Alice Basso, “Le ventisette sveglie di Atena Ferraris”, Garzanti 2025
Bene, è il tempo per un buon libro di svago che, se l’autrice è Alice Basso, regalerà qualcosa di più, tanto da meritare una rilettura per poter gustare la nuova storia in avvio, per conoscere la protagonista della nuova serie, per conoscerne i personaggi; per esplorarne gli elementi, più d’uno, che chiedono riflessione, come sempre accade nelle storie di questa autrice.
Incipit:
Mi chiamo Atena Ferraris e mi sa che non sono come gli altri, inutile girarci intorno. Mia madre mi ha sempre detto che siamo tutti diversi, e quindi è come se fossimo tutti uguali. Non ne sono convinta, ma mi fido di lei. Ho trent’anni, vesto fuori moda e odio le sorprese. E ho ben ventisette sveglie ogni giorno per ricordarmi di lavorare, di mangiare, di andare a letto, di smettere di pensare. Soprattutto faccio troppe domande, dicono. Perché per me è essenziale che ogni cosa abbia una spiegazione. Per questo dirigo una rivista online di enigmistica dove ogni gioco, rebus o anagramma ha una soluzione univoca. Mi fa sentire al sicuro. So che siamo in pochi a ragionare così. Ora, però, è successo qualcosa che ha scombinato le carte.
Atena ha dato alla propria rivista il nome “La gara degli indovini”, in omaggio al nome della prima rivista di enigmistica italiana pubblicata dal 1875 al 1900 a Torino di cui ho trovato essere reperibile, presso una libreria antiquaria della città, la prima annata, ad un costo che considero, per me, inaccessibile; ma quanto mi piacerebbe averla! Nei libri di Alice Basso c’è sempre il piacere aggiuntivo di qualche riferimento, di qualche curiosità storica, sulla letteratura, sulla pubblicistica d’antan che, italiana e non, aiuta a collocare nel tempo e nel proprio valore i generi letterari popolari; sulla pubblicistica che ha dato vita al formarsi dei generi che oggi amiamo; che hanno avuto, nella loro storia, autori significativi, nel genere e nella letteratura. (qui)
Atena si presenterà iniziando a farci conoscere il suo (per lei) irritante e amatissimo fratello gemello, Febo (epiteto di Apollo); e sì, i due hanno nomi decisamente originali: una dea della sapienza e un dio delle Arti, della bellezza, della musica; nomi che ci dicono qualcosa dei loro genitori che, in modo diverso, inizieremo a conoscere.
I dialoghi della madre con la figlia ragazzina sono rimasti incisi nella mente di Atena, e al ricordo si aggrapperà ora una giovane Atena divenuta adulta, con la sua formidabile memoria: quei dialoghi le indicheranno, a fronte degli inciampi che vive nelle sue disastrose relazioni con il suo prossimo, strategie per apprendere il punto di vista altrui e adattarvisi, pur non comprendendolo, o almeno non proprio.
Atena è consapevole della propria diversità, ma tiene ferma anche una solida convinzione che siano gli altri ad essere “strani”.
“Mamma, di cosa parla la gente?”
“Cosa intendi, figlia?”
“Non so spiegarlo bene. Io la ascolto la gente. Quando andiamo in giro, o quando sono a scuola, io cerco di ascoltare i discorsi delle persone (…) E però questo è il punto: non capisco niente. (…) Non capisco proprio nemmeno se stiano parlando di <qualcosa>. Li ascolto attentissima, e se provo a fare il punto su cosa si sono detti, che concetti, che verità, che informazioni, non trovo nessun nocciolo, nessuna ciccia, non so come spiegarmi. Come se fossero stati minuti pieni solo di aria.”
“Si chiamano chiacchiere di circostanza, figlia. In inglese hanno un nome molto illuminante: discorsi piccoli, small talk. Sono quello che la gente fa quando, per esempio, si incontra per caso in ascensore, o al supermercato (… )”
“Proviamo? Buongiorno signorina Atena. Che freddo che fa oggi, vero?”
“Uh. Sì, vero.”
“….”
“Devi aggiungere qualcos’altro. Per esempio: (…) A me il freddo non piace ma il caldo mi piace ancora meno.”
“A me il freddo piace moltissimo. Impedisce di uscire alle persone che non ne hanno veramente voglia o bisogno, e il risultato è che, se sei per la strada e fa freddo e riesci a sollevare il naso da dentro la tua sciarpa abbastanza da guardare in faccia la gente che passa, li vedi tutti più concentrati, più determinati del solito. Di colpo il mondo è fatto di tanti Frodo e Aragorn e Boromir in missione per salvare il mondo, e sembra tutto più intenso e più serio.”
“…”
“Come sono andata, mamma?”
“Non credo fosse un buon esempio di small talk, figlia. Però a me è piaciuto. A me è piaciuto.”
Il padre le aveva invece fornito una risposta diversa dall’adattamento: Per lui, vecchio hippy indifferente al tempo che trascorre, tutti sono, di diritto, fatti a modo loro, cosa che esige l’accoglimento di qualsivoglia comportamento, sempre legittimo; da accogliere per quello che è. Non casualmente, il padre vive in una malmessa mansarda, da solo e contornato da gente diversa, essendo la sua casa, – meglio, la sua stanza – un porto di mare.
Atena ama i gialli, in particolare quelli di Agatha Christie che, come l’enigmistica, “prevedono l’applicazione di schemi che infallibilmente conducono a una soluzione, e a una soltanto. (…) La sola idea che possano non esserci risposte, che possa non esserci ordine, che possa non esserci ragione, mi fa mancare il fiato e venire le vertigini.
Quindi: Agatha Christie. Col blocco per gli appunti a fianco.
È così confortante e sensato.”
Atena sta dunque bene in solitudine, impegnata nella costruzione di sciarade, anagrammi, rebus che le vengono alla mente al volo, suggeriti dai propri pensieri o da una conversazione; e vive impegnata nel suo lavoro che le consente di utilizzare le grandi capacità che possiede in campo logico e linguistico, organizzando la propria attività e il proprio tempo con metodica precisione; scandendo i tempi della diverse attività, dai tempi di lavoro ai tempi per altri impegni: nel suo mondo, che non prevede presenze estranee, folla, rumori (per lei) assordanti.
E se la madre (che, a sua volta, conosceva le difficoltà della figlia per averle sperimentate nella propria vita) è stata un appiglio per Atena fornendole indicazioni utili al masking (con tutta la fatica, nonché con i costi, che ciò comporta) il padre ne accettava i bisogni in base alle proprie convinzioni in merito alla libertà e al diritto di ognuno di essere com’è.
Febo pare appartenere al genere del padre: creativo, sempre alle prese con esperienze rischiose, è uno scrittore di successo, noto autore del personaggio di un agente segreto dal nome di copertura di “Il Rapace”. Al momento, Febo è alle prese con esperienze “estreme” per conoscere in prima persona le avventure che vive il suo personaggio: secondo Atena a rischio costante della vita.
A partire da un’iniziativa di Febo che si iscriverà a una scuola di “Magia” (vabbé, di prestigiazione) in cui finirà per coinvolgere la sorella, conosceremo gli altri personaggi che daranno vita: a un sospetto omicidio, a un forse omicidio, a un omicidio ma non proprio, reincontrando pure, (praticamente un cammeo ma con una funzione fondamentale,) un personaggio secondario della serie Vani Sarca. Dopotutto, le storie di Alice Basso si svolgono sempre a Torino che, a modo suo, come ogni grande città, è una piccola città.
E Atena, mentre avventure seguono avventure, formula al volo anagrammi, sciarade, e quant’altro. Tipo:
Il prestigiatore amatoriale.
Mio fratello che s’è iscritto
a un corso di xxxxx
yy racconta che sviluppa destrezza e fantasia.
Ma io che preferisco la
logica e la scienza
xxxxyxy supererò la mia
grande diffidenza.*
Dopodiché, da qui in poi, dovrete leggere il libro. Niente spoiler.
E se le storie che Alice Basso ci narra sono piacevoli da leggere, a renderle speciali, destinate a divenire dei classici del genere, sono gli inserti che collocano i suoi personaggi nel tempo, nella storia della narrativa di intrattenimento; ma anche della narrativa tout court.
C’è un valore sacrale nella parola e, per qualche motivo, la specie umana ha prescritto persino alla divinità di formulare le sue leggi in forma “scritta”; di più, esattamente in forma di racconto; e il Gesù dei cristiani ha ritenuto di dover formulare le sue leggi attraverso “parabole”, racconti semplici di vita semplice, di fatti “normali”.
Oh, sono stati scritti bene: non può essere un caso, vero?
La vita di ognuno di noi necessita di grandi testi, di grandi storie, così come necessita di semplici racconti. E pure i grandi capolavori, tutto ciò che è rimasto nei secoli e nei millenni, sono composti attraverso una scrittura di buona qualità, ma alla portata di ognuno che sappia leggere e di ognuno che sappia ascoltare chi legge: vale a dire proprio di tutti. Facendone godere la buona qualità di scrittura.
Siamone certi: anche Joyce, anche Virginia Woolf, e Umberto Eco si sono riposati dentro un buon romanzo di intrattenimento – mentre, sicuramente, non lo hanno fatto avendo tra le mani un libro mal scritto come, purtroppo, ne vengono prodotti a iosa.
Ancora solo un pensiero personale: i personaggi di questo romanzo (come è stato per la serie di Vani Sarca) hanno in media trent’anni e più; ma sono, a ben vedere, un po’ dei “ragazzi”, la cui vita adulta è là, pronta perché vi entrino ma non ancora del tutto raggiunta: qualcosa li colloca ancora, sia pure in fase di uscita, nell’adolescenza.
Le cose, a trent’anni, oggi stanno così; ce lo dicono gli stessi interessati.
Non è stato così per la serie di Anita ma, per l’appunto, al suo tempo, a vent’anni la protagonista era da considerarsi una donna adulta, in procinto di sposarsi e assumere lo status e i ruoli adulti correlati. Che ha assunto, eccome!
Che dire, se non di chiedere ai nostri giovani di svincolarsi dall’accettare tutto questo. So che, a venti – venticinque anni, sono pienamente adulti; che oltre i trenta dovrebbero aver già tolto il mondo, che è loro, dalle mani della vecchia generazione.
Forza, miei cari: altrimenti rischiate che vecchi sopravvissuti vi mandino in guerra.
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- Il romanzo ha, alla fine, la soluzione delle molte sciarade e giochi consimili.
- Qualcosa sull’autrice: Alice Basso (Qui)

