“Così va la vita”

mattatoio n 5Kurt Vonnegut, “Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini”, Feltrinelli 2014

Leggere questo libro, rileggerlo è un’emozione che non saprò descrivere. So di non poter restituire la dolcezza, proprio la dolcezza, con cui Vonnegut ripercorre e trasmuta, per potercene parlare, e per poter non tradirli, i suoi ricordi del bombardamento della città di Dresda.

E, non so come possa avvenire, ma è ‘dolcezza’ la parola che descrive l’emozione dell’orrore e dell’affetto, assurdamente uniti, che uno che c’era ci consegna, per tutti noi, per tutte le vittime, e per chi ha avuto la sfortuna di sopravvivere, e per chi ha avuto il destino di essere colpevole, per l’impossibilità, per chiunque, dell’innocenza, e per il fatto che ‘così va la vita’, seguendo il refrain che percorre tutto il libro.

E tutto frammisto a quotidiane assurdità della vita liberate dal velo che oscura ciò che, poiché noto, non sappiamo vedere, nei grandi avvenimenti così come nei piccoli fatti di ogni giorno.

“Mattatoio n. 5” o “La crociata dei bambini”, il vero titolo che l’autore si era impegnato a porre su questo suo lavoro, racconta dunque il bombardamento di Dresda, effettuato dalle forze aeree britanniche e statunitensi nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1945, ma non solo: fa questo attraverso la creazione di un personaggio, un americano dalla vita riuscita, secondo i parametri culturali previsti e dalla vita molto particolare di chi, rapito dagli alieni e riportato sulla terra, conosce e sa utilizzare un diverso punto di vista per guardare le cose che gli e ci accadono. Per questa via, attraverso Billy Pilgrim, l’antieroe di questa storia, potrà essere raccontato ciò che raccontabile non è.

La vita che Vonnegut ci narra non poteva essere la vita di un uomo qualunque, dovendolo tuttavia essere, perché – sembra dirci l’autore – le tragedie vengono abitate dagli uomini qualunque; e Vonnegut risolve il dilemma attraverso lo strumento di una piccola, leggera, commovente parodia di racconto fantascientifico: Billy Pilgrim potrà – avendo imparato la filosofia del pianeta Tralfamadore – abitare contemporaneamente tutte le età della vita, e passare dall’una all’altra, e per questa via renderle accettabili, bombardamento di Dresda compreso: facendone emergere l’inaccettabilità.

Lo farà con la sua voce di pellegrino della vita, che la attraversa rispettandone e accettandone le regole mentre trascorre da un’esperienza ad un’altra, sapendo che “Tra le cose che (…) non poteva cambiare c’erano il passato, il presente e il futuro.”

Billy Pilgrim, dunque “era (ed era stato, e sarà) un bambino dall’aria stramba, che diventò (e diventerà) un ragazzo dall’aria stramba: alto e gracile, e fatto come una bottiglia di Coca Cola. (…) Prestò servizio in fanteria in Europa e venne fatto prigioniero dai tedeschi. (…) e poi ebbe un leggero esaurimento nervoso. (…) Sposò la fidanzata, portò a termine gli studi e, con l’aiuto del suocero si mise in affari nell’ottica a Ilum. (…) Le montature sono quelle che rendono di più.

Il racconto della vita di Billy Pilgrim si snoda, attraverso salti temporali, fino a costruire un quadro coerente, e ‘tralfamadoriano’ della sua vita, dei piccoli eventi e dei grandi eventi, dove ci staranno, tra un’età della vita e l’altra, la prigionia in cui cadrà, in Lussemburgo, nel corso della battaglia delle Ardenne, il trasferimento a piedi e nei vagoni piombati, i patimenti, la fame, il freddo, fino a Dresda, ai lavori forzati e al carcere dentro un vecchio mattatoio in disuso, sotterraneo, che gli salverà la vita; i compagni e le loro storie, così come la vita di famiglia, i figli, l’incidente aereo in cui moriranno tutti tranne lui, dal suocero ai colleghi con cui faceva un viaggio; la morte della moglie che lo amava profondamente: tutto è cadenzato da una serena accettazione (“Così va la vita”) e da uno strano disturbo (ma nessuno ne era a conoscenza) che lo portava a piangere, piangere, senza motivo, e anche questo poteva ben rientrare nell’ottica del “Così va la vita”, e la sua era anche una buona vita, o semplicemente era così.

Si sorride spesso, in questo libro, si prova affetto per i tanti personaggi, per gli schizzi di storie di vita, tragiche, talvolta grottesche, e si avanza con un senso di attesa del punto archimedico, del punto sul quale tutta la storia troverà il suo appoggio, di un arrivo a casa, oltre i banali avvenimenti soggetti all’apparenza del tempo.

Lo si sente arrivare, quel punto, viene accarezzato, e sfiorato, qua e là; quando il momento arriva, tutto è stato detto. Quando il momento arriva, si traveste ancora una volta da altro e Billy Pilgrim scopre, non sapendo di averne, un grosso segreto dento di sé.

Si sta festeggiando l’anniversario di matrimonio e gli amici, “il quartetto vocale degli ottici”, inizia a cantare vecchi canti nostalgici – “Addio per sempre, ragazze e vecchi amici, addio per sempre compagni e innamorate…Dio vi benedica. E così via” e Billy ne viene stravolto. Si sente male.

Ora è un ricordo, quello che affronta. Non più un viaggio nel tempo, un ricordo.

Lui era laggiù nel deposito della carne, la notte che Dresda venne distrutta. Sopra si sentivano come dei passi da gigante: erano grappoli di bombe ad alto potenziale che cadevano. I giganti non la smettevano più di camminare. (…) C’erano gli americani, quattro delle loro guardie, alcune carcasse di animali e nessun altro. (…) Non fu prudente uscire dal rifugio fino a mezzogiorno dell’indomani.”

Lo sguardo del dopo sulla città rivelerà, nel fumo nero e nel calore delle pietre, un paesaggio lunare:

Le guardie si strinsero istintivamente le une alle altre, roteando gli occhi. Passavano da un’espressione all’altra e non dicevano niente, pur aprendo continuamente la bocca. Formavano anche loro una specie di quartetto vocale, ma muto.” “Addio per sempre, ragazze e vecchi amici – avrebbero potuto cantare – addio per sempre compagni e innamorate…Dio vi benedica “.

La storia di Billy Pilgrim prosegue: il tempo, il prima e il dopo, in senso tralfamadoriano, è dopotutto solo un errore di percezione.

Finisce la guerra. Si tirano le fila delle storie. La chiusura, come Vonnegut ci aveva detto all’inizio, sarà la voce di un passero. Puu-tii-uiit?

Era cominciata con le parole: “Billy Pilgrim ha viaggiato nel tempo”.