Pierre Martin. Chi è?

Autore: Pierre Martin:

Madame le commissaire e l’inglese scomparso, Neri Pozza, Superbeat  2021; 

Cui faranno seguito, volendo e per ora, in traduzione italiana:

Madame le commissaire e la vendetta tardiva, Neri Pozza, Superbeat  2021; 

Madame le commissaire e la morte del capo della polizia, Nei Pozza, Superbeat 2022

Che fare quando, alla ricerca di una lettura da relax, di un giallo, incappi in una storia che ti farà rivivere, meglio dei migliori dépliants turistici, la tua ultima bella vacanza pre-covid?

L’appellativo “Madame le Commissaire” del titolo mi ha incuriosita. E sono incappata così in una storia, la prima, ambientata in Provenza che mi è parsa commissionata da un Tour Operator: uno legge la storia, si interessa, certo, anche alla soluzione del giallo-quiz, ma, diciamolo, a tener l’attenzione del lettore sulla pagina c’è dell’altro. 

C’è il paesino provenzale in cui i fatti si svolgono, ovviamente d’invenzione ma che si fa desiderare come paradigmatico di una certa provincia immaginaria dai ritmi di vita lenti e dai rapporti sociali segnati, più o meno, dalla migliore socialità; c’è il profumo di lavanda; ci sono i piatti della cucina francese. E che dire dello champagne a fiumi, buono per ogni ora?

Ci sono i dintorni – Saint Tropez, l’isola di Porquerolle, Cannes, con il ricordo magico di film e dive d’antan – Brigitte Bardot; Grace Kelly e Cary Grant in “Caccia al ladro”, che quasi quasi, preda di un piacevole amarcord, me lo cerco e lo rivedo.

C’è una Tolone meno magica ma, a guardar bene, interessante, un po’ a rischio di farsi invadere da una romantica malavita marsigliese versione cinematografica.

C’è davvero tutto per farti venir voglia di caricare il camper e partire: malauguratamente, o per fortuna, la stagione dissuade.

A fine corsa, ciò che resta è un acuto desiderio di vivere a Fragolin, di essere ammesse a giocare a pétanque (versione locale delle bocce) infrangendo, sulle orme di Madame, il tabù che vieta alle donne e ai non residenti di partecipare al gioco. Ti vien voglia di girovagare sostando in quel certo locale di Saint Tropez, di acquistare un paio di sandals tropézien Rondini che, oggi, risultano ovvi ma al tempo erano una novità assoluta e ti avrebbero fatta sentire una succedanea di Brigitte Bardot.

Primavera 2019. Un intero mese di vacanza – maggio-inizio giugno trascorso girovagando in camper attraverso la Francia orientale; e chi avrebbe potuto immaginare i tempi che ci attendevano al termine dell’estate? –

Provenza – Costa Azzurra, con giri a caso tra Aix en Provence, Avignone, Arles  seguiti da Saintes Maries de la Mer, Aigues Mortes; un ritorno girovagando attraverso la Costa Azzurra – nessun desiderio di percorrere autostrade, molto meglio godersi il paesaggio tra mare e montagna, per poi sostare alcuni giorni imprevisti a Cagne sur Mer, delizioso paesino tra Nizza e Cannes, causa l’aver incidentato il camper. Un delizioso fine settimana, ottimo cibo e molto altro.

Ed eccomi catturata da pagine che evocano il fascino-dipendenza da antiche letture adolescenziali, dove ci stava, di striscio, pure quel po’ di sesso ti vedo e non ti vedo, niente descrizioni inopportune ma insomma, quel tanto sufficiente per l’immaginazione – e che altro avresti voluto/potuto fare a quell’età, in quegli anni?

Il personaggio principale femminile ha quel tanto di improbabile, genere eroina da fumetto – cosa dovremmo farcene, dopotutto, di troppa verosimiglianza? – che ti regala una donna dura e tosta, una poliziotta che nasconde, accuratamente ma non troppo, trascorsi e qualifiche da supereroina.

Ci verrà proposta dunque una protagonista capace, al bisogno, di guidare un elicottero, maneggiare armi vagamente da guerra; una tipa capace di prodursi in performances perfette nel corpo a corpo, essendo esperta di arti marziali e compagnia varia: il tutto, dopo esser sopravvissuta ad un attentato, ed ancora convalescente e zoppicante; dopo – non si dice ma si lascia immaginare – mesi e mesi di ospedale, ferite, cicatrici sparse ed esiti da stress post traumatico. Come dire: più che fuori forma. E non ventenne.

E invece no, le eroine sono, per definizione, “super” e basta là, anche quando le loro performance manderanno fuori dai gangheri gendarmes e poliziotti, per l’occasione un po’ tonti. È ovviamente richiesta, ma viene facile, una ferrea sospensione dell’incredulità.

Mi torna alla mente il personaggio di Modesty Blaise – le strisce di Peter O’Donnell, con i disegni di Jim Holdaway, e i romanzi; il vecchio film – “Modesty Blaise, la bellissima che uccide”, con Monica Vitti e Terence Stamp.

Modesty Blaise, tuttavia, aveva al proprio fianco il suo Willie Garvin. La nostra Isabelle ha, al proprio fianco,  Apollinaire Eustache. E se Isabelle, a  suo modo, potrebbe venir considerata uno stereotipo e poco più, non sarà così per il suo partner, il confuso e originale Apollinaire che, giustamente, inciampa sui propri piedi, non sa sparare a un bersaglio ma, nel caso, solo a raffica rasando la vegetazione tutta, essendo peraltro dotato di inattese intelligenze multiple e, soprattutto, di grande capacità umana.

La storia.

Isabelle Bonnet, colei che sarà Madame le Commissaire, vive a Parigi, dove lavora, in Polizia, al comando di un’unità speciale antiterrorismo.  In servizio con la sua unità per la protezione del presidente della Repubblica francese, sopravvive miracolosamente a un grave attentato.

Arriva a Fragolin, suo paese natale, che aveva lasciato da bambina dopo la morte in un incidente stradale dei suoi genitori e dove non era mai più tornata.

È in convalescenza, decisa a godersi un periodo sabbatico di lunga durata e a cercare una ricomposizione della propria vita: che avvia vagabondando per il paese, riallacciando buoni rapporti con una sua ritrovata amica d’infanzia che provvede a inserirla nelle relazioni.

Tra queste, la principale sarà con il sindaco del paese, Thierry, uomo di bell’aspetto, colto, intelligente ma, soprattutto, uno che si impegna a insegnarle ciò che rende buona la vita: buon cibo, buon vino, una natura incontaminata, il profumo della lavanda. Con aggiunta di un suggerimento, niente di più, di vita culturale. 

Da Parigi, tuttavia, il suo potente capo, figura di vertice del Ministero degli Interni, che è suo grande amico, crede fermamente che, per una donna come lei, il lavoro sia la miglior cura; e crede che, tempo poco, lei non saprà che farsene di troppa tranquillità.

Ne approfitta per chiederle un favore: c’è stato un omicidio in paese. È stata uccisa, nella villa di un inglese, una donna, cui è stato sfigurato il volto, e priva di documenti. Non identificata, dunque; mentre l’inglese è sparito. È un caso che, probabilmente non verrà mai risolto, che non crea allarme sociale: tempo di mettere a punto un dossier lo si potrà anche chiudere con un nulla di fatto.

Potrebbe occuparsene Isabelle, dato che si trova sul posto? Per l’occasione, e solo pro forma, il potente capo si diverte a proporle di venir degradata a Madame le Commissaire.  Se poi risolvesse il caso, ne seguirebbe la soddisfazione dell’aver mostrato ai “provinciali” come si dovrebbe lavorare. 

Nel frattempo Isabelle sospetta che l’incidente in cui sono morti i suoi genitori, quando suo padre era il giovane sindaco del paese che ostacolava un progetto di cementificazione del territorio o giù di lì, sia stato in realtà un omicidio.

I casi verranno risolti, ovvio. Vivremo anche una situazione di pericolo estremo per Isabelle che ovviamente ne uscirà indenne: altrimenti, come potremmo leggere, al bisogno, una nuova avventura della nostra eroina? Ovviamente sempre a Fragolin, nella veste di Madame le Commissaire.

Tutto segue, dunque: tra piatti gourmet e champagne a fiumi: senza che il lettore, che già sogna di partire, si accorga di quanto è buona la scrittura dell’autore. 

Perché le cose stanno così: quando un libro è squisitamente da diporto, quando dichiara con tutto il suo essere di non aver nulla a che fare con la letteratura, la buona scrittura si rivela proprio non apparendo. 

Si legge, senza inciampi, e sospendere l’incredulità non costa nulla – e, precisiamo, più che per le performance di Madame le Commissaire, innanzitutto dovendo credere che, per davvero, la vita in un piccolo paese sia quel paradiso di vita buona e grandi piaceri – buon cibo, profumo di lavanda nell’aria (almeno in stagione), buon vino e, ma sì, pure buon sesso; dove anche gli omicidi, beh, dopotutto, l’inglese era un inglese, vale a dire uno che con la gente del luogo nulla aveva a che fare.  

“Che c’entra con noi?” si chiede il vecchio George, forte del suo titolo di cittadino più anziano del paese: e giù un pastis.

Se poi la realtà disconfermerà qualche leggenda sulla affidabilità civica dei residenti, una crèpe suzette e una coppa di champagne (che lì è, ovviamente, e fingiamo di crederlo, il vino di casa) cancelleranno il tutto: il sogno della migliore agenzia turistica!

Ci si trova a sviluppare una profonda simpatia, che arriva a mimare una buona amicizia, per i comprimari di queste storie E io, mentre scrivo, continuo a sospendere l’incredulità, a sognare la costa azzurra e, soprattutto, il suo entroterra montagnoso.

Così, dopo aver letto il primo libro (e-book) senza neppure far caso alla scrittura, inciampata in una seconda storia di Madame le Commissaire, mi sono affrettata a bermi anche la terza: e ho apprezzato, davvero!

La domanda riguarderà dunque l’autore. Ed ecco la sorpresa.

Di Pierre Martin, la Casa Editrice Neri Pozza ci dice quanto segue:

“Pierre Martin, pseudonimo di uno scrittore tedesco, ha pubblicato sei romanzi della serie Madame le commissaire. Isabelle Bonnet e il suo assistente Apollinaire sono diventati in Germania dei veri e propri personaggi di culto, degni di figurare accanto alle più celebri coppie di detective del romanzo poliziesco.”

Ho cercato altro, maggiori notizie sull’uomo, e nulla! Verremo a sapere che scrive con questo pseudonimo unicamente (se ho ben capito) le storie ambientate in Provenza ma che scrive anche storie ambientate in Italia: con quale nome? No, nel caso, solo per chiedere.

E no, non mi basta. Sono davvero incuriosita. Posso ignorare senza fatica Elena Ferrante che, dopotutto, usa questo solo pseudonimo (almeno credo) e va bene, lo fanno in tanti per i motivi più vari, ma questo no.

Vorrei tanto identificare questa scrittura…dove? Quantomeno per non farmi strane idee. Dopotutto, anche i grandi romanzieri dell’’800 guadagnavano la pagnotta scrivendo a puntate, pagati un tanto a riga. E i lettori, giustamente, apprezzavano. Fantasie, certo. Di cos’altro si vive?