J.R.R. Tolkien, “Saggio sulla fiaba”: In “Albero e foglia”, Rusconi 1976
Traduzione di Francesco Saba Sardi
Contiene:
Sulle fiabe
“Foglia” di Niggle
Fabbro di Wootton Major
Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorthelm
J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli anelli. Parte I. La compagnia dell’anello”, Bompiani 2019
Prefazione di J.R.R. Tolkien. Traduzione di Ottavio Fatica
Lettura senza sosta di un libro a lungo atteso: la nuova traduzione, di Ottavio Fatica, del capolavoro di Tolkien: per ora, della sua Prima Parte.
Ora – dopo una lettura segnata dall’ingordigia e, sicuramente, dalla difficoltà che sorge “tradendo” un vecchio amore (inevitabili, dovuti e “colpevoli” i confronti!) provo a restituire alcune impressioni, da lettrice.
Lawrence Ferlinghetti, “Scoppi urla risate”, Edizioni Sur 2019
Traduzione di Damiano Abeni
Con una Nota dell’editore, Marco Cassini
Un poeta: lo si legge per dare una forma al tempo che stiamo vivendo.
La poesia è concretezza di una nostra ora, di un luogo, ma anche dell’ovunque cui la nostra ora e il nostro luogo partecipano. Da incarnare.
Non si legge un poeta a caso.
Pare che le mie letture non vogliano abbandonare il loro disordine; che tuttavia lascia intravedere, qua e là, qualche sprazzo di luce. Sto, mi pare, passeggiando nel bosco; e nel folto degli alberi, dove sentieri solo intravisti si intersecano, un sottobosco di desideri discordanti, curiosità passeggere, umori altalenanti, impedisce l’orientamento.
Non è un brutto stare, conoscendo che – accade sempre – il fitto si diraderà, suggerendo una vicina uscita alla luce; quando riapparirà un sentiero per il paese di Proprio Là, dove, senza saperlo, eravamo diretti.
È in corso la nuova traduzione italiana, affidata a Ottavio Fatica, di “Il Signore degli anelli”. La notizia è stata data anche dalla stampa quotidiana – “Robinson” di “Repubblica” del 29 aprile scorso ha riproposto una parte dell’intervista rilasciata a Loredana Lipperini dal noto traduttore e pubblicata integralmente sul sito dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani (qui)
Non so cosa leggere. Sono preda di desideri sparsi. Tutto perché, dopo Natalia Ginzburg, la tendenza andava verso l’abbuffata, passarli tutti: Calvino, Pavese, Morante, Moravia no, mai apprezzato, ma c’è Brancati; c’è Parise, c’è Cassola. E vai, una bella lista.
Ho scelto di distogliermene. Rischia che non me li gusto, non si fa così. Il vino buono va centellinato.
Capita che io mi chieda, che tutti ci si chieda, credo, particolarmente in certi periodi, quale linea – di pensiero? di bisogno? di interesse? – lega tra loro i libri che scegliamo, che leggiamo, l’uno via l’altro; cosa li collega, necessariamente, in modo che l’uno chiami l’altro. E se talvolta, spesso, il legame è evidente, talaltra, di primo acchito, non lo è affatto.
Mi trovo a riguardare le mie letture dell’ultimo periodo. Ho riletto, e proposto qui, Italo Calvino, «Se un notte d’inverno un viaggiatore», e nel frattempo, per la sera, mi ero riletta le sue «Fiabe Italiane»: sempre bellissime! E durante il giorno prendevo riponevo riprendevo un suo libro via l’altro. Ma nel frattempo qualcosa diceva no, non ancora, più in là.