E ora nuove letture

NativesHo terminato la lettura di: Emmanuel Carrère, “Il Regno“, Adelphi 2015. E no, questa non è la recensione, non ancora. Per il momento, è una chiacchierata dato che, nell’ultima, non ho scritto dei libri in corso o in attesa di lettura (stavo finendo di leggere Carrère).

Era da un po’ che, in libreria, questo libro mi veniva tra le mani, per poi venir lasciato. Mi veniva tra le mani, penso, in quanto edizione Adelphi – la mia libreria ne contiene una più che buona serie, sono libri di cui mai acquisterei l’e-book, nemmeno nella forma ‘prima leggo poi, se il libro mi sarà piaciuto, acquisterò il cartaceo’. Sempre a proposito di editoria, ci sono case editrici alle quali si è affezionati, per la qualità delle proposte, perché il catalogo ci corrisponde, per la forma, la copertina, la carta, la stampa: è ancora così, e spero continui ad esserlo.

Tanto per dire, un’altra edizione che acquisto molto e mai vorrei acquistare in e-book è la piccola Sellerio, quei bei libriccini blu, quella carta, quelle copertine (anche quella comodità, data dalla dimensione, comodi da portarsi a letto la sera, un piccolo piacere) e, ancora, il catalogo.

Dicevo, a proposito di “Il Regno“, che non c’è ancora una recensione perché si tratta di un libro particolare, che ho letto con uno strano ritmo – senza sosta, in alcune lunghe parti, con un lieve sentore di noia in altre parti di breve respiro; in altre ancora dovendo ritornare sulla lettura appena compiuta, o a parti precedenti del libro, per riprendere poi un ritmo di lettura senza sosta; e perché si tratta di un libro che, pur presentando, sicuramente, una sua unitarietà, parla di molti argomenti, ne sfiora, di passaggio, molti altri e, almeno per l’effetto che ha fatto a me, richiederebbe che, magari non nel corso di una prima lettura, uno si prendesse un non banale impegno di verifica delle fonti da cui l‘autore trae i fatti che narra. Cosa che non ho fatto veramente, sarebbe ridicolo (non ne ho la competenza) ma così, per quanto alla mia portata, travolta dalla curiosità, un po’ sì, era inevitabile. Poi, il libro dovrà essere riletto.

E non è neppure ben chiaro (forse non è importante) di che tipo di libro si tratti. E’ un libro-ricerca, e insieme è una narrazione, laica, sulla nascita del cristianesimo, a partire, circa, dal 50 d.C., quando è in corso la predicazione di Paolo di Tarso, per concludersi, mah, per quanto riguarda i fatti e i destini dei protagonisti, intorno agli anni immediatamente seguenti la distruzione di Gerusalemme e del Tempio (70 d.C.), con espansioni che informano sul periodo successivo, sul tempo di scrittura dei quattro Vangeli canonici.

Ma il libro non è solo questo. E’ anche un romanzo con una importante connotazione autobiografica. Ed è un libro che esplora altri campi, diversi, che immette sulla scena, spaziando nel tempo e riportando al confronto con la modernità, avvenimenti, testi, autori.

E’, infine, un libro la cui lettura è davvero molto piacevole, il che fa cadere, forse, qualche aspetto di sospensione del giudizio; ma forse no, forse porta a parteggiare, non so. Un libro anomalo. Su cui ho voglia di riflettere e poi, sì, scriverne.

Ora, ho sul tavolo altro – e sorge il problema: ritornare su Carrère, subito – ma gli appunti sono già presi, la riflessione necessaria è ora del tipo  lasciar lavorare la mente laterale, lasciare che il pensiero del libro si sedimenti – o prendere in mano qualcosa che attende? E da dove partire? Cosa ho voglia di leggere stasera?

Non David Grossman. Ho in attesa una sua opera – “Il libro della grammatica interiore”, Mondadori 2008 – che aspetta da un po’, temo inutilmente. È un autore che non ho mai letto. Ogni volta che in libreria prendo in mano un suo libro, ne leggo le prime due pagine e poi lo ripongo. Non so, non mi prende. Ora, ho acquistato questo volume la sera del 14 aprile scorso, quando Grossman ha presentato qui a Treviso il suo ultimo romanzo, “Applausi a scena vuota” (e potrei domandarmi, ma non ho risposta, perché non ho acquistato quel suo nuovo libro e ne ho scelto un altro) pensando che, così, mi sarei decisa ad affrontarne la lettura. Io desidero farlo ma ciò non sta avvenendo e questo è, per ora, un fatto. Nonostante, va detto, la stima che provo per l’autore, cosa che, solitamente, influisce positivamente sulle scelte.

E ora il libro in attesa, che sì, desidero leggere, e che inizierò subito: “Vergine giurata”, di Elvira Dones, Feltrinelli 2015. La prima edizione di questo libro è del 2007. Ora è stato rieditato e mi fa piacere, perché al tempo, forse, non l’avevo notato, forse l’avevo evitato.

C’è poi un altro libro che mi sono portata a casa, un libro per anni visto, trovato interessante e tralasciato. Forse perché affronta un tema di cui conosco poco o nulla e – un po’ mi conosco – so di non poterne/doverne leggere qualcosa una volta e poi basta. E, forse, non di tutto si può leggere.

Il libro èAlce nero parla”, di John G. Neihardt, ancora un Adelphi, 1990.

Con l’occasione, mi sono portata a casa anche un bel volume, trovato in una bancarella, come il precedente, e ormai fuori commercio, “Natives. Canti degli indiani d’America”, Oscar Mondadori 2005, che raccoglie composizioni che noi chiameremmo poesie (ma sono parole che venivano cantate) e bellissime fotografie. Chissà se sarà possibile parlarne, qui.

Per ora, chiudo riportando le parole che Smohalla, capo Sahaptin ha detto “al momento di accettare l’inaccettabile resa all’uomo bianco”:

I giovani del mio popolo non lavoreranno mai. Chi lavora non può sognare, ed è nei sogni che nasce la saggezza.

Mi chiedete di arare la terra. Dovrei prendere un coltello e aprire il petto di mia madre? Se così facessi, alla mia morte non mi accoglierebbe nel suo seno per cullarmi.

Mi chiedete di scavare pietre. Dovrei lacerare la pelle di mia madre per prenderne le ossa? Se così facessi, alla mia morte non potrei rientrare nel suo corpo per rinascere.

Mi chiedete di tagliare l’erba per farne fieno, venderlo e diventare ricco come l’uomo bianco. Ma come potete chiedermi di tagliare i capelli di mia madre?

E’ una legge ingiusta a cui la mia gente non obbedirà. Io voglio che il mio popolo rimanga qui, con me. Tutti i morti ritorneranno in vita, un giorno, e noi dobbiamo attendere quel momento nella casa dei nostri padri, preparandoci a incontrarli in grembo a nostra Madre, la Terra.”