Quando ‘i perteganti’ vendeva ‘straloci’

I mercanti di stampe proibitePaolo Malaguti, “I mercanti di stampe proibite”, Editrice Santi Quaranta 2013

Siamo negli anni ’60 -’70 del XVIII secolo. L’Europa ha un assetto falsamente stabile, frutto delle parentele che legano tra loro le diverse dinastie regnanti; sono all’ordine del giorno guerre e rapporti conflittuali. Al tempo, finiva la guerra dei sette anni, la pace sempre provvisoria. Meno di due decenni dopo, la Rivoluzione francese e, a seguito, l’avventura napoleonica, spazzeranno via quel mondo, che il Congresso di Vienna, nel 1815, si illuderà solamente di restaurare.

La Serenissima Repubblica di S. Marco si avvia a vivere la fine della sua storia millenaria, senza ancora sospettarlo, all’apice dello splendore; in Spagna regna il Borbone re Carlo III, mentre a Vienna l’impero è guidato dall’imperatrice consorte Maria Teresa, madre di quella Maria Antonietta che, andata sposa infelice a quindici anni al sedicenne delfino di Francia, Luigi, sarebbe morta sulla ghigliottina nel 1792.

Era appena finita, o stava finendo, la guerra dei sette anni. L’Europa non era in pace ma si riteneva stabile e le popolazioni, attente ma indifferenti ai conflitti e agli accordi dinastici, conducevano la propria vita avendo quale riferimento la piccola patria, senza tuttavia perdere d’occhio il mondo.

Interessante, a pensarci. Ci si muoveva molto, all’epoca. Il mondo dei commerci era, anche allora, a suo modo globalizzato; si andava ai ‘tipodi’ per vendere le proprie merci, dall’altra parte del mondo; ci si muoveva consapevoli delle frontiere da superare, delle carte necessarie, delle leggi, della diversità delle lingue, della diversità delle culture e delle usanze nei diversi paesi.

Questo romanzo ha quali protagonisti dei ‘perteganti’, commercianti girovaghi della Valle del Tesino, una valle interna della Valsugana, al confine tra le provincie di Vicenza e Trento, e tra il territorio asburgico e la Repubblica di S. Marco che, muovendosi per lo più a piedi, vale a dire ‘pertegando’, attraversavano l’Europa, per vendere le loro merci. Poi, via mare, raggiungevano le Americhe.

Pertegar”: termine veneto che si usa ancora, sempre meno, non tra i più giovani, per dire dell’andare a piedi con passo sostenuto, ma soprattutto su di un cammino lungo e faticoso, motivato da un compito da svolgere. Si ‘pertega’ aiutandosi nel cammino con il sostegno di un lungo bastone – la ‘pertega’, appunto.

Nel caso dei nostri, in quel tempo si andava per vendere i prodotti delle Stamperie Remondini di Bassano: erano stampe a colori di soggetto sacro, santini, ma anche giochi da tavolo come il gioco dell’oca, soldatini di carta per il gioco dei bambini. E, talvolta, stampe che, attraverso il soggetto sacro, erano costruite in modo da veicolare un messaggio politico, un messaggio morale, un messaggio di resistenza o di lotta nei confronti del regnante di turno o delle leggi, un messaggio satirico: proibitissimi. Un dettaglio, il modo in cui, dentro la raffigurazione di un Giudizio Universale, un regnante era collocato, veicolava discorsi che il potere non gradiva. Se del caso, una stampa impropria poteva costituire una buona motivazione per avviare una contesa. Giochi tra potenti che il pertegante anche comprende: vive viaggiando in tutto ‘il tondo’, fa parte di una categoria professionale che ha una sua forza, è esperto del suo mestiere, ma resta un senza potere, la cui vita può essere giocata dentro interessi che lo superano. Il libro inizia con la domanda che il protagonista esprime su come sia possibile, agli antipodi – ‘i tipodi‘, appunto – che la gente non cammini a testa in giù: si accontenterà della risposta di un vecchio marinaio locale – “Dios lo sabe”.

E tuttavia, le Stamperie Remondini commerciano la loro carta in tutto il mondo; contano, soprattutto, sulla forza e sulle relazioni della Repubblica di S. Marco, nel cui territorio si trova Bassano; le loro stampe, a colori, sono diffuse tra la gente, che ama abbellire la propria casa con qualcosa che, in qualche modo, somigli a un quadro, che solo i ricchi si possono permettere (i nostri poster sono nati allora); i bambini amano i soldatini e il gioco dell’oca, e altri giochi su carta, disegni che raccontano o permettono di inventare storie; si producono stampe di qualità, anche se, per la difficoltà di distribuire i colori sul disegno, le figure si caratterizzavano spesso per avere gli occhi mal posizionati, un po’ strabici, dal che il nome di ‘straloci’ dato a tali stampe.

La storia inizia con Sebastiano Gecele che, andato ai ‘tipodi’ – alla città fortificata di Cartagena, nel vicereame spagnolo di Nuova Granada – si trova intrappolato in un incarico e in un’avventura da cui parte una storia ricca di colpi di scena, una storia avvincente che investirà le vite di Sebastiano, di suo figlio Antonio, e del ‘Grimo’, il pertegante esperto che era stato, al tempo, il ‘paron’ anche di Sebastiano e che porterà con sé Antonio, tredicenne al suo primo viaggio, per insegnargli il lavoro, e per affiancarlo in un incarico di grande difficoltà ricevuto dal Remondini.

Il Grimo non insegnerà solo il mestiere al ragazzo. Al tempo, chi insegnava un mestiere, incaricato di ciò da un genitore, non considerava tale insegnamento qualcosa di avulso dalla vita e dal tirocinio necessario al divenire adulti.

Camminano, Sebastiano prima, poi Antonio, e il Grimo, mentre a casa, ‘a baita’ restano le donne, le giovani spose che vedono partire prima i mariti, poi i figli, che qualche volta non tornano, che qualche volta ritardano, ma che comunque saranno lontani per mesi e mesi, per gran parte dell’anno. E a baita la vita è dura, la valle è avara di risorse, la terra faticosa da lavorare.

Il camminare porta esperienza, e il pertegante incontra il mondo, si muove tra interessi forti; nel romanzo passa la storia; sono gli anni in cui viene sciolta la Compagnia del Gesù, interessi politici pesano sul cedimento al volere del re Carlo III di Spagna cui papa Clemente VII, nel 1773, sarà alla fine costretto. Si tratta di interessi economici enormi, sono in gioco l’incameramento, da parte dei regnanti, dei beni, del patrimonio, della Compagnia e la fine del peso politico che tale ricchezza porta con sé.

Dentro il conflitto tra Stati che vede la Compagnia del Gesù cercar di resistere, finiranno una stampa, dal contenuto particolare, e finiranno i nostri perteganti che incontreranno esperienze difficili, dovranno afforntare grandi pericoli; che terranno sempre a mente la meta, tornare ‘a baita’, dove Sebastiano è atteso dalla moglie, il Grimo dalla solitudine. Per Antonio, il viaggio significherà anche l’incontro con l’amore.

Tutto si intreccia: la storia, grande e piccola; particolarmente interessante quella delle stamperie Remondini, che costituiscono un capitolo non secondario e un pezzo interessante di storia veneta, che vengono mostrati nel rapporto con i potenti e nel rapporto con i perteganti che lavorano per vendere i loro prodotti; classi sociali che si incontrano, i cui interessi si intrecciano; il mondo del commercio; storie di viaggio; paesi e paesaggi; e la storia dei protagonisti, resa viva attraverso il linguaggio, il recupero di antiche parole del Tesino, e il gergo usato dai perteganti per comunicare tra di loro in modo protetto.

Una bella storia d’avventura e un libro, questo lo posso, e lo voglio, preannunciare, che finisce bene (a parte i potenti, forse, poco più in là nel tempo: ma non se ne parla). Mi pare che questo sia il sigillo di Paolo Malaguti. Un sigillo che non costituisce un banale ‘lieto fine’, ma che racconta la capacità di affrontare la vita, nella sua durezza, nelle difficoltà, con il carico di problemi che comporta, sapendola dominare, accogliere e volgere in bene per se stessi e per la propria gente. Non è poco.

Specialmente se il racconto è parlato, perché questo fa l’autore, con una scrittura che è una voce; in una lingua, sia italiano sia veneto, splendida.