Di Grace Paley oggi si conosce, credo, poco. Eppure è un’autrice la cui vita, proprio per la sua normalità e per le tante cose che stanno dentro una vita normale, ha aspetti interessanti, aspetti che negli anni ‘8o l’hanno resa – scrive Fernanda Pivano nel 1988, nel capitolo che le dedica nel suo “Viaggio americano” – “nella considerazione di chi era giovane in quegli anni, la più grande narratrice americana del tempo“.
Figlia di ebrei ucraini, i suoi genitori furono mandati in esilio, nel 1904, in quanto oppositori dello zar Nicola II. Liberati in seguito ad un’amnistia, emigrarono in America dove il padre poté studiare e divenne medico e dove lei nacque, nel 1922. I genitori furono il modello del suo profondo senso della cittadinanza, insieme all’ambiente sociale del Lower East Side, quartiere di Manhattan che, al tempo, si caratterizzava per essere un ghetto di immigrazione ebrea e di rifugiati dell’Est, ma anche di altre provenienze, costituendo un mix di lingue, culture, una comunità di grande ricchezza. A questo, al multilinguismo che ha caratterizzato la sua infanzia, è sicuramente da riferire la sua tematica e lo stretto rapporto di questa con la sua vita; e il suo linguaggio, di grande ricchezza, il suo humour irripetibile.
“Amavo le strade, le amo tuttora. Giocavamo continuamente nelle strade e gli adulti stavano continuamente nelle strade, e mangiavamo panini nelle strade, e qualcuno ci gettava una mela dal quarto piano per non farci salire a prenderla. Ricordo tutto questo con molto affetto. Le strade mi piacciono. Non sono mai contraria a sedermi all’aperto con gli amici.”
Non ha avuto molto tempo per la scrittura, che pure è stata per lei un’identità, la sua voce, la sua etica, il suo cosa ci faccio io al mondo, avendo posto, in quell’<io>, il suo essere donna, figlia, moglie, madre, nonna, amica, vicina di casa; un io che è stato tutt’uno con gli altri e con il bisogno di dar loro voce.
Ha scritto solo tre raccolte di racconti:
– ”Piccoli contrattempi del vivere” (1959), pubblicato da Giunti nel 1986;
– “Enormi cambiamenti all’ultimo momento” (1974), pubblicato da La Tartaruga nel 1982;
– “Più tardi nel pomeriggio” (1985), pubblicato da La Tartaruga nel 1985.
Una sua ultima opera, “Fedeltà”, una raccolta di poesie, composta negli ultimi anni di vita, è stata editata dopo la sua morte avvenuta nel 2007, all’età di 85 anni. Edizione italiana Minimum Fax 2011.
I suoi temi: I piccoli, ma non secondo l’autrice, problemi del vivere quotidiano; le difficoltà della gente povera, storie di famiglie di immigrati, la vita e il fare comunità della strada, le donne del quartiere con i loro bambini, i vecchi, nelle case di riposo. I racconti mancano, quasi sempre, di una vera e propria trama, sono momenti del vivere che, tuttavia, riescono a rappresentare e raccontare tutto il senso di una vita, assegnando ai protagonisti identità e valore. Tant’è che, nel tempo, i suoi personaggi ritornano, sono proprio quelle persone lì, per le quali, come per l’autrice, e il personaggio che la rappresenta, avanza un’altra età.
Nel tempo, i temi prendono respiro; e Grace Paley, da donna che si interessa, partecipa, alla vita del quartiere, che condivide con le altre donne, con le altre mamme, i problemi del quotidiano, mostra tutta la sua immersione nella realtà, che viene prima della sua scrittura e ne costituisce la fonte, e si trasforma nell’attivista che lotta per il disarmo nucleare, che lotta contro la guerra nel Vietnam, che sostiene la causa del femminismo.
Passeranno quindici anni tra la prima e la seconda raccolta. Certo, Grace era impegnata a crescere i suoi due figli, a far parte della vita del quartiere, a condividere, a lottare. E mai smetterà.
“Ancora nel gennaio del ’86, durante il Congresso del PEN Club a New York, questa attivista irriducibile si aggirava nei saloni del Convegno in tuta e scarpe da ginnastica svolgendo un’azione di energica protesta contro l’intervento del Segretario di Stato George Shultz, che era venuto a inaugurare il Convegno dietro invito del Presidente dell’Associazione Norman Mailer. La Paley interruppe più volte il discorso di Shultz e quello di Mailer senza interventi della polizia e ottenendo risposte rispettose da Mailer, che in seguito alle proteste dell’inerme scrittrice dovette fare delle dichiarazioni ai giornali per spiegare le ragioni dell’invito a Shultz. In quella stessa occasione Mailer dovette difendersi dalla protesta organizzata da lei con un gruppo di femministe basata sul fatto che le donne non erano abbastanza rappresentate tra le relatrici al Congresso” (Fernanda Pivano, in “Viaggio americano”)
Scriverà ancora Fernanda Pivano, nella sua prefazione ai racconti di “Più tardi nel pomeriggio”:
“Ai tempi della guerra in Vietnam è stata un’agitatrice pubblica, come membro della War Resisters League fece parte degli organizzatori della renitenza alla leva, nel ’68 andò a fare una visita di controllo ai disertori americani a Stoccolma e a Parigi, nel ’69 fu membro di una missione per la pace a Hanoi, dopo la fine di quella guerra ha protestato per il trattamento economico degli Stati Uniti in Vietnam, nel 1974 prese parte al Congresso Mondiale per la Pace a Mosca, nel 1985 visitò il Nicaragua e El Salvador dopo aver fatto una campagna contro la politica del governo. (…) Nel dicembre del ’78 fu arrestata per aver steso la bandiera antinucleare sul prato della Casa Bianca e condannata a 180 giorni di carcere con la condizionale. E’ tuttora segretaria del Peace Center del Greenwich Village e continua a fare il volantinaggio di letteratura di protesta agli angoli delle strade del Village).
Il suo ultimo libro, “Fedeltà”, è una raccolta di poesie, un lavoro composto tra il 2000 e il 2007, di cui lei non ha veduto la pubblicazione avvenuta nel 2008, a un anno dalla sua morte. L’edizione italiana, di Minimum Fax 2011, è prefata da Paolo Cognetti che, tra le varie cose, in apertura ricorda di lei che – furente per la politica americana del dopo 11 settembre, lei che, contro la guerra, aveva lottato tutta la vita – invitata a tenere un discorso ad una festa del Ringraziamento, lo aprì con queste parole:
“Chiunque abbia raggiunto / gli ottant’anni rende grazie / all’Unico di turno e poi /immediatamente, comincia a protestare”