Gli uomini del libro

Jean-Yves Mollier, “Storia dei librai e della libreria dall’antichità ai nostri giorni”, edizioni e/o 2022

Non mi è facile scrivere qualcosa di questo libro: dopotutto, si costituisce come una sequenza di fatti che seguono a fatti; sono informazioni, arricchite da spiegazioni di contesto; da aneddotica. Attraversando, letteralmente, i millenni, ci fa conoscere librai, e luoghi; città, e percorsi ancora fruibili. Ci fa viaggiare, gustare incontri.

Un buon libro da leggere, dunque. Un reportage su di un <fatto> lungo cinquemila anni: che dunque occorrerà gustare per intero. Con, a chiusura, un saggio: “Breve storia dei librai in Italia (1400 – 2000)”, di Elisa Marazzi

Si tratta di una lettura piacevole, il cui titolo costituisce di per sé una sintesi adeguata del contenuto, alla scoperta di curiosità e di, vogliamo definirli micro-fatti – se rapportati al lungo tempo in cui si sono sviluppati – di grande interesse; curiosità, aneddotica e quasi-pettegolezzi inclusi.

Il tratto specifico e importante di un libro che, nonostante non lo sia, vorrei poter chiamare <romanzo> sta – e facilmente il lettore affronterà la cosa inavvertito – ancora una volta nel titolo: “Storia <dei librai>, con implicita, pure se non detta, una <storia dei lettori>.

Solo in seconda battuta si tratta di una storia <del libro> che, “fin dalla più remota antichità, che fosse scritto su tavoletta d’argilla, papiro, pergamena o carta, … è servito a trasmettere informazioni, idee, racconti, poesie, preghiere, leggi, contabilità e tutto ciò che di scritto potesse essere letto. (…).

Lasciando dunque al lettore il piacere di transitare, dentro queste pagine, attraverso i millenni, vorrei soffermarmi su alcuni tempi di questa storia, e condividere alcune riflessioni che questo libro mi ha suscitato, che si sono intrecciate con il pensiero sui libri, sui librai, sull’odierno mondo dell’editoria; sulle librerie del nostro mondo.

Papiro. Detail aus dem Totenbuch des “(Rinder-)Schreibers” Sesostris (15. Jh. v. Chr.). Conservato a Vienna. Fonte: Wikipedia

Il libraio, dunque – e la sua <bottega>.

“È proprio nell’impero romano, come ricorda Mollier, che il commercio del libro assume una forma moderna…la taberna libraria di Pompei descritta da Mollier non sembra così diversa dalle nostre librerie”.

E via con una storia lunga, complessa, che vede <i luoghi dei libri> mutare forma senza che muti, non essenzialmente, la sostanza del libro (chiamiamolo comunque così; ci si intende) al cambiare dei supporti su cui verrà realizzato. Senza che muti la figura del libraio. 

E’ interessante vedere tale figura mantenere, nel tempo, e fino a tempi recenti, la sua funzione di commerciante di un tipo particolare di prodotto; impegnato, nei secoli, innanzitutto, e a differenza di oggi, come editore, nella sua produzione.

Nei millenni, e fino a tempi che possiamo dire recenti, il libraio è stato una figura di commerciante-artigiano-artista esperto nei tanti mestieri che la produzione del libro ha richiesto. Lo è stato per tutto il tempo in cui il libro, ogni libro, si è costituito come esemplare unico, ogni copia un manufatto a sé. Rimanendo, infine, e come ancora oggi, il tramite, necessario e competente, tra il libro e il lettore.

In origine, il libraio assumeva in sé, operando in proprio o attraverso collaboratori della sua <bottega>, tutte le competenze necessarie alla creazione del libro: ogni copia il lavoro di uno scriba, di un amanuense, che in seguito avrebbe usufruito dell’attività di miniaturisti, di rilegatori, avendo a disposizione produttori di fogli di papiro (il supporto dalla storia più lunga: dal III millennio a.C. a quasi tutto il primo millennio della nostra era).

Seguirà la produzione, in relativo breve tempo, dei codici – fogli di pergamena che potevano essere scritti su entrambe le facciate, di dimensione ridotta, da rilegare in forma di libro con copertine lignee o di materiali maggiormente preziosi.

Ed ecco: nel suo libro, Jean-Yves Mollier, pur con tutti i necessari distinguo, e dentro tutti i cambiamenti che, con il cambiare delle società e delle circostanze, hanno chiesto al libraio modifiche nella sua attività, individua, e a ragione, una persistenza nella funzione – diciamo, con termine in uso oggi, una continuità nella Vision che lo guida nella propria attività, dove la Mission, gli obiettivi che vuole attingere per dare corpo alla sua Vision, cambia proprio in funzione del mantenimento della rotta. Della Vision. Dell’obiettivo. Diciamo pure del sogno.

La figura del libraio, nel tempo, secondo Jean-Yves Mollier, ha mantenuto la propria identità, sia che operasse come artigiano con la sua bottega, che sarebbe divenuta, ma già era, una libreria; sia che vendesse i suoi libri in una bancarella o che girasse di città in città e di paese in paese con la sua gerla. 

Atto notarile del 1557, su pergamena. Fonte Wikipedia

L’uomo dei libri”, come lo denomina il nostro autore, si sosteneva vendendo anche altro, oggetti in qualche modo affini (stampe, calendari; ma anche le cose più disparate, doveva pur vivere) – e oggi, da tempo, vediamo nuovamente le librerie farsi punti di vendita anche di oggetti diversi, genere cartolibreria; divenire luoghi di accoglienza per i lettori attraverso un bar, un piccolo ristorante annessi, oltre che, come sempre è stato, essere luoghi di ritrovo della cultura, per incontri con autori, presentazione di nuovi libri, altro. 

La storia del libro, adattandosi, nel nostro mondo occidentale ma non solo, ai tempi, agli accadimenti storici, prosegue superando pericoli, nel corso di anni in cui la vita degli uomini del libro ha dovuto frequentare percorsi carsici per la propria sopravvivenza – e si tratta di una storia che ha accomunato nella lotta “domanda e offerta”, nella sua irriducibile continuità così come nell’alleanza libraio-lettore, per un confronto-lotta con il Potere.

Il libro, e il suo testimone, il libraio, hanno sempre avuto, con varie fortune-sfortune, un rapporto conflittuale con il Potere, essendo il libro fonte di idee che il Potere ha ritenuto sospette e dannose per sé: il libro è sempre stato il modo principe per diffondere conoscenza ma anche notizie, informazioni, progetti, denunce e nuove istanze.

Ci sarà una lunga parentesi nell’attività degli uomini dei libri che, “… dopo la caduta dell’impero romano … tra il V e il XII secolo vede i monasteri assolvere alla gran parte delle funzioni connesse con la produzione e la distribuzione dei libri, (fino a quando) una prima svolta si ha proprio nella Penisola, con l’invenzione, a Bologna, del sistema detto <della pecia>”*

E se a questi monaci il nostro mondo deve un sicuro riconoscimento, va altresì detto come, con l’avvento della stampa, e con la Riforma luterana, con il grande impulso che tutto questo ha dato al diffondersi dell’alfabetizzazione, la Controriforma abbia comportato un grave ritardo nei paesi cattolici, territori della penisola italiana in testa.

Nel frattempo, tuttavia, con la nascita delle prime Università (Bologna, 1088), iniziò a formarsi un mercato del libro al di fuori dei monasteri. 

Sarà l’inizio del commercio di libri, ancora manoscritti, nella società civile. È anche l’inizio di una laicizzazione, in conflitto con il potere della Chiesa cattolica, nella produzione del libro e nel correlato diffondersi dell’alfabetizzazione, della letteratura e della conoscenza.

Ritornando, dopo questo estremamente sommario percorso (ma assicuro, la lettura di questo libro è assolutamente intrigante per notizie, curiosità e conoscenze che regalano uno sguardo su mondi apparentemente lontani e tuttavia capaci di illuminare il nostro presente) ritorno al desiderio di condividere, come detto, alcune riflessioni, alcuni pensieri che questo libro mi ha suscitato su, per l’appunto, il nostro oggi. Anche divergendo dal pensiero espresso dall’autore.

Due temi: primo, la relazione del libro con il potere; e, secondo, la persistenza dell’identità e della funzione del libraio nel mondo odierno – e in un mondo prossimo, vicino, futuro.

Vendere libri non equivale a vendere un qualsiasi altro prodotto. Da sempre, persino il libraio ambulante praticamente analfabeta (leggete il libro! È  qualcosa di eccezionale!), persino il venditore di “stampe proibite” (è storia recente, nella millenaria storia del libro. Posso rinviarvi a un altro bellissimo libro, I mercanti di stampe proibite”, di Paolo Malaguti, che avevo proposto qui, solo in apparenza di tema diverso?) è un operatore culturale fondamentale per  l’evolversi delle culture, delle civiltà, della stessa Storia; è un “anarchico-libertario” fuori del tempo, impegnato a diffondere conoscenze, idee, emozioni attraverso storie, fantasia, poesia – in una parola: cultura, in senso proprio, per la vita dei popoli, delle genti – in barba, se del caso (e sembra sia molto spesso il caso) agli interessi, legittimi (ovviamente mai) o meno dei potenti.

E gli autori, mi si dirà? Vero, ma un autore vende un libro, al massimo alcuni libri, e non raggiungerebbe, senza il libraio-editore, un pubblico capace di fare la differenza.

Il libraio è un commerciante, e infatti non vende unicamente libri, e forse neppure lo vorrebbe, va a sapere, dopotutto nei dintorni del libro ci sono oggetti e oggettini belli, poveri o, perché no, preziosi; dopotutto il libraio è uomo di cultura, ha letto, oppure ha ascoltato, ha imparato a memoria, storie, fatti e vicende che ne fanno: un medico? un guaritore?, e allora perché non vendere anche qualche medicamento, con annessi consigli. 

Il libraio è, è stato e sarà comunque vada, una cura per l’anima, un guerriero disarmato che maneggia l’arma più potente che nei secoli abbia mai condotto alla vittoria di un’idea, di un progetto: al rovesciamento dei troni.

Incredibile a dirsi ma anche la censura, e con essa i martiri del libro (non pochi, anche tra i librai) è stata un mezzo di potenziamento di un libro, in paradossale sinergia con un Potere che lo avrebbe voluto far scomparire. È ancora così? 

Oggi – da poco tempo, volendo porre un rapporto con una storia millenaria – il libraio non è più l’editore. Ed è soprattutto la funzione dell’editore, non del libraio, a trovarsi  in causa, per l’aspetto del rapporto con il Potere, e con la censura.

Quest’ultima, se ha ancora luogo – ed è ancora così, in molte parti del mondo – è tuttavia, di fatto, depotenziata: dalla globalizzazione, dalla rete, dalla funzione dei media.

Ecco: oggi, il libraio non assomma più in sé, se non in rarissimi casi, di scarsa visibilità, la funzione editoriale. E, a proposito di <Potere>, sono oggi i grandi gruppi editoriali a rappresentarlo. Anche bene, peraltro – Salman Rushdie docet. Ma il potere economico è, per l’appunto, un Potere.

Oggi, in un mondo per lo più altamente e fortunatamente alfabetizzato, e tanto per utilizzare un luogo comune, la foresta dei libri nasconde l’albero.

E nasconde il libraio, temo. Spesso ridotto, nelle grandi librerie di catena a commesso quasi-muto spacchettatore di colli, da collocare negli scaffali; impiegato nel front office, davanti a una tastiera per il cliente che chiede il tale e il tal altro libro disperso nella massa.

I librai: non più editori: che vendono, diffondono, promuovono la lettura di libri. Le librerie di catena, dagli scaffali carichi, di necessità, anche di <oggetti a stampa> a forma di libro.

Le librerie indipendenti. Le piccole e medie Case Editrici di qualità, cui la rete offre uno spazio, sui piccoli numeri – quei piccoli numeri che erano tali anche al tempo del libraio-editore-stampatore, a fronte di una alfabetizzazione ancora quasi di nicchia, capaci tuttavia di esprimersi come comunità.

C’è, in corso, una guerra importante tutta da combattere. Viene combattuta là dove, sotto la voce <libertà di parola e di stampa> può nascondersi uno strumento diverso del Potere, capace di ammutolire il messaggio. 

Libreria Bertrand di Lisbona, dal 1732

Perché il Potere è sempre tale – tanto più quando si tratta, ai nostri giorni, anche, di potere economico della grande editoria. Di potere economico, tout court.

A margine, ma non troppo: “Gli uomini del libro”, oggi, sono sempre più spesso “le donne del libro”.

Attenzione: com’è quel fatto per cui, quando le donne conquistano una professione o un ruolo (mediche, insegnanti, rappresentanti politiche e, certo, libraie) questi sembrano perdere lo status sociale di cui, al maschile esclusivo, e non inclusivo, erano titolari?

Un campo troppo vasto da dissodare. Che butto lì a spanne.

Un campo che tuttavia occorrerebbe dissodare.

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* Pecia: Nel Medioevo, ciascuno dei fascicoli manoscritti che insieme costituivano un libro e che erano formati da un foglio ripiegato in quattro parti. Le pecie venivano poi affittate, dopo essere state controllate, agli studenti universitari).