Dino Buzzati, POEMA A FUMETTI, a cura di Lorenzo Viganò, Mondadori 2024. Prima edizione 1969
Il mito – la favola? – di Orfeo ed Euridice. Sempre emozionante, in ogni forma, nei diversi linguaggi che nel tempo lo hanno narrato.
Avevo accennato a questo capolavoro di Dino Buzzati anni fa in un Parliamone – e mi sono ritrovata, allora, a chiedere anch’io, come il Diavolo Custode chiede al suo personaggio, Orfi, in cambio del permesso di raggiungere la sua sposa Eura nel mondo dei morti e riportarla con sé tra i vivi, di poter ascoltare le sue canzoni, di ascoltare le storie dei viventi.
“I cari misteri ti chiedo soltanto di raccontare / I posti le ore i palpiti segreti / la paura il temuto tonfo i batticuori / nell’anticamera del celebre, / il promettente fruscio / del vento lungo il vecchio / cimitero.” (qui)
Avendo lasciato, al tempo, come per me irrealizzabile, la possibilità di scrivere qualcosa di questo capolavoro – e lo penso tuttora – cercherò, (quasi un obbligo) di restituire qualcosa dell’emozione che, sempre diversa, quest’opera mi regala; per placare il ritorno e ritorno di immagini che, non per la prima volta, non mi lasciano; il turbamento di immagini e versi in prosa che risuonano nella mente, nelle viscere, a dar voce alla vita, alla carne e ai desideri, ai rimpianti e alla bellezza, alla forza del dolore.
Mi chiedo se ciò mi accada sempre al giungere dell’autunno, all’approssimarsi dell’inverno. E chissà se, in un tentativo di condivisione di una lettura, sguardo, visione, potrò conservare immagini e parole di questa favola senza più ossessione, accettandole: nell’autunno che sto, e stiamo, vivendo.
Riconosco – ma com’è possibile? – che è una lettura-sguardo che mi fa del bene; una lettura che, all’approssimarsi dell’inverno, concilia con la vita; e con la morte, necessaria allo svolgersi del tempo, mio e di ognuno.
Che farò, dunque? Riprenderò (mi perdonerete?) da dove avevo lasciato.
Ascoltando le parole del Diavolo Custode che, in forma di vecchia giacca vuota, ascolta il desiderio di Orfi e risponde.
“(…) …anche qui… ricordando ricordano.”
“Rimpianti?
Così è, ragazzo straniero. Rimpianto è la malattia del posto come la malaria in palude. Molto mal vista. Il peggior vizio vietatissimo è guardare nel mondo dei vivi attraverso certi finestrini, clandestinamente, per assaporare i paradisi perduti.
Dico: ma qui che cosa vi manca?
Quasi niente. Da qualche tempo hanno messo perfino la tv a colori, però manca il più importante: la libertà di morire.”
Il mito ha, nelle sue origini, varianti, sul destino di Orfeo nel tempo che seguirà il fallimento (dovuto) del proprio tentativo di riportare con sé, alla vita, Euridice, la sua amata sposa, morta per il morso di un serpente.
Nel mito, perduta Euridice sulla via del ritorno – con lei! – dall’Ade, Orfeo la perderà lungo il percorso, quasi al suo termine; e, disperato, sarà infine ucciso dalle Menadi. Potrà così ritornare nell’Ade; e riunirsi a lei.
Ma questo, nel mito, è un “finale” di cui non sono certa: non necessario.
Buzzati percorre una diversa narrazione; e la leggenda, il mito, sarà usato per tanti altri racconti; e per un solo, diverso racconto: che ci parlerà del dolore dei viventi, nelle sue tante forme; del piacere; della loro blasfema e profonda consustanzialità, in cui si incarna tutto ciò che è umano; tutto ciò che ha nella morte il proprio destino e il proprio felice, doloroso e veritiero senso perché, senza di essa, non potrebbe esistere vita.
Ci parlerà di là dove, non potendo più morire, neppure Dio avrà un senso. Né una necessità. Né alcuno potrà vivere una gioia, con il necessario dolore, a lei avvinto; né potrà vivere un amore, che solo nella carne vive e, vivendo, si consuma. Là dove un tempo fermo, e nessun desiderio da realizzare, implorano
“Oh la perduta angoscia, gli incubi, l’angustia, i dolori sociali perduti
tutti sani, qui, uguali, appagati.
Cara infelicità!”
Ed ecco che Orfi il musicista – la cui voce e le cui canzoni incantano anche il regno dei morti; lui che, nel mondo dei viventi, suona e canta al Polypus, il suo locale; Orfi che ha tradito, facendo fortuna, una famiglia “più nobile che ricca”, divenendo una celebrità in un mondo che rompe con la tradizione – otterrà di poter passare la soglia proibita in cambio delle sue canzoni che restituiranno, al custode e a tutti gli abitanti del mondo dei morti, il ricordo e il rimpianto.
La storia è nota; la storia è rivisitata, e reinterpretata, in quattro capitoli-quadri.
IL SEGRETO DI VIA SATERNA
Ci troveremo in una Milano onirica. In una via dove c’è una villa, forse abbandonata forse no, dove avvengono cose, e si vocifera di un ricco signore, misantropo e dissoluto.
“Si racconta che in certe notti escano dalla villa grida disperate, la fantasia dei vicini fa il resto”
SPIEGAZIONE DELL’AL DI LA’
Il diavolo custode parla, e racconta.
“E finalmente la storia di Dio che qui non avete più, a voi, ahimè, è superfluo”
“Il dio della prima comunione”
“Il dio dell’inferno e dei diavoli”
LE CANZONI DI ORFI
E saranno storie di vite, di desideri, di attese, disperazione e felicità.
“Ve lo ricordate amici?
Supremo bene.
Non allegro mai.
Perché sarebbe zero
se mancasse nel fondo quel pensiero
che un giorno tutto finirà.
Sì, pure nel vizio più tortuoso,
per la propagazione della specie
la natura urgeva, ricordando
il comune destino.
La carne è il paradiso
solo perché ciascuno lasci
un altro dietro a sé,
e così al termine
della divina congiunzione
l’uomo si vedeva intorno
la palude sterminata nel crepuscolo
sotto la pioggia, e non anima viva
se non due lebbrosi laggiù in fondo.
E suonavano le maledette campane”
E storie, ancora, ancora e ancora, finché le forze di Orfi cedono e il Diavolo Custode accetta che lo spettacolo si chiuda.
Orfi potrà risalire al mondo dei vivi, con Eura, rispettando tuttavia un patto.
EURA RITROVATA
Orfi, il grande musicista, riavrà Eura, la sua sposa perduta, al patto di non voltarsi mai indietro nel percorso di uscita, con lei che lo seguirà, dal mondo dei morti.
Eura comprende l’impossibilità di osservare quel patto. Gli chiede di rimanere abbracciata a lui, in quella briciola di tempo che resta loro; di poterle far sentire ancora una volta il calore del suo corpo vivente.
Lui insiste, la rivuole con sé, le chiede di seguirlo, hanno poco tempo e tuttavia, in prossimità dell’uscita dal mondo dei morti, non resisterà al bisogno di assicurarsi che lei sia con lui, e si volgerà indietro.
Così facendo, la perderà.
La storia dell’amore sfortunato che lega Orfi e Eura; la storia della discesa agli inferi di Orfi per riprendersi Eura; il fallimento e la disperazione di Orfi; tutto sarà, nella conclusione, una risposta che assolverà Orfi dal suo errore, aprendogli la possibilità di accettare che ora lei dorma, con gli altri, sotto la terra, fuori del tempo che a lui rimane; A Orfi rimarrà di accettare quel riposo, e il dolore della vita con le sue gioie che lo nutrono.
E’ stato un sogno. Tutto. E pur tuttavia, qualcosa resta. Indecifrato. Un interrogativo.
Mentre: “In quel preciso momento sulle creste della Gran Fermeda turbinava la tormenta con le sue solite anime in pena”, e
gli ultimi re delle favole si incamminavano all’esilio;
e sul deserto del Kalahari le turrite
nubi dell’eternità passavano lentamente.
Resta la domanda. Perché mai dovrebbe aver soluzione.
Che altro dire. Occorrerà immergersi nella lettura, avvinti dalle immagini e dai testi.
L’edizione è arricchita da una postfazione del curatore, Lorenzo Viganò, che narra la storia e il senso che l’autore ha dato a quest’opera; ne narra la critica; ne narra la permanenza nel tempo, e la filiazione che da quest’opera è derivata, con la nascita del graphic novel. Ne narra la necessità, sola giustificazione di una “scrittura” che respira attraverso linguaggi diversi e interconnessi – Dino Buzzati è stato anche, a suo parere forse, soprattutto, un pittore.
Resta un’opera che, al suo apparire, ha suscitato scalpore, e rifiuto; le immagini, al tempo, giudicate oscene.
Resta la vita, con la morte, il loro senso e la loro necessità. E resta un’opera che, unica e prima nel suo genere, permane: dunque un “classico”. Un libro necessario. Che non consente al lettore un ritorno.




