano anche le fantasie, le aspettative, i desideri; i sogni, poi, sono sempre costosissimi!

Viskovitz pensa che ne valga la pena. Sempre.

Com’è che, tra tanti libri che parlano di qualunque cosa, che raccontano le storie più varie, mi accorgo (o almeno mi coglie il sospetto) che, a bene vedere, le storie che leggiamo siano per lo più sempre la stessa storia? Variamente declinata, ma sempre quella?

Volendo, così, tanto per indulgere in un pensiero laterale, pormi una domanda sul tema con riferimento alla specie umana, perché mi torna alla mente Gli uomini preferiscono le bionde”?

Dev’essere per il fatto che si tratta di un testo, il solo altro vero testo veramente divulgativo di etologia umana cui io riesca ora a pensare; che abbia a che fare con i rituali di accesso al comportamento riproduttivo umano, fornendo corrette indicazioni, in questo caso al genere femminile, utili alla sopravvivenza della nostra specie. E penso che, dovessi ancora dare istruzioni nel campo a giovani inesperti, ecco, consiglierei sicuramente loro di leggere “Sei una bestia, Viskovitz” e, di rinforzo, nel caso io abbia a che fare con una discente femmina, opterei per la storia di vita della bionda manager di se stessa e della propria sopravvivenza Lorelei Lee.

Sì perché, se non mi sbaglio, Viskovitz è, sempre lui, sempre maschio; o, maschio/femmina. Peraltro, il narratore è il narratore e non può essere se non quello che è; e non pare, diciamolo, di parte senza ragione; proprio no. Pure se, in qualche caso, gli converrebbe.

Che strano: Madre Natura non ha ritenuto, pare, che sia di necessità vantaggioso essere maschi. Non ci avevo mai pensato. E se, dopo averci pensato, ci sarà l’incontro con Viskovitz-formica…niente spoiler! Però, chi l’avrebbe mai detto. I maschi! Non che li abbia mai invidiati, anzi; ho sempre pensato che non so proprio come ci si debba sentire fuori posto a esserlo, una cosa a mio parere triste, dico la verità. Ma a tal punto!

Punti di vista; è così, non c’è dubbio, anche se… e dai, uno spoiler piccolissimo

  • «Ljuba, perché non mi ami? Domandai.
  • Perché sei un verme, sei vile, non hai spina dorsale, non hai fegato.
  • E poi?
  • Perché sei insulso, non hai testa, non hai carattere, non hai sensibilità.
  • E poi? Non sai amare, non hai cuore.
  • E poi?
  • Hai un pene minuscolo
  • … … … …
  • E quali sarebbero i miei difetti?»

Ma non vi ho detto cos’è accaduto dentro i puntini di sospensione.

In realtà, l’autore si è divertito davvero. Ora che il libro è finito, è chiaro. Si è divertito: con noi. A nostre spese. Non c’è dubbio.

Ma va bene. Dopotutto, dalla prima all’ultima riga, dal primo all’ultimo racconto, volendo, erano tutte cose che sapevamo, a parte il caso di non averle volute sapere.

Vedi un po’ dove vanno a nascondersi, cosa non ti inventano per intrufolarsi tra noi, i libri di filosofia.

Ma sì – anche Lorelei Lee: volete sia un caso se ha messo alle corde Sigmund Freud? (Non avete letto il libro? Il film è tutto da vedere ma non basta. Peggio per voi. Provvedete, magari se vi capiterà di essere un po’ giù. Potreste riprendervi ottimamente.)

L’autore: di lui si sa poco, pare. E pare chiaro che, probabilmente, gli va bene così.

Questo libro, prima pubblicazione Garzanti 1998, è stata la sua prima e finora unica opera, ormai fuori catalogo. Stessa immagine di copertina; la quarta invece, nell’edizione Garzanti, riportava una breve sinossi del testo che informava maggiormente nel dettaglio l’aspirante lettore su cosa avrebbe trovato nel libro, invitando a una chiave di lettura che, ma è un privatissimo parere, vincolava il lettore, per un testo che ne ammette molte: essendo la chiave ironica e umoristica il solo tratto che non potrà se non accomunare tutti, tuttavia non esaustiva.

È stato, pare, un libro di successo fin dalla sua prima apparizione. Tradotto in molte lingue. Il che non mi aveva impedito, fino a questa nuova edizione, di farmelo sfuggire.

Di questa nuova edizione segnalo la recensione di http://www.nabustorie.art (qui) ) che apre punti di vista e una chiave di lettura interessante.

Confido che ogni lettore provvederà a utilizzarne una propria; o più di una. Perché no.