Robert L. Stevenson

Scusatemi se insisto: ancora una volta, è la seconda (qui il precedente),  suggerisco un libro che, da me molto apprezzato, avevo proposto nel settembre del 2014. 

L’autore è Robert Louis Stevenson il cui nome porta, con immediatezza a “L’isola del tesoro” (qui), a “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, in qualche modo relegandolo alla sua produzione maggiormente mainstream, dimenticando la mole di scritti, tra cui i libri di viaggio, poco reperibili in italiano.

Morto all’età di 44 anni, dopo una vita segnata dalla salute precaria e dalla malattia, di lui va forse detto, più che di altri, come abbia avuto una vita intensa, completa, che ha saputo anche tradurre in scrittura, spesso grande, sempre di grande interesse, credo. Il mio dubitativo è riferito unicamente al fatto che, per Stevenson più che per altri, mi dolgo molto della mia non conoscenza della lingua inglese e della conseguente impossibilità di leggerlo in originale, mentre le pubblicazioni italiane delle sue opere, a parte i suoi più noti romanzi, scarseggiano.

Tanto più è pregevole questa bella edizione di “Viaggio con un’asina nel cuore della Francia”, pubblicata dalla Casa Editrice Santi Quaranta Una bella lettura. Una bella edizione (nonché la sola che mi risulti reperibile in commercio di quest’opera).

Buona lettura, dunque (anche del libro se possibile: non avrete a pentirvene).

 

Robert Louis Stevenson, “Viaggio con un’asina nel cuore della Francia”, Editrice Santi Quaranta 2012

a cura di Alessandra Poletto

Traduzione dall’inglese di Paola Della Giustina

 

Parlando dell’acquisto di questo libro, e mentre lo stavo leggendo, lo avevo definito una chicca, e così è stato. In tanti sensi.

Innanzitutto la storia: il libro è la narrazione, in prima persona, di un viaggio che l’autore fa, tenendo un diario che in seguito sarebbe dovuto diventare un libro in cui raccontare, come gli suggerirà una locandiera, saputo del suo proposito di scrivere del viaggio che stava compiendo, “se la gente coltiva o meno la terra in questo o in quell’altro posto, se ci sono foreste, quali sono gli usi e i costumi, quello che vi diciamo, ad esempio, io e il padrone di casa, le meraviglie della natura e via discorrendo”.

I mercanti di stampe proibitePaolo Malaguti, “I mercanti di stampe proibite”, Editrice Santi Quaranta 2013

Siamo negli anni ’60 -’70 del XVIII secolo. L’Europa ha un assetto falsamente stabile, frutto delle parentele che legano tra loro le diverse dinastie regnanti; sono all’ordine del giorno guerre e rapporti conflittuali. Al tempo, finiva la guerra dei sette anni, la pace sempre provvisoria. Meno di due decenni dopo, la Rivoluzione francese e, a seguito, l’avventura napoleonica, spazzeranno via quel mondo, che il Congresso di Vienna, nel 1815, si illuderà solamente di restaurare.

La Serenissima Repubblica di S. Marco si avvia a vivere la fine della sua storia millenaria, senza ancora sospettarlo, all’apice dello splendore; in Spagna regna il Borbone re Carlo III, mentre a Vienna l’impero è guidato dall’imperatrice consorte Maria Teresa, madre di quella Maria Antonietta che, andata sposa infelice a quindici anni al sedicenne delfino di Francia, Luigi, sarebbe morta sulla ghigliottina nel 1792.

Sul Grappa dopo la vittoriaPaolo Malaguti, “Sul Grappa dopo la vittoria”, editore Santi Quaranta 2014 (quinta edizione)

Non so perché ho atteso tanto a leggere questo libro, per il quale ogni momento sarebbe stato quello giusto. In ogni momento vi è, da qualche parte, una guerra, un dopoguerra; e ora la guerra si è avvicinata a noi. Forse questo è dunque il momento giusto, quello in cui qualcuno, oggi, parla come se avesse “voglia di inzupparsi di nuovo gli scarponi nel sangue”. O farli inzuppare agli altri dato che, solitamente, chi propaganda la guerra non è chi poi viene mandato a farla.

Come cavalli che dormono in piediCi sono libri sparsi intorno a me, acquisti recenti e non, che hanno tuttavia aspettato il momento giusto perché qualcos’altro ha attirato la mia attenzione e il mio desiderio ma che hanno mantenuto un loro posto nelle mie attese. Credo sia venuto il loro momento, dopo la prossima recensione del libro di Michaël Uras, “Io e Proust” che avevo preannunciato.

Avevo già accennato a due di questi libri in attesa, nelle letture di dicembre, ma mi ripeto volentieri magari iniziando a darne qualche informazione per chi già non li conosce e potrebbe cominciarne la lettura senza aspettare me, giusto?