Agosto è un mese particolare per la lettura; caldo, vacanza; distrazioni. Un mese che può tuttavia essere l’occasione per il grande libro, quello che richiede silenzio e un tempo lungo, e dedicato: oppure, per letture brevi che, nel contempo, richiedano una particolare dedizione. È il tempo giusto per i Racconti che, come la Poesia, uniscono alla dimensione contenuta un dilatarsi del tempo della lettura e del pensiero. Un tempo giusto, per letture insieme brevi e intense.

Talvolta, per questo tempo, c’è bisogno di sicurezza, di affidarsi alla narrazione conosciuta: da riscoprire, da riadattare alla propria emozione del momento. Senza rischi? Per la propria tranquillità?

Terminata la rilettura di quel grande libro che è “La masseria delle allodole”, prima edizione Rizzoli 2004, non ne proporrò una recensione, pur invitando caldamente alla lettura chi non lo conoscesse. Mi limiterò a fornirne poche essenziali informazioni, per un motivo che dirò, pur trattandosi di un libro che, pregevole per scrittura e per la storia narrata, alla sua uscita ha avuto un immediato grande successo, tanto da venir meritatamente tradotto in ventun lingue e sempre rieditato. Ultima edizione 2015. È un libro di grande forza.

Il 19 luglio scorso sono stati sessant’anni dalla morte di Curzio Malaparte.

Mentre leggo “Maledetti toscani”, oscillo – mi piace, mi irrita, mi diverte, mi affascina (dio mio, il linguaggio! Quest’uomo danza con le parole! Non gli manca certo lo scilinguagnolo!). Ora ne sono certa: è un grande, che ha fatto dell’esser antipatico il proprio marchio, a tal punto da risultare, a proprio grande scorno, sommamente attrattivo. Talora avviene che si distragga dal proprio obiettivo, e gli scappa di mano la poesia. Quanto alla scrittura: pare ci sia nato, con parole in bocca e in punta di penna. E tuttavia, cos’è quel qualcosa che…?

Dev’essere il fatto che lui è lui; il fatto che – posso dirlo solo di questo libro in corso di lettura, ma credo sia così – egli sovrasta ciò che scrive, è uno di quelli che non stai a sentire per ciò di cui parlano, per le storie che raccontano; stai a sentire loro, possono raccontare quel che vogliono, fa lo stesso. Per scoprire, solo poi, che ciò di cui parlano è importante.

Michele Rech, nato ad Arezzo il 12 dicembre 1983, nome d’arte Zerocalcare, è un giovane autore il cui grande futuro dovrà attendere per essere raccontato: di lui appaiono già oggi con forza le opere, pur essendo – leggo su di lui – uno di carattere riservato, che pare ami farsi i fatti propri.  Di lui, leggo ancora che conduce uno stile di vita senza alcool, droghe e tabacco e almeno tendenzialmente opta per un’alimentazione vegetariana, o vegana, non so, e cose così. Niente di che, se non un qualche apprezzamento per la prima parte delle sue scelte.

Charlotte Perkins Gillman in una fotografia di Franis Benjamin Johnston (1900 circa). Wikipedia

Un vita e una storia di scrittura interessanti, quelli di Charlotte Perkins Gilman, nei quali il luogo di nascita, le appartenenze familiari allargate, il tempo di vita, sembrano aver collaborato nel costruire una particolare figura di studiosa, di scrittrice, di attivista.

Charlotte Perkins Gillman è nata il 3 luglio 1860 ad Hartford, città capitale del Connecticut, figlia di Mary e Frederick Beecher Perkins. [i]

Hartford, in quegli anni, era la città statunitense in cui maggiormente era attivo il movimento abolizionista; e la famiglia paterna di Charlotte era molto nota in quell’ambito. Il nonno paterno, reverendo Lyman Beecher, era uno dei maggiori sostenitori dell’abolizione della schiavitù.

luther-blissett-immagine“Tra le figure dell’affresco, io rimango nello sfondo”
(Luther Blissett, Q, Einaudi 1999)

Se l’autore è “nessuno”: “Che fare?”, dove gli echi del titolo possono essere evocativi, ognuno scelga come vuole.

Si parte da un nome: Luther Blissett: ignorando il calciatore, deludente cannoniere del Milan dei tempi andati, resta un nome, a rappresentare un collettivo di cui ci si può, oggi, legittimamente chiedere: c’è veramente stato?

La risposta è: certo, sì. Lo documenta, non fosse altro, un libro quale “Q”. Lo documentano una serie di “azioni” che, al tempo – tra il 1994 e il 1999 – hanno portato alla ribalta della cronaca un nome, e nulla più, quale autore di burle molto particolari, potremmo chiamarle “azioni politiche”, a carattere di beffe feroci, aventi quale obiettivo il sistema dei media. Peraltro, andate perfettamente a segno. Un percorso che, oggi, nella realtà dei social, e dei mutamenti che questi hanno portato nella relazione delle persone con la stampa quotidiana e periodica, assume un nuovo interesse; apre altre domande.

Tullio De Mauro non scriverà più per noi.

tullio-de-mauroCon Umberto Eco erano amici. Non è trascorso neppure un anno; e, come è avvenuto per Eco, la notizia coglie impreparati e lascia una grande amarezza, non vorrei dire dolore, come fosse venuta a mancare una persona cara, no, conosco troppo bene il lutto personale, privato, per dire una cosa simile. Ma davvero di dolore si tratta. Di fatica ad accettare. Di rifiuto.

mai-devi-domandarmiNel cassetto delle riletture completate c’è ora «Mai devi domandarmi» di Natalia Ginzburg, e c’è il mio desiderio di proporlo, perché è davvero una lettura densa di tante cose; ma mi rassegnerò ad accennarne in poche righe, per resistere alla tentazione di rimanere troppo a lungo, cocciutamente, su Natalia Ginzburg, sulla sua scrittura e sulla sua storia.

In chiusura di questo libro l’autrice scrive una nota, è il novembre 1970, per dirci come lo ha “costruito”, raggruppando scritti diversi (articoli apparsi su “La Stampa” di Torino nei due anni precedenti; un racconto, alcuni inediti). E conclude dicendo: “Non mi è mai riuscito di tenere un diario; questi scritti sono forse qualcosa come un diario, nel senso che vi ho annotato via via quello che mi capitava di ricordare e pensare; perciò l’ordine cronologico è forse il più giusto.

Di un’autrice, di un autore ciò che di lei, di lui, interessa sta unicamente in ciò che ha scritto: è così e così dev’essere. Ci sono tuttavia autori, artisti, il cui tempo di vita, e la cui storia, gettano luce la-strada-che-va-in-cittasull’opera anche se questa non richiede, per reggersi, altro che se stessa.

Natalia Levi Ginzburg è uno di questi casi, e lo è in modo peculiare: la sua storia di vita, la storia della sua giovinezza, illuminano la sua opera soprattutto per la grande, anomala alterità esistente tra la sua vita e la sua scrittura. Perché esistono tempi, ed esistono vite, da cui non si può prescindere; e in particolare per una donna, in un certo momento storico, è difficile dare vita, anche, e soprattutto, e comunque, ai propri figli e ai propri libri, prescindendone. In modo determinato. Sicuro. Dolcemente cocciuto. Seguendo la propria strada qualsiasi cosa avvenga.

un-amore-buzzatiDino Buzzati Traverso, 1906 – 1972. Di lui si sa che è bellunese, essendo nato nella villa di S. Pellegrino di Belluno, che dal 1881 è proprietà della famiglia Buzzati Traverso, nella cui chiesetta è sepolto, come ha desiderato, essendo S. Pellegrino il luogo cui sentiva di appartenere, pur avendo sempre vissuto a Milano.

Il padre, Giulio Cesare, originario di una antica famiglia bellunese, insegnava Diritto Internazionale all’Università di Pavia; era un insigne giurista, che ebbe parte in importanti consessi di diritto internazionale.

Ingeborg Bachmann
Ingeborg Bachmann

Parlare delle opere di Ingeborg Bachmann è arduo se non si è messa a fuoco una storia, un contesto di vita di questa grande scrittrice.

Ma come – mi dico da sola – non basta la sua scrittura a giustificarla?

E mi rispondo, devo rispondermi, che la sua scrittura si giustifica da sé, qualunque sia stata la sua vita, eppure: qualcuno potrebbe immaginare Virginia Woolf senza il Gruppo di Bloomsbury? La vita, per alcune autrici, è un <luogo> della loro arte – ecco, credo valga, in modo particolare, se non solo, per le donne. Dovrei pensarci meglio, ma mi pare sia davvero così. È qualcosa che ha che fare con la loro posizione nella società, con il loro essere ingabbiate in ruoli e status assegnati, per i quali la donna e l’artista, nella stessa persona, richiedono una forma di rottura con il contesto di vita. Qualcosa del genere.