Non so cosa leggere. Sono preda di desideri sparsi. Tutto perché, dopo Natalia Ginzburg, la tendenza andava verso l’abbuffata, passarli tutti: Calvino, Pavese, Morante, Moravia no, mai apprezzato, ma c’è Brancati; c’è Parise, c’è Cassola. E vai, una bella lista.
Ho scelto di distogliermene. Rischia che non me li gusto, non si fa così. Il vino buono va centellinato.
Così, dovendo recedere dal desiderio, e nonostante la lista di libri in attesa e in corso di lettura, mi trovo a dover fronteggiare la ricerca di un libro dei desideri da portarmi a letto la sera e di uno da divano per il giorno. La ricerca causa un attacco di furia riordinatrice degli scaffali. Che, come sempre, si realizzerà solo in parte, provocando la caduta in una nuova frustrazione.
Chiedo consulenza – esperienze, riflessioni, vedete voi se sarà il caso. Mi piacerebbe davvero sapere come fanno gli altri. Non è certo un problema solo mio.
Per esempio: il problema non sta tanto nel valutare quanti libri di tale categoria entreranno in quanti scaffali, quanto il decidere quali siano le categorie di libri che aumenteranno a una certa velocità e quali no – ad esempio, i libri di poesia, nel tempo, come ogni tipo di libro, aumentano, ma lo fanno lentamente, mentre la narrativa e la saggistica aumentano a velocità maggiore; e dunque richiedono che lo spazio assegnato sia suscettibile di incremento. Non è utile stipare lo scaffale, non basta che i libri ci stiano, ora, perché la fine è nota: la maledetta doppia fila.
Io li voglio vedere, i miei libri, non voglio cercare <quel> libro, voglio scorrerli con lo sguardo quando giro per casa, a notte tarda, recitando la litania sul non aver nulla da leggere e sperando che, con lo sguardo, un libro mi dica eccomi qua: funzionerebbe, se non ci fossero le doppie file, e il dover tirar giù libri a pacchi per sbirciare.
Tenendo in sospeso il problema, si scelgono i criteri di organizzazione: per categoria (poesia, narrativa, saggistica (per aree), filosofia, noir, fantasy…), e a ogni riordino si cambia qualcosa. All’interno di ogni categoria, gli autori saranno collocati in ordine alfabetico: così, quando si cerca e quando si ripone un libro, il suo posto sarà certo. Caso particolare, la narrativa, che, ovviamente, fa la parte del leone e, per quella, il semplice ordine alfabetico non basta.
In questo caso io organizzo sulla base (non ridete) di: Autori morti – Autori vivi. Confesso, io denomino “cimitero” gli scaffali-corridoio che contengono i primi.
Il problema è sempre lo spazio necessario all’incremento dei libri di quel/quella tale; per le opere dei defunti (vogliamo chiamarli “classici”, per rispetto, anche se non lo sono?) il problema non è grave; se pur non possiedo tutte le opere di un autore/autrice, l’incremento non sarà significativo. In assenza di nuove opere posso assegnare loro uno spazio certo. Posso, quasi, stipare gli scaffali. Ma posso dire che, mentre per i morti-morti, per gli scrittori che non appartengono al mio tempo di vita, va bene così, ma per certuni – un esempio per tutti: Foster Wallace – mi si stringe il cuore nel pensare che non uscirà mai più un suo nuovo libro? Sono sempre incerta se non sia il caso di toglierlo dal “Cimitero”. Dopotutto non ci dovrebbe stare. Anche questo potrebbe essere un criterio.
Per i viventi-viventi, si pone il vero problema. Sarebbe necessario far uscire libri dalla casa e non solo farli entrare e mi piacerebbe sapere chi ci riesce, con quale criterio. Io non ci riesco. Anche su questo, tuttavia, prima o poi dovrò trovare il modo.
Poi, fatta questa prima grande distinzione, sempre per la narrativa suddivido per generi e per area linguistica (tipo: americani e inglesi insieme; spagnoli, portoghesi e sudamericani insieme; russi solitari; tedeschi e austriaci insieme; ecc., più, ovviamente, il gruppo misto, come al Parlamento, e gli eventuali isolati): all’interno di ogni area ci sarà il dovuto ordine alfabetico.
Quanto sono belli i sogni! Dove tutto sembra funzionare!
Poi ci sono le eccezioni. Ad esempio, indipendentemente dall’autore, gli Adelphi, da me, stanno tutti insieme, così pure i piccoli Sellerio e qualche altra strana collezione, rilegature particolari. Dovrebbe valere lo stesso per altre case editrici, tipo Einaudi, ma non avviene. Credo sia perché, in effetti, i Cataloghi Adelphi, ma anche Sellerio, presentano una loro coerenza interna; oltre, naturalmente, banale ma reale, per un fatto, diciamo, estetico: mi piacciono le loro copertine, stanno bene tutti insieme, dopotutto si tratta di casa mia e non della civica biblioteca. E io conosco i libri che possiedo. Mi serve sapere <dove> sono, non <se> ci sono.
La logica della collezione vale anche per gli storici Urania anni ’60-70, che ho sposato con mio marito e amo tanto (tuttavia, per leggerli, se posso, recupero una copia in e-book; sono fragili, non vanno ulteriormente rovinati). Idem per la vecchia serie degli Oscar Mondadori più o meno maciullati dall’uso – ma sono, queste ultime due, appunto, serie concluse, di scarso utilizzo e dunque possono anche stare dentro spazi chiusi, invisibili, e in doppia fila, purché in ordine alfabetico. Ci sono, tra questi, molti introvabili, alcuni anche comprensibilmente, mentre per altri è triste, andrebbero rieditati.
Lentamente il riordino prosegue. Ed ecco che, in corso d’opera, qualche libro viene tolto dagli scaffali invece di esservi riposto, e si crea una piccola pila di desideri emergenti, che va ad affiancare i libri fuori posto e i libri già in predicato di lettura.
Imponendomi di limitare ai primi in classifica l’esito, che ne dite di questa piccola lista, qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo? Dopotutto, una libreria, per quanto virtuale, dovrebbe avere una vetrina. Ho anche cercato di costruirla, disponendo dei box sulla pagina ma non sembra che Word press lo permetta oppure io non ci sono riuscita. Studierò la cosa.
Per ora, non mi resta che stilare
“La lista”
Antonino Infranca, «I filosofi e le donne», manifestolibri 2010. Sottotitolo: «Abelardo e Eloisa, Lukács e Seidler, Heidegger e Arendt, Sartre e De Beauvoir». Letto al tempo, un po’ velocemente e con non sufficiente attenzione. Ricordo un libro molto interessante. Da rileggere con cura. E magari, prima o poi, raccontare.
Giorgio Manacorda, «La Poesia», Castelvecchi 2016. Un acquisto recente. Un poeta e un autore molto interessante. Un libro <sulla> poesia, e sulle domande che pone la sua lettura. Che cos’è, è necessaria? In che modo? Domande su cui riflettere, pagina dopo pagina, nei momenti giusti. In corso di lettura. E anche di questo libro mi piacerebbe poter raccontare.
Lilli Gruber, «Prigionieri dell’Islam», Rizzoli 2016. Ne avevo già accennato; sta da molto sul mio tavolo. È stato lasciato dopo cinquanta pagine, dopo un inizio di lettura che trovavo interessante. Non so perché sia uscito dalla mia attenzione. Una lettura da riprendere.
Vita Sackville-West, «Passaggio a Teheran». Dall’Inghilterra del circolo di Bloomsbury agli altipiani persiani, Il Saggiatore 2003. Un libro che desideravo leggere; prestito di un’amica. Sono certa che me lo godrò. Nel frattempo, lo devo ordinare, credo si trovi. Vedremo
Giacomo Mazzariol, «Mio fratello rincorre i dinosauri. Storia mia e di Giovanni che ha un cromosoma in più.», Einaudi 2016. Altro prestito, con parere molto positivo e invito a leggerlo. Sono anche molto interessata al tema.
Mark Haddon, «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte», Einaudi 2003. Letto anni fa, e molto apprezzato; me ne riproponevo da tempo la rilettura, ora iniziata. Confermo: un libro molto interessante, e davvero bello. Una storia – un noir, in effetti – con protagonista-detective un ragazzo di quindici anni portatore di Sindrome di Asperger. Scritto in prima persona. Spero di raccontarne presto.
J.R.R. Tolkien, «Il cacciatore di draghi», Bompiani 2015. Mai farsi mancare una favola, nella vita.
Buona lettura a tutti