Christa Wolf, «Cassandra», edizioni e/o 1985
Traduzione e Introduzione a cura di Anita Raja
Già torna a scuotermi Eros che/scioglie le membra,/dolceamara, indomabile, oscura/belva
(Saffo)

«Ecco dove accadde. Lei è stata qui. Questi leoni di pietra, ora senza testa, l’hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietre ora, fu l‘ultima cosa che vide. Un nemico da tempo dimenticato e i secoli, sole, pioggia, vento, l’hanno spianata. Immutato il cielo, un blocco d’azzurro intenso, alto, distante. Vicine, oggi come ieri, le mura ciclopiche che orientano il cammino: verso la porta da cui non fiotta più sangue. Nelle tenebre. Nel macello. E sola.»
Da molto tempo desideravo condividere la lettura di un’opera di Christa Wolf e, senza dubbio alcuno, condividere la lettura di «Cassandra» e delle bellissime quattro lezioni-conferenze del volume «Premesse a Cassandra». Pure, non so perché, come, sentivo il tempo non giusto per una rilettura di questi due lavori – chi li conosce sa quanto siano coinvolgenti per il lettore; e no, non vorrei dire per la lettrice, anche se, certo, una lettura femminile e una lettura maschile di «Cassandra» saranno esperienze molto diverse e che sarebbe molto interessante condividere.
La storia di Cassandra, la profetessa cui nessuno crede, è nota e, in quest’opera della Wolf, prende le mosse dalla figura che ne traccia Eschilo in «Agamennone», prima tragedia della trilogia che, con le «Coefore» e le «Eumenidi» , compongono l’«Orestea»
Cassandra, sacerdotessa di Apollo, una dei cinquanta figli di Priamo, re di Troia, e di Ecuba, è la veggente che, amata da Apollo, ricevette dal dio il dono della profezia ma, essendosi rifiutata a lui, fu punita con la condanna a profetare il vero senza venir mai creduta. Così, rimasero inascoltate le sue parole che tracciavano la storia della caduta di Troia.
Condotta, prigioniera, ostaggio del re greco Menelao, alla sua reggia in Micene, Cassandra profetò allo stesso Menelao la morte, in una congiura di palazzo, orchestrata dalla moglie Clitemnestra; e con la sua previde anche la propria morte: e ancora una volta, non fu creduta.
Ora, nell’opera di Eschilo si mostra la fondazione della società patriarcale, la società del maschile che, con le sue leggi, rappresenta il superamento del mondo arcaico, retto da divinità femminili, rappresentate come dominate dalla forza delle emozioni e dall’esercizio della violenza. In Eschilo, la nuova società sarà rappresentata dalle divinità maschili, garanti della norma, con la fondazione della giustizia civile che metterà fine alle faide familiari. Le Erinni vendicatrici si tramuteranno nelle Eumenidi, le Benevole, protettrici della città di Atene, in nome e per conto di Atena, dea che fa parte del nuovo sistema della verticalità piramidale, dell’ordine di Zeus, che sottopone al proprio comando, e con ciò regola, il mondo del divino cui Eschilo fa corrispondere l’organizzazione della società ateniese.
E Christa Wolf, nel dare voce a Cassandra, da lei riceve voce; la sua tessitura narrativa rende udibile un racconto, anche, del tempo e del contesto di vita dell’autrice; la sua vita, la sua militanza e la sua opposizione nella DDR, la difficoltà di camminare sul crinale, tra chiarezza dello sguardo e cecità femminile che guadagna con dolore e fatica la capacità di ‘vedere’; il femminile nella politica e nella vita quotidiana, il confronto-scontro con l’ordine istituzionale – con quello che tutti sanno, che tutti scelgono di non vedere, odiando chi insiste a non volersi adeguare, a non voler colludere, a non voler tacere, non potendo in alcun modo cambiare un destino supinamente accolto.
Wolf prende dunque a tema una figura femminile sapiente e perdente, che in ciò costruisce la propria forza e la propria verità.
L’incipit apre con la voce dell’autrice che, in quel ‘dove accadde’, ‘vede’ e ‘ode’. Da lì in poi, si alzerà il pensiero di Cassandra che, nel viaggio da Troia distrutta a Micene, riflette sul destino proprio e della propria terra.
«Con questo racconto vado nella morte.»
È la voce di Christa Wolf, che si avvia ad un ascolto del pensiero, del racconto di Cassandra; ad un ascolto di sé e del proprio pensiero. È la voce, il pensiero, di Cassandra, che si leva, autonomo, e si affianca al pensiero dell’autrice. Sono le due voci, in unisono? A me piace pensare così. Le odo così.
«Termino qui, (….)»
Cassandra manterrà, ora, la propria voce, in un lungo soliloquio che percorrerà la storia della sua patria, della sua famiglia, la sua propria storia, l’infanzia, l’iniziazione sessuale, il legame con il padre, la volontà di essergli a fianco nella conduzione della città, il suo proprio destino – la volontà – di sapere, di saper vedere; la sua volontà di potere che si dovrà trasformare in opposizione, che la porterà ad accogliere il ruolo di chi deve dire ‘no’.
«Perché volli a tutti i costi il dono della veggenza?»
Sarà la storia di una guerra. Storia di morti, di ferocia disumana. Di ‘ Achille la bestia’ e della sua morte. Delle donne, delle diverse declinazioni della loro lotta per esistere. Di Pentesilea, regina delle Amazzoni che non tollera la vicinanza degli uomini e della sua morte per mano di Achille la bestia; del suo cadavere violato; del suo funerale. Del confronto-scontro, dell’amore che la lega alla sorella Polissena.
L’amore per Enea. I figli. E la scelta di rimanere, di non lasciare Troia quando Enea dovrà andarsene. «Contro un’epoca che ha bisogno di eroi non c’è nulla da fare (…)»
Cassandra è a Micene, di fronte alla Porta dei leoni. Il ricordo e il racconto sono tornati al tempo presente. Sapendo l’impossibilità – sempre – di sfuggire a ciò che è.
«La luce si spense. Si spegne.
Vengono.»
Ho scelto di iniziare la mia rilettura con «Cassandra» per passare, in un secondo tempo, a «Premesse a Cassandra» in quanto questo è l’ordine in cui, al tempo, li ho letti io, e dunque stanno nella mia memoria e nella mia emozione originaria.
Il fatto che ciò corrisponda all’ordine in cui le due opere sono state scritte diviene secondario. Sono state ambedue pubblicate nel 1983, e nel 1984 è uscita, di ambedue, la prima edizione italiana presso le edizioni e/o. Dato editoriale interessante: ho tra le mani la sesta edizione, 1985, di «Cassandra» e la seconda edizione di «Premesse a Cassandra», dello stesso anno 1985. Vale a dire, per il primo, almeno sei edizioni in un anno, per il secondo, almeno due edizioni in un anno.
Le ultime edizioni del romanzo sono datate 2011, edizioni uscite, credo, in occasione della morte di Christa Wolf, e 2012.
Da un punto di vista ‘logico’, per quello che vale, le Premesse dovrebbero precedere il racconto, non fosse altro che per il fatto che costituiscono la scrittura di quattro lezioni di poetica che la Wolf tenne all’università di Francoforte nel 1982. In esse, l’autrice racconta come nacque «Cassandra» (che definisce ‘la quinta lezione’) a partire da un viaggio in Grecia risalente al 1980: ed ecco che, in effetti, la scrittura del racconto viene a collocarsi prima delle sue Premesse. Lo scriverà la stessa Wolf.
Si tratta di due libri che, dopo una prima lettura, ripetuta e ripetuta, non avevo più ripreso: ci sono libri che non si rileggono perché hanno già dato ciò che potevano dare e libri, come questi, che non si rileggono, per decenni, perché se ne conserva dentro di sé, con una forma di gelosia, una lettura vergine, da non disturbare con un’altra età, un altro sé (la persona che sono divenuta). Fino al tempo giusto per una nuova ‘prima lettura’ (la nuova persona che sono divenuta non li aveva mai letti e non è più nelle condizioni di disturbare quell’altra). E non so cessarne la lettura.
Ma ho voglia di scriverne, ora, mentre rileggo. Ancora una volta, ascolto una voce che parla al mio-nostro oggi, di questo tempo in cui viviamo, non so, sarebbe accaduto in ogni altro tempo, ma il tema, ecco, della guerra, della fuga dalla città distrutta, dell’orrore; il tema della legge del maschile che forma mostruosamente il nostro mondo; il tema della fragilità e della forza del femminile; il tema della legge e il tema dell’obbedienza che incontrano la profezia, incontrano la parola detta ‘prima’, detta ‘davanti’, in luogo di un tacere prescritto.
È questo, credo. Un tema che attraversa tre millenni non ha un tempo sbagliato per essere posto ma, parlando ad ogni tempo, ne assume la voce e lo sguardo.
I due libri non possono venir separati. Le Premesse dovranno seguire. Continuerò domani.
*David Monniaux – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=89137