Non c’è nulla da fare: ci sono cose che si costituiscono come rituali magici; tali per cui, se non li si compie, qualcosa si inceppa nel nostro agire quotidiano.
Tra questi vi sono “I propositi-progetti per il Nuovo Anno” che, se tralasciati, provocano una forma di paralisi del pensiero. Ma prima di metterli a punto dovrei riflettere sul tema. Ci provo.
“Questa è una libreria”: avevo scritto, inaugurando questo spazio ormai otto anni fa.
Una libreria virtuale, ovviamente. Che derivava dal mio sogno di gestire quella che definivo “una libreria in perdita”: di un genere magico, che non dovesse fare i conti con la sostenibilità economica dell’attività; che non subisse i vincoli connessi al suo essere un’impresa commerciale.
Ed ecco l’idea, che mi pareva risolutiva: facciamola virtuale.
Quello che ne è uscito è, temo, qualcosa di molto diverso. Chiacchierate su libri letti e amati; chiacchierate tout court intorno al (mio) mondo dei libri. Tentativi di dar forma a un catalogo senza forma – anche se questo ci sta, dopotutto: non per niente deve trattarsi di una libreria “in perdita”.
Mi sorge ora una domanda: Che tipo di attività è, oggi, una libreria? Una libreria indipendente?
Più o meno tutti ne frequentiamo una, o un paio, in particolare, che costituiscono per noi dei luoghi del cuore; talvolta, e sempre più di questi tempi, lottiamo per mantenere viva la fiamma (lei, la libreria, merita tutto il mio amore; lei mi ama, con lei sto bene, soddisfa i miei desideri, non posso vivere senza di lei) e per negare, fino allo spasimo, tutto ciò che potrebbe non confermare il nostro amore. Tipo: difficile trovarvi il libro che cerco, che vorrei. Ma insomma, la libreria offre valide alternative!
Poi, accade: sempre più spesso è lei che ci lascia; e mai in modo consensuale. Ci lascia nel lutto.
E vai con gli alibi: tutta colpa delle case editrici, la qualità dei libri è inversamente proporzionale alla quantità dei premi letterari, non ci sono più i librai di una volta, il mio libraio/la mia libraia di fiducia fa/ha fatto il possibile, è/era un’amica/un amico, sa/sapeva consigliarmi bene ma cosa può/poteva fare contro tutto e tutti? in Italia si legge poco, quasi niente.
Soluzione: Tutta colpa di Amazon. E non c’è altro da dire, se non, a torto o a ragione, deprimersi, stracciarsi le vesti: e usare Amazon a piene mani.
In ogni caso, la relazione lettore-libreria appartiene al modello del matrimonio indissolubile, nella buona e nella cattiva sorte. Non appartiene al nostro tempo: è qualcosa di ottocentesco.
Chissà poi se, a fronte della nostra esterofilia nazionale, nel generale e generico altrove le librerie godano di ottima salute economica non si sa. Perché mai non ne sono per nulla certa?
A pensarci bene tutto ciò è strano; è qualcosa da indagare.
Oggi, la libreria (indipendente, quella del cuore) mantiene ancora, di massima, la stessa struttura del tempo in cui è nata la sua prima antenata – vale a dire circa 3-400 anni fa. Possibile? In un mondo dove tutto è cambiato; dove il cambiamento è la regola?
Nel mezzo, tra la nascita della stampa a caratteri mobili e la più antica libreria ancora esistente (che, dice Santa Wikipedia, dovrebbe essere la Libreria Bertrand di Lisbona, fondata nel 1732), non so bene quale sia stata l’evoluzione stamperia-libreria. Quello che è certo, mi pare, è che la sua nascita e la sua struttura non sono cambiati, nella sostanza e nel tempo, se non per dettagli.
La libreria è e resta un mondo arroccato nella sua specificità: è un’attività commerciale, certo; ma di una categoria altra, speciale; che cerca di ignorare, adattandosi al minimo, a talloni puntati, ciò che è avvenuto e avviene nella società, nel mondo dei lettori e nel mondo del commercio in senso lato. Pare rimanere indifferente alla transizione che ha portato dalla stamperia alla Casa Editrice, a loro volta attrici di cambiamenti, nelle dimensioni, nelle specializzazioni dei Cataloghi; nelle professionalità che hanno visto la luce, che si sono evolute; nel bene, nel male, difficile dirlo.
La libreria, anche piccola, offre oggi, a differenza di un tempo, un’organizzazione self service che permette al lettore di girare tra i libri, palpeggiarli, prenderli e riporli senza dover ricorrere al libraio. Spesso senza neppure salutare. Da sconosciuto a sconosciuti.
È stata la grande rivoluzione degli anni ’70, l’innovazione che ha segnato il successo delle Librerie Feltrinelli; per poi divenire lo standard di ogni libreria, anche piccolissima.[i]
Nell’immaginario, quantomeno, ma anche nella realtà della libreria che, invece può anche essere il grande store dove trascorrere del tempo avendo a disposizione un salottino, il bar, dove non si vendono solo libri ma anche oggetti di contorno vari, lucine da lettura, penne e pupazzetti, T-shirt, borse, gadget diversi; dove possiamo anche fermarci a pranzare. Come richiede la sopravvivenza economica.
Ci avete mai fatto caso? Raramente, nella libreria di questo tipo si socializza con il libraio, che ben difficilmente può regalarsi e regalarci il suo tempo e la sua competenza (come amerebbe, immagino), travolto com’è dalle file alla cassa, dalla sistemazione degli scaffali, dalla relazione con “il pubblico” (ormai minoranza il lettore noto, il frequentatore abituale) cui rispondere in merito alla disponibilità di un libro: interrogando il computer, ovviamente; le dimensioni del grande Store non consentono ad alcun “libraio” di conoscere momento per momento cosa c’è “in casa”.
Torniamo dunque alla domanda: cos’è una libreria?
È un negozio dove si vendono libri, dimensionato per servire un certo territorio e un certo numero di potenziali clienti. Ergo, un’attività commerciale economicamente non sostenibile dal singolo libraio, nei piccoli Comuni (vale a dire nella maggior parte dei Comuni italiani) e nell’indipendenza. Dunque, poco diffusa sul territorio.
Ma c’è un’altra domanda: Cos’è un libro? Lasciando da parte più di una domanda sulla nostra editoria – vogliamo ricordare “Mondazzoli”? Sono trascorsi alcuni anni, era, credo, il 2015-16, ma potrei sbagliami; dovrebbe essere ormai possibile una riflessione su come sono andate-stanno andando le cose. Caso vuole, come segnala Il Libraio.it, che, proprio dal 2017…
…”al gruppo Mondadori manca la vittoria del premio Strega, in cui nel quindicennio precedente, non senza polemiche, aveva dominato o quasi con le sue case editrici. Ed è dallo stesso anno, quando a trionfare al Ninfeo di Villa Giulia fu Paolo Cognetti con Le otto montagne, che Einaudi non porta a casa l’ambito riconoscimento.”[ii]
Strana merce il libro. Una merce che da un lato vive di vita propria mentre, dall’altro, è il risultato di una catena produttiva che viene richiesta di combinare materiali diversi, tecniche complesse, procedure da incubo, indipendenti da ciò che le pagine del libro conterranno; soprattutto indipendenti dal fatto che, dato un fuoco d’artificio del momento, quelle pagine sappiano poi, come necessario, vivere di vita propria.
E il lettore? Occorre chiederselo, perché non è vero che “si legge poco” (in Italia). Viviamo in una società altamente alfabetizzata, checché se ne dica; e il libro non è più il riferimento di una élite di studiosi, e neppure – fin dalla nascita del romanzo e, in generale, di quella che chiamiamo letteratura di intrattenimento – riservato a un ceto sociale comunque minoritario.
Se la nostra libreria ideale è un luogo ottocentesco, c’è da dire che, al tempo, i lettori erano davvero pochi e quel negozio, scarsamente diffuso sul territorio, serviva un’élite, dei cui riti letterari il libraio era il sacerdote.
Il romanzo ha poi catturato, con il crescere dell’alfabetizzazione, una popolazione sempre più ampia, anche se non da subito in forma di libro: sono stati i giornali, le riviste, a pubblicare per il grande pubblico di lettori che stava crescendo, a puntate, romanzi che solo in seguito, in risposta al favore del pubblico, avrebbero preso forma di libro (tra cui quelli che oggi sono considerati grandi classici).
Si legge in Wikiquote:
“Il romanzo non aveva ancora fatto in tempo ad essere pubblicato interamente in rivista che le librerie cominciarono ad essere assediate dalle persone che volevano acquistarne l’edizione in volume. E in un sol giorno, quando Anna Karenina comparve in tale edizione a Pietroburgo, la libreria Wolf ne vendette più di cinquecento copie (sottolineatura mia), fatto assolutamente inaudito. (Sigizmund Feliksovic Librovic) [iii].
E dunque, viene a puntino anche una citazione, da Terry Pratchett, riportata ancora da Wikiquote:
“Una buona libreria non è altro che un buco nero distinto e istruito”.
“Un buco nero”: potremmo ricamare su questa definizione fino alla fine dei tempi; dice molto; anche cose contraddittorie.
Più concretamente (e sir Terry sicuramente sapeva bene come tradurre le più elevate riflessioni in concretezza), definire tale “buco nero” con gli aggettivi “distinto” e “istruito” colloca il tema Libreria nel suo giusto ambito.
Pare dunque difficile che la libreria, oggi, possa essere lo strumento che consente, ad una comunità composta per la maggior parte, e idealmente nella sua totalità, di lettori, di accedere al libro.
Fortunatamente per me, almeno in questo, la mia età mi pone al riparo da un futuro nel quale (come sta avvenendo per il piccolo, o anche grande, negozio di quartiere) anche la libreria perderà la sua centralità rispetto al mondo-libro: non saprei farne senza (anche se, dopo aver inutilmente cercato il libro di mio interesse in libreria finisco per reperirlo con il famigerato clic).
Nel nostro mondo, in questo nostro oggi (il mio sguardo non osa allungarsi nel futuro, per ovvi motivi anagrafici e, soprattutto, perché, per quanto adattiva io possa essere, non posso rinnegare il mio tempo), dovremmo provvederci di Biblioteche, lasciando le librerie, proprio perché possano vivere, alla loro funzione elitaria.
L’ho detto. Non so se lo penso davvero. Ma non credo di sbagliarmi del tutto.
Ovvio: non può essere un tema che si conclude così. È una Premessa: vorrei proseguirlo, se qualcuno dà una mano. Magari a puntate (non consecutive, certo: ho fatto indigestione di gialli, in questo tempo festaiolo e “parentifero”: ne racconterò).
[i] Vedi Romano Montroni, “Libraio per caso”, Marsilio 2010. Anche, volendo, qui, e qui
[ii] https://www.illibraio.it/news/editoria/premio-strega-2022-retroscena-1415265/
[iii] Sigizmund Feliksovič Librovič (1855 – 1918), scrittore, storico e giornalista russo di origini polacche.