L’anno che verrà

È sicuramente necessario chiudere quest’anno. Non, per la verità, allo scopo di aprire la porta di casa al nuovo anno con grande entusiasmo. Io – non so voi – non provo un grande desiderio di brindare all’anno che verrà. Non sono preda di grandi (e per la verità neppure piccole) aspettative. C’è molto da temere nell’aria del mondo. E di casa nostra.

Qualcosa come il covare seri timori può, tuttavia, produrre l’effetto (controintuitivo, per non dire paradossale) di accendere una piccola fiammella di speranza. Mi ci aggrappo, mentre trovo in me il bisogno di individuare, riconoscere, LEGGERE, un SEGNO, per me, di chiusura di quest’anno; un piccolo segno capace di aprire una piccola speranza per i giorni a venire; qualcosa che, per aprire la porta ad un futuro degno, mi suggerisca una qualità compiuta dell’anno ormai trascorso.

Come dire: Ecco, si è trattato di questo. Una linea di traguardo – una linea di partenza.

Il Segno mi si presenta, con una qualche ilarità e una qualche serietà, ma con tutta evidenza (piccola, solo per me? e perché non condividerla?) nell’ultimo libro letto giusto ieri – la tipica scelta che si compie a notte fonda, quando occorre qualcosa di leggero, qualcosa di breve, qualcosa di conosciuto, e dunque di interrompibile, per una lettura – intermezzo che faciliti il sonno.

La scelta è caduta su “Nudi e crudi” di Alan Bennett. Perché no, mi sono detta, inconsapevole, direi, in quel momento, di segni di qualsivoglia natura. Si trattava unicamente di reperire pagine concilia sonno, per un buon addormentamento senza pensieri.

La rilettura di un libro che conosco era ciò che serviva.  Un romanzo breve – lungo racconto, a suo tempo piaciuto e da tempo accantonato. Una storia nota che tuttavia, con il trascorere del tempo che conduce alla caduta anche gli dei, qualcuno non avrà ancora letto. Ed è un piccolo libro che vale una lettura; e persino una rilettura.

Il titolo ha sicuramente fatto la sua parte nella mia scelta, per quanto inconsapevole, in questa fine d’anno.  Devo ammettere tuttavia che non ne ricordavo la conclusione. Il ricordo mi riportava unicamente al tema iniziale, a una qualche ilarità, a un riso con sfumature di ironia carica di una leggera piacevole cattiveria (che fa sempre bene senza far male a nessuno)   ma anche a qualcosa di risolto, in un misto di positività e denti allappati – non una risata, proprio no, neppure un tranquillo sorriso; qualcosa di simile a un ghigno misto a una sensazione di disagio e sollievo. Paradossale e positivo.

Trovarsi, rimanere “nudi e crudi”: il modo di dire italiano scelto per tradurre l’originale “The Clothes They Stood Up In” (“I vestiti che indossano”?) è stato, in questo caso, particolarmente efficace. A posteriori di una rilettura che, se pur breve, ho compiuto tutta d’un fiato, e a dispetto dei miei propositi e della stanchezza, è un titolo che ci sta, ci sta tutto, nell’attesa dell’anno che verrà.

Mi ci ritrovo. Il 2019 sarà un anno da affrontare nudi e crudi con l’aggiunta di una paradossale nota di speranza che ci deve pur stare; nel caso, diciamo, non per tutti; almeno per alcuni. Niente è mai per tutti: dico bene? Basterebbe che, almeno per qualcuno, possibilmente per molti, si aprisse un qualche orizzonte. Pure se, pare – dal libro, dico, solo dal libro – che l’apertura di un nuovo orizzonte per l’uno comporti quale contropartita la chiusura di un orizzonte per l’altro. Va a sapere. Forse le cose stanno veramente così.

La storia. I personaggi:

Alan Bennett

Mr. e Mrs. Ransome sono una coppia della piccola borghesia londinese. Senza figli, Mr. Ransome è un appassionato di Mozart, vive di Mozart, che lo tiene occupato per tutto il tempo libero e da trascorrere in famiglia; un tempo che, se avesse dovuto venir impiegato, anche solo in parte, nella relazione con la moglie, avrebbe causato il fallimento del loro matrimonio.

Mrs. Ransome di norma taceva. Non c’era motivo per avviare una qualsivoglia conversazione con il marito. C’era pure la scelta delle parole da tenere in considerazione. Mr. Ransome riprendeva regolarmente il modo di esprimersi della moglie; era avvocato, e riteneva che le parole avessero la loro importanza”.

Un adeguato impianto stereo, le cuffie, e ogni problema di convivenza era risolto.

Mr. Ransome ci sguazzava, in Mozart, ci si tuffava; dal piccolo viennese si lasciava ripulire dalle sozzure che aveva dovuto sopportare tutto il giorno al lavoro. Quella sera erano stati ai bagni pubblici, cioè al Covent Garden (…).”

La storia si apre al ritorno a casa della coppia, per l’appunto, dal Covent Garden, dove hanno assistito al “Così fan tutte” di Mozart.

“Casa Ransome era stata svaligiata. «Rapinata» disse Mrs. Ransome.  «Svaligiata» la corresse il marito. Le rapine si fanno in banca. Una casa si svaligia.”

In questo caso, tuttavia, “svaligiata” non era, neppur esso, il termine adatto. Dall’appartamento, infatti – i Ransome abitavano in un palazzo condominiale, dove non conoscevano e non frequentavano nessuno – non erano stati asportati, come d’uso, gli oggetti di valore, bensì tutto, proprio tutto, compresa la moquette, i rotoli di carta igienica del bagno e, con lo sformato che si trovava in cottura nel forno, il forno stesso, con tutti i mobili della casa di cui rimanevano le nude pareti.

“Nudi e crudi”, per l’appunto. Naturalmente assicurati.

In ciò che segue appariranno, di contorno, pochi altri personaggi, giusto una funzione, qua e là, di spalla ai due protagonisti – dopotutto c’era un mondo là, al di fuori delle nude pareti tra le quali si muove la vicenda. Vedremo passare il poliziotto, che ride all’idea che possano venir individuati i colpevoli e recuperato il maltolto; Dusty, l’assistente sociale, per il sostegno psicologico alle vittime, che aveva suggerito a Mrs. Ransome, senza crederci, di “considerare la perdita dei loro averi come una specie di liberazione” mentre, a riprova del fatto che non lo credeva possibile, “la gente, aveva concluso, può fare a meno di tante cose; il problema è che non riesce a non andare a comprarle”.

Nella casa vuota manca tutto: ma, in effetti, tutto cosa? Occorre confrontarsi con ciò che serve e con ciò che non serve e con ciò che nelle case si accumula inutilmente.

La vita deve riprendere e mentre Mr. Ransome si occupa dell’aspetto assicurativo, Mrs. Ransome dovrà occuparsi di acquistare il minimo necessario ad una anomala quotidianità, in attesa che l’assicurazione intervenga a rimborsare la perdita. Per farlo, dovrà uscire dalla casa e dai percorsi consueti.

Si aprirà, per Mrs. Ransome, una visione del tutto nuova sul mondo di fuori, composto dal bar dove la banconiera la chiama Ciccia e le serve una per lei improbabile colazione; dal negoziante straniero, dove si possono acquistare le più varie cose utili e persino intrecciare delle sia pur lievi relazioni.

C’è, permane, e dovrà venir risolta, l’assurdità di quel furto totale, che pare uno scherzo ma non lo può essere. Un furto persino tecnicamente incomprensibile. Che dovrà pur trovare una spiegazione.

Tutto molto essenziale. Accenni, che una forma di scarno umorismo renderà impossibili da non cogliere. Strano, poi, come la nudità della casa esporrà alla nudità i bisogni, le emozioni, i piccoli segreti di Mr. e Mrs. Ransome.

Dicevo di aver dimenticato, mentre mi accingevo alla rilettura, la soluzione al busillis; la spiegazione che l’autore avrebbe offerto, per lo stranissimo furto. Avevo soprattutto dimenticato (Grave! Possibile?) l’evoluzione che il trovarsi, il reincontrarsi, privati della sovrastruttura di una vita in comune, porterà nella vita della coppia.

Lieto fine? Un punto di vista. Si tratta sempre di punti di vista. Anche sì, perché no.

Potremmo dirlo anche di questo 2018 agli sgoccioli? Perché, nel caso – volendo escludere, da un lato, un salvifico intervento di buoni extraterrestri, e dall’altro la catastrofe – potrebbero esserci delle terze vie che, a denti allappati, qualcuno ridendo di cuore, potremmo trovare, tutto sommato, accettabili.

Buon Anno, dunque. Buona Fine e Buon Principio! E buone letture!