Giorni particolari. Non mi rimane che renderne conto e farne un argomento di possibile confronto.

Non era mai accaduto che, senza programmarlo, o quantomeno, annunciarlo, io interrompessi per tanti giorni la mia scrittura in questo spazio. È accaduto e sta accadendo: che si mescolino, invadendo il tempo e i modi della mia lettura, e della scrittura, temi e impegni personali – tipo bellissimi: fare la nonna! – con un abitare il mondo al peggio di sempre che frantuma lettura e scrittura.

Impossibile tuttavia non pensare che il peggio c‘è sempre stato; ai diversi livelli: della nostra povera irredimibile Italia, della nostra infingarda Europa, del mondo intero e lasciamo perdere gli aggettivi. Il peggio è una costante e, tema logico irresolubile, mostra sé ogni giorno di più.

Michele Rech, nato ad Arezzo il 12 dicembre 1983, nome d’arte Zerocalcare, è un giovane autore il cui grande futuro dovrà attendere per essere raccontato: di lui appaiono già oggi con forza le opere, pur essendo – leggo su di lui – uno di carattere riservato, che pare ami farsi i fatti propri.  Di lui, leggo ancora che conduce uno stile di vita senza alcool, droghe e tabacco e almeno tendenzialmente opta per un’alimentazione vegetariana, o vegana, non so, e cose così. Niente di che, se non un qualche apprezzamento per la prima parte delle sue scelte.

Zerocalcare, “Kobane Calling. Facce, parole e scarabocchi da Rebibbia al confine turco siriano.”, bao publishing 2016

 

Però contate che questo libro magari finisce in mano a gente che di solito non mi legge e che è cascata nella trappola dell’argomento impegnato.”

Vero, proprio vero.  Parliamone, dunque.

Avviene che, qualche volta, io la legga, sig. Zero – il Calcare lo lascio perdere, mi ricorda tanto che faccio ANCHE la casalinga, cosa che, AL MIO STESSO LIVELLO INTELLETTUALE – E PROVI UN PO’ A FARCI SU UNA VIGNETTA – un maschio della specie manco sa cosa sia una lavatrice e problemi connessi: LUI PUÒ. QualcunA agisce per lui e provvede a calzini sporchi e connessi. E non mi dica che, scrivendo quella frase, non pensava a mani femminili, mani in età, di mamme siorette, dedite al gruppo di lettura e nel frattempo a dire al figlio di mettersi la maglietta là, dentro i cinquanta gradi del confine turco siriano.

Terry Pratchett, “L’arte della magia”, Salani editore 2016

Raffaele Simone, “La mente al punto Dialogo sul tempo e il pensiero”, Laterza 2002

Zerocalcare, “Kobane calling”, BAO publishing 2016

Estate. Tempo di vacanza o, quantomeno, tempo in cui è bene e salutare sentirsi in vacanza: un particolare modo di comportarsi “come se”. Al bisogno, l‘ho sempre trovato molto utile.

Ci sono i giorni in cui ci si trova a godere, senza averlo programmato, di letture multiple, e molto diverse tra loro. Avviene, quando il nostro tempo è segnato da impegni frazionati nella giornata, ad ognuno dei quali corrisponde, potendo godere di un qualche momento di sosta, una diversa lettura che ci accompagni.

Dino Buzzati
Dino Buzzati

Mi trovo reduce, dopo la rilettura di Calvino, da una lettura veloce, che ora dovrò ripetere, di un curioso fantasy italiano di Roberto Recchioni: «YA. La battaglia di Campocarne», Mondadori 2015. L’autore è un noto fumettista, disegnatore, sceneggiatore, autore di Graphic Novel, se non mi sbaglio al suo primo romanzo; e dunque al suo primo approccio ad una scrittura che, facendo tesoro, nel suo caso,  dei canoni della graphic novel, si sostiene tuttavia unicamente sul testo.

Il romanzo appartiene a un genere che si colloca quale trait d’union tra la narrativa tradizionale e quella che Umberto Eco ha chiamato narrazione verbo-visiva (definendo narratore verbo-visivo Hugo Pratt) e che Marcello Jori fa risalire, come genere, al «Poema a fumetti» di Dino Buzzati, il big Bang del romanzo verbo-visivo” la cui “scrittura disegnata richiede un nuovo lettore vedente[i].